Month: aprile 2014

La libreria degli scaffali che si biforcano

di Antonio “Boka”

Sottotitolo:Confutazione semiseria del “due è meglio di uno” ovvero qualcuno, prima o poi, arriverà da zero ad uno.”

Sotto il sottotitolo: appunto, dove attualmente ci troviamo. C’era bisogno di sottolinearlo? Dipende, da quanto sotto siamo disposti ad andare.

In guisa di introduzione o piuttosto un antefatto tendente alla prefazione (che poi mi sono sempre domandato: “Perché i libri con una introduzione ed una prefazione sono, al netto delle stesse, sempre alquanto sul succinto e pieni di copiose – eufemismo per copiate? – note?”. Ma divago, torno al punto, ehm… all’inizio.

 

“Avrei dovuto immaginare che Popper era inutile, avrei dovuto spendere più tempo su Levi-Strauss!”

 Pomeriggio d’estate, seduti all’ombra di un gelso bianco, mia figlia d’improvviso mi chiede: “Da dove viene la luna?”. Colgo l’occasione al volo, raccatto tutte le palle, palline e palloni nonché fili di ferro e bastoncini vari disponibili, una lampada dall’interno della casa di villeggiatura e costruisco un modello semplificato Terra – Luna – Sole condito di spiegazioni a cui la mia bambina non si sottrae in un misto di condiscendenza e mancanza di vie di fuga alternative. Al termine della dimostrazione, colmo di orgoglio per aver introdotto mia figlia alle meraviglie del metodo scientifico, le chiedo: “Allora? Ti sembra logico?” (precisazione a beneficio dei lettori: l’uso del termine ‘logico’ era parte del lessico familiare; mia figlia non aveva ancora tre anni quando, non ricordo bene perché, si rivolse a me dicendo “non è logico”. Da allora, senza approfondire, ci fu un tacito assenso nel considerarla una frase “primitiva” che spiega, ma non è spiegabile). Mia figlia alzò la testa e disse: “Non hai capito niente! Il sole, quando fa buio, si leva le asticelle e si prepara per la notte. Quella è luna!”. Se non fosse chiaro, mia figlia aveva elevato a concezione scientifica del mondo la sua rappresentazione. Disegnava il sole con i “raggi” (le asticelle) e la luna era un cerchio spoglio.

 

Tempo Corrente, ovverosia come entrare in tema senza passare per la cruna.

Nel frattempo il cammello continua a sedermi di fianco, senza profferire verso (tanto meno cambiarlo), chiara versione personale del cult “Donnie Darko”.

 

Ritorno alla Supremazia del Crudo ed il Cotto

Annoto mentalmente che, appena di ritorno a casa, devo risistemare i libri negli scaffali della libreria. Operazione faticosissima a causa dell’insana logica con cui li ordino. L’obiettivo finale è quello di avere a portata di mano tutti quelli di Antropologia Culturale e relegare alle mensole in alto quelli di Logica e Filosofia della Scienza. L’ordinamento ha un principio certo, ma è estremamente indeterminato nella concatenazione. Il libro numero 1 (quello da cui tutto ebbe inizio) è sempre lo stesso, di seguito quelli comprati per associazione o necessità ai temi esposti nel primo e così via. Alla fine della linea il bivio continua sempre per associazione, ma il principio secondario è: verso l’alto quelli considerati meno utili e letti, verso il basso quelli più “utili”, ma non approfonditi. Si tratta quindi di risistemare il tutto riassegnando giudizi di valore (in qualche caso, baro, per ragioni sentimentali, ad esempio, continuo a sistemare il “Manifesto” nella zona centrale anche se, a dirla tutta, non è che ci abbia speso tanto tempo).

Ci sono poi dei sottoinsiemi di deroghe a questa logica che hanno portato alla creazione di isole tematiche (tutti i racconti di SF, i libri d’arte, i fumetti – con esclusione dei numeri dei ”Fantastici 4” dove appare Silver Surfer e il numero 500 di Topolino che non vi dico dove posiziono, preferisco lasciarlo alla vostra immaginazione – ma bando alle divagazioni).

L’operazione di riordino fu completata ed ebbe conseguenze permanenti sulla mia “rappresentazione del mondo”. Da qui nascono eventi che non importa ricordare, ma i cui effetti sono visibili nella scrittura e nell’inversione della procedura di preparazione delle cotolette. Ma per quest’ultimo effetto abbiamo bisogno di essere insieme nel mondo reale. Capiterà…

 

Tempo Corrente II o dell’“acqua stagnante” (la palude verrà molto dopo ed il cammello rumina senza cambiare verso).

“Scolastici” della Rete attribuiscono il “due è migliore di uno” ad un cammello alle prese, in una disputa teosofica, con un dromedario. Pare che l’argomento finale del dromedario sia stato: ”Ti sfido a provare che due gobbe sono meglio di una, se l’una è quella di Belzebù detto Giulio”. Il povero dromedario non era al corrente della mitica vignetta apparsa sul ‘Male’ in cui si svelava il segreto della protuberanza che in realtà era…………insomma, ricamateci sopra un po’.

A distanza di anni il ricordo della disputa con la figlia mi ricorda costantemente come sia difficile (e rischioso) affrontare dei ragionamenti senza delimitare con chiarezza i limiti del linguaggio e di chi sia l’onere della prova (ivi compresa la discussione senza fine su che cosa sia una prova e quando sia accettabile e dove non sia appropriata o il contrario).

Ragioniamo quasi sempre in termini di questo o quello, vero o falso, ma il principio del terzo escluso (A o non-A) è indipendente dal concetto di bivalenza semantica (vero o falso). Lasciamo entrare in scena il vecchio Aristotele:

Domani ci sarà una battaglia

Domani non ci sarà una battaglia

la verità di queste due proposizioni è indeterminata, ma

Domani ci sarà una battaglia o non ci sarà una battaglia

è sempre vera (oggi e sempre). Ciò nonostante, non c’è possibilità di inferire nessun giudizio di vero/falso sulle due singole proposizioni. (Roberto potrebbe scrivere un post sull’esperimento delle due fenditure e rendere il tutto molto…più chiaro).

Questo è il misero strumento che abbiamo a disposizione e pretendiamo di verificare, confrontare, validare le migliaia di parole che da Renzi al Barbiere della Camera intasano il circuito mediatico?

Personalmente sono costantemente frastornato e mi riesce difficile seguire. Ma, mi ripeto, ormai è chiara la mia “fuga dalla realtà”. Mi rifugio in Van Vogt: “Il mondo del Non-A”. Mi sembra tutto molto più “logico”.

 

PS Il viaggio da zero ad uno è la distanza tra due paletti tra i quali il cammello è seduto, niente di sofisticato. Di fatto continua placidamente a ruminare i datteri di cui non sputa il nocciolo. E di questo gli sono grato.

 

Noi…come Piero

di Luigi*****

Tutto nacque a strappo avvenuto.

Le giornate antecedenti alle politiche del 2013 furono per me laceranti. Maturare la consapevolezza di essere stato defraudato di 25 anni di impegno sociale fu nulla in confronto alla difficoltà ed al dolore di accettarla.

Travolto dalle macerie della fiducia, della stima, della speranza oramai crollate, sentivo forte però la necessità di non arrendermi; un istinto di sopravvivenza, una fame d’aria pulita simile a quella che spinge colui che, risucchiato da un gorgo, risale disperatamente.

Una tra le poche certezze rimaste era la cognizione che ogni cambiamento necessita di partecipazione, l’abbandono, l’astensione non è parte del mio essere, non è freccia del mio arco.

Tra le evidenze del passato/presente e l’imprevisto del futuro non fu difficile la scelta. Eppoi condividevo molto dei pensieri e del programma del Movimento e seppur diffidente su alcune impostazioni e ruoli scelsi di non limitarmi a guardare l’onda seduto sulla spiaggia, ma di imbarcarmi pur senza che alcun De Falco mi dovesse urlare “Salga a Bordo … Cazzo”.

E l’onda fu alta, più alta delle più rosee aspettative, tanto alta da essere difficile da cavalcare specialmente da coloro poco avvezzi ai tempestosi e pericolosi mari della politica.

Fu subito evidente e palese a noi navigatori di nuovo corso che acque cosi pericolose ed infestate da “mostri” umani potessero essere navigate, senza rischio di affondare, solo con l’applicazione delle ferree ed intransigenti leggi del mare e che grande doveva essere il nostro sforzo la nostra fiducia la nostra dedizione, la nostra pazienza, il nostro sacrificio prima di arrivare in mari più sicuri.

Ma il passato non è mai del tutto passato ed una volta avviata la navigazione ecco nascere forte il desiderio, la speranza, il bisogno che altri, che come te hanno condiviso anni impegno e di ideali possano prendere il mare, seppur su navi differenti ma su rotta comune.

E Capitan Civati sembrava proprio volesse partire, il suo blog diventò meta di tanti viaggiatori in cerca di un imbarco. La sua però fu una nave di parole, parole digitali neanche il necessario per una nave di carta. Un capitano di neve sciolto dal primo sole, capace di dichiararsi ma non di schierarsi, capace di pensare ma non di agire, capace di riscrivere il kamasutra e restare vergine, capace di creare degli orfani senza esserne il padre.

Ma gli orfani di Civati sono più concreti del falso padre, sono più tenaci e decisi ad intraprendere quel viaggio che gli è stato negato. E capiscono che dove non può una barca domina la locomotiva.

E quale simbolo migliore “di una locomotiva, come una cosa viva” poteva rappresentare la voglia di riprendere il viaggio?
Viaggiatori diversi, di diversa provenienza, con diversa sensibilità, su mezzi diversi, accomunati (quasi tutti) dalla necessità di un’Italia diversa di cui essere diversamente orgogliosi.

Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso
(Luis Sepúlveda)

E’ la notte del 25 Aprile e vago, come molti, insonne, tra i flutti e la strada ferrata e spesso ho come la sensazione di sentirmi, metaforicamente, come Piero

..e mentre marciavi con l’anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue

E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore

E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbracciata l’artiglieria
non ti ricambia la cortesia

Un’opinione sui sindacati

di Adamo

DA SOLO NON TI SALVI

Nel paese del lavoro diviso e frammentato, un moto d’orgoglio ci vuole. Con la campagna “Giovani non più disposti a tutto”, la Cgil ha voluto finalmente recuperare un ritardo storico e superare la percezione diffusa che il sindacato difenda soprattutto i cosiddetti garantiti (che, poi, ai tempi della crisi, lo sono sempre meno).

Susanna Camusso ha dedicato le prime uscite pubbliche, nell’autunno del 2010, alla questione giovanile, arrivando ad augurarsi una vera e propria “rivolta dei giovani” di fronte a una politica (di governo ma anche di opposizione) “molto distratta”. Il governo e il premier sono contro “i giovani”, e non si tratta dello “scambio di diritti tra chi c’era prima e chi viene dopo”, ma della necessità di intervenire a favore di una generazione smarrita: “se una generazione dice di sé che le è stato tolto tutto e che non ha più niente da perdere, vuol dire che quella generazione è persa”.

E’ interessante perciò leggere con attenzione il documento redatto in vista della manifestazione nazionale della Cgil del 27 novembre 2010 (parola d’ordine: “Il futuro è dei giovani e del lavoro”), che lancia alcuni messaggi molto chiari nei confronti dei giovani lavoratori:

Chi non può contare sulla protezione familiare è esposto al rischio povertà con livelli allarmanti nel Mezzogiorno, dove si concentrano inoccupazione, precarietà, sottoinquadramento, abusi, nero e economia criminale. Si assiste a un ritorno della disoccupazione di massa, all’estendersi della sottoccupazione e di quel grave fenomeno di inattività “totale”, per cui si stima che oltre 2 milioni di giovani italiani non siamo inseriti né in un percorso formativo né nel mercato del lavoro. Gli effetti sul modello di sviluppo sono chiari: si sacrificano le forze più innovative, contribuendo a definire il destino di un paese più iniquo e meno dinamico. Dove, per la prima volta dal dopoguerra, la condizione dei figli rischia di essere peggiore di quella dei padri.

La precarietà non si riduce alla sola dimensione lavorativa e non si esaurisce nel rapporto tra singolo lavoratore e datore di lavoro, ma investe l’intera sfera delle scelte di vita degli individui. Una “precarietà esistenziale” che mina le potenzialità espressive e creative di ciascuno, alterando persino i tempi “biologici”: dalla scelta di formare nuove famiglie e famiglie “nuove”, all’affermazione dell’autonomia e della responsabilità individuale. […] Nell’attuale modello di sviluppo, l’etica del lavoro sembra aver perso ogni significato. La nostra generazione è rimasta intrappolata in un sistema dominato dalla logica della cooptazione, impossibile da combattere individualmente. Istituzioni e organizzazioni collettive non sono riuscite a contrastare efficacemente questi modelli, e spesso hanno finito per assecondarne i meccanismi clientelari e familistici. D’altra parte, essere dipendenti dalla famiglia d’origine in Italia non significa solamente la possibilità o meno di avere una casa o di accedere a quei servizi che un inefficiente e imperfetto sistema di welfare non è in grado di offrire, ma anche che sarà la rete di legami sociali e familiari a consentire di trovare un lavoro, bloccando spesso qualsiasi forma di moblità sociale e anche di creatività e rinnovamento nei più diversi settori economici e anche nelle aree più ricche del paese.

OUTSIDER PER SEMPRE

Per ammorbidire le resistenze sindacali (almeno quelle di Cisl e Uil, oltre che di altri minori), si sono scelte due vie. La prima è stata l’adozione spregiudicata di un modello insider-outsider , giocando sulla condiscendenza dei già occupati (che sono poi la base di riferimento dei sindacati): intaccare il meno possibile lo status quo delle prerogative dei già occupati, introducendo forme di flessibilità estrema (associate a nessuna tutela, economica e sociale) per gli outsider , che, per la quasi totalità, sono giovani. Assolutamente niente è stato previsto per agevolare il superamento della posizione di outsider, arrivando così, dopo dieci anni di questa “cura”, a configurare un mercato del lavoro assolutamente duale (per remunerazione, per tutela, per riconoscibiltà delle qualifiche), nel quale la possibilità di riuscire a passare da un segmento all’altro dipende esclusivamente dalla fortuna del singolo. Si poteva prevedere che all’inevitabile ( per ovvie ragioni demografiche) aumentare di dimensione del segmento outsider, anche la capacità contrattuale degli insider ne sarebbe risultata indebolita; ma neanche da parte sindacale (per non parlare della politica) si é saputo opporre alcuna resistenza a questa tendenza e il risultato è stata la “spallata finale” al sistema vigente di contrattazione nazionale data da Marchionne, con lo strappo di Pomigliano e Mirafiori.

IL BIANCO E IL NERO

E’ importante migliorare e potenziare i controlli sul lavoro nero (che crea disparità e l’occasione al manifestarsi di quella “guerra tra poveri” che in realtà è spesso voluta da chi povero non è), in particolare in agricoltura e nell’edilizia, e un rafforzamento delle norme che riguardano la concorrenza sleale, il caporalato, la truffa, il lavoro nero, e, questo sì, clandestino, con pene più severe per chi ricorre a manodopera straniera. Non servono ronde, insomma, ma ispettori del lavoro.

Tratto da “Giuseppe Civati – Il manifesto del partito dei giovani (2011)”

My own private universe

di Roberto C.A.

Qualche giorno fa ho letto alcune brevi note che raccontano di viaggi in treno. Contemporaneamente al commento di Antonio “Boka” che descrive una grande stazione di volti senza nome che non incontrerai mai piu’. E mi è tornata in mente una delle esperienze più rivelatrici della mia gioventù: la visita di leva, in cui si selezionavano gli abili per farne successivamente degli arruolati.

E’ una delle poche occasioni in cui mi sono trovato assieme ad un campione unbiased, non selezionato, di giovani della mia età e della mia area geografica. E raramente mi sono sentito più estraneo ad un gruppo, anche se contemporaneamente molto vicino. A partire dai discorsi, soprattutto un machismo sguaiato guarnito da bestemmie (o meglio, bestemmie decorate da qualche discorso sguaiato: i bellunesi sono gran bestemmiatori, perdono dai toscani per fantasia linguistica, ma vincono alla grande per intensità). Soprattutto, c’era un’evidente mancanza di strumenti, che rendeva molti ansiosi per situazioni estranee, fosse solo prendere il treno da Treviso (non una gran metropoli) per tornare a casa. Mi sono veramente sentito, per la prima volta, un giovane liceale privilegiato. Per quanto di famiglia nient’affatto benestante, semplicemente piccolo-impiegatizia, anche se per mia fortuna con un sicuro interesse per i libri, l’arte, la musica.

Cosa c’entra questo con i viaggi in treno? Anche in treno ci sono delle regole di selezione che generano contesti abbastanza omogenei e molto differenziati tra loro. Provate a passare dalla seconda alla prima classe di un treno veloce in un giorno feriale, per esempio tra Padova e Milano. In prima classe, gran parte con i laptop aperti, professionisti sempre al lavoro. In seconda un’umanità più varia, turisti, giovani. E nei treni pendolari, in alcuni orari tutti studenti universitari, in altri lavoratori spesso stranieri. Nella visita di leva, aveva agito una regola di selezione molto precisa: tutti i giovani diciottenni maschi di una certa area geografica limitata. Molto ben definita, ma all’interno di questa senza alcuna distorsione. E il risultato è stato straniante.

Il fatto è che spesso ci rendiamo conto di questi contesti selezionati solo quando ne percepiamo la particolarità. Mentre tendiamo ad attribuire una valenza più universale del dovuto al nostro contesto naturale. Un errore che gli statistici seri sanno bene deve essere evitato: se un sondaggio deve avere qualche significatività, bisogna scegliere un campione il più possibile rappresentativo rispetto al complesso (per esempio, degli elettori), e poi bisogna correggere per i “bias” comunque introdotti. Lo sappiamo bene, ma spesso inconsciamente lo trascuriamo quando crediamo che un’affermazione sia ovvia, che “molti” la pensino come noi. Quando invece sono, al meglio, molti della nostra cerchia, del nostro ambiente inevitabilmente selezionato, non volutamente ma implicitamente dal nostro lavoro e dal nostro background. E’ del tutto evidente, lo sappiamo, ma credo che ci cadiamo comunque.

Pensavo a questo in relazione alle solite affermazioni “c’è una prateria da riempire a sinistra, lasciata sguarnita dal PD”. E poi, qualunque partito provi ad occuparla prende percentuali risibili. E’ davvero colpa della pochezza dei leaders, che propongono programmi identitari per distinguersi, e come tali raccolgono consensi solo attorno quelle identità? O magari è una self fulfilling profecy: il timore di essere in pochi fa rimanere in pochi? E’ anche vero che su alcuni temi (per esempio la privatizzazione dell’acqua) si sono formate larghe maggioranze, ma siamo sicuri che ci sia una proposta “di sinistra” che sia in grado di catalizzare lo stesso tipo di consenso? Io non ne ho alcuna evidenza, se non, appunto, all’interno delle mie cerchie. Forse ci sono altri grandi temi anch’essi in grado di raccogliere una massa critica, ma è sufficiente una collezione di temi per fare un progetto? O si vede all’orizzonte un progetto coerente che non sia di “sinistra tradizionale”, ma che sia in grado di coinvolgere il tipo di idealità o di progettualità che alla sinistra tradizionale si riferiscono (si riferivano)? Io qui mi fermo, sono già uscito troppo dalle mie competenze e rischio di affastellare troppe banalità. Qui ci sono persone molto più attrezzate, se vogliono, a rispondere.

L’ultima lettera di Salvatore Petronari

Da Il Fatto Quotidiano, Edoardo Leo legge l’ultima lettera del partigiano Petronari

Carissima Fernanda… questa mattina mi fucileranno… Sii forte e sappi sopportare questo dolore. In questi giorni che sono trascorsi ho sempre pensato a te e alla nostra bambina.

L’ultima lettera del partigiano Salvatore Petronari, condannato a morte dai nazifascisti, inizia così. A leggerla è Edoardo Leo che come Riccardo Scamarcio e altri attori, tra cui Luca Argentero, Claudio Amendola, Filippo Scicchitano si sono impegnati a interpretare le missive degli eroi della guerra di Liberazione prima di morire. “25 aprile Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana” è un film-documentario e al tempo stesso un progetto culturale perché si ricordi che molti oppositori al nazifascismo, per lo più giovanissimi, sono stati condannati a morte tra il 1943 e il 1945. Ogni lettera è interpretata da un attore ed è preceduta dalla biografia del loro autore affidata agli studenti del Liceo Statale Virgilio di Roma. Il documentario, con la regia di Pasquale Pozzessere e la produzione di Bianca film, è stato girato con l’idea di diffonderlo attraverso il circuito scolastico, universitario e sul web.

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Un altro 25 aprile

Argyrios Panagopoulos – il manifesto

25 aprile 1974 – 2014 . Parla la deputata Catarina Martins, coordinatrice del Blocco di Sinistra portoghese: «La Rivoluzione dei Garofani ci ispira per rovesciare la dittatura dei mercati e della troika»

La Rivo­lu­zione dei Garo­fani, quarant’anni dopo il 25 aprile del 1974, con­ti­nua a ispi­rare le nostre lotte per la demo­cra­zia e la libertà, che dob­biamo con­qui­stare cac­ciando via il governo dell’austerità e della dit­ta­tura dei mer­cati impo­sto dai ban­chieri e dalla troika». La depu­tata Cata­rina Mar­tins, coor­di­na­trice del Blocco di Sini­stra por­to­ghese, sot­to­li­nea così l’importanza della pre­senza del pre­si­dente di Syriza, Ale­xis Tsi­pras, domani a Porto, per l’apertura della cam­pa­gna elet­to­rale del Blocco. «Lot­tiamo per la rine­go­zia­zione del debito e l’abolizione del fiscal com­pact con tutti i movi­menti, all’interno di un’ampia lista elet­to­rale per rove­sciare le attuali poli­ti­che e por­tare una spe­ranza». Nell’ultimo son­dag­gio dell’Università Cat­to­lica, svolto per conto delle testate Diá­rio de Notí­cias, Jor­nal de Notí­cias, Rtp (la tele­vi­sione pub­blica por­to­ghese) e Antena 1, pub­bli­cato il 18 aprile, il Blocco di Sini­stra è dato al 7%, il Par­tito Comu­ni­sta Por­to­ghese (Cdu) al 12%, il Par­tido Socia­li­sta al 36%, il par­tito con­ser­va­tore Psd al 30%, l’altro par­tito con­ser­va­tore del governo Cds-Pp al 4%, men­tre l’astensione è arri­vata al 34% e il voto nullo al 7%.

L’anniversario dei 40 anni dalla Rivo­lu­zione dei Garo­fani divide come mai finora il Por­to­gallo demo­cra­tico dalla destra

(…) Le cele­bra­zioni uffi­ciali si svol­ge­ranno in un clima di estrema ten­sione, per­ché i mili­tari che hanno fatto la Rivo­lu­zione vole­vano par­lare in par­la­mento ma la destra si è oppo­sta. Così i mili­tari orga­niz­ze­ranno altri eventi e noi, che festeg­ge­remo com­bi­nando la memo­ria con la cul­tura viva, quella che si è tro­vata al cen­tro degli attac­chi del neo­li­be­ri­smo, par­te­ci­pe­remmo sia agli eventi uffi­ciali che a quelli dei militari.

Di cosa ha paura la destra per non accet­tare in par­la­mento i «Capi­tani d’Aprile»?

Hanno paura che i mili­tari che hanno rove­sciato la dit­ta­tura espri­mano forti cri­ti­che al governo e alla troika. Noi par­le­remo a tutti di demo­cra­zia, libertà e sovra­nità popo­lare, che sono messe in peri­colo dalle poli­ti­che dell’austerità. Par­le­remo in par­la­mento per i mili­tari e fuori dal par­la­mento con i mili­tari. Il Blocco sarà pre­sente nei grandi cor­tei a Lisbona e a Porto, e domani comin­cerà la sua cam­pa­gna elet­to­rale con una grande assem­blea a Porto alla pre­senza del can­di­dato della Sini­stra Euro­pea per la pre­si­denza della Com­mis­sione, Ale­xis Tsipras.

La vostra lista elet­to­rale è molto aperta ai movi­menti, alla società civile, alle donne, agli immigrati…

Per il Blocco il pro­blema è come dare rispo­ste con­crete alle aspet­ta­tive e alle lotte dei lavo­ra­tori e di tutti quelli col­piti dalla crisi: gli inse­gnanti, il set­tore della Sanità, dei ser­vizi, dei tra­sporti. Ma abbiamo dato fidu­cia alle per­sone senza par­tito e agli indi­pen­denti, tanto che metà dei can­di­dati della nostra lista non appar­tiene al nostro par­tito. Nel 2009 anch’io sono stata eletta depu­tata del Blocco come indi­pen­dente e dopo sono diven­tata mem­bro del par­tito. E diamo fidu­cia alle donne, che sono metà dei can­di­dati. Abbiamo una lista estre­ma­mente pari­ta­ria, l’unica con immi­grati e con emi­granti por­to­ghesi spinti all’estero dall’austerità. I nostri can­di­dati pro­ven­gono quasi da tutti i movi­menti che lot­tano, resi­stono e si mobi­li­tano con­tro la crisi e la troika.

Avete por­tato in par­la­mento una pro­po­sta per la rine­go­zia­zione del debito, pro­po­nendo in sostanza la sua can­cel­la­zione, soste­nuta anche da tre ex mini­stri delle Finanze, socia­li­sti e con­ser­va­tori, un ex mini­stro degli Affari Euro­pei, due ex capi delle forze armate, alcuni giu­ri­sti e costituzionalisti…

Il Blocco di Sini­stra ha soste­nuto la neces­sità di ristrut­tu­rare il debito dal primo momento che è ini­ziata la crisi, tre anni fa. Ci accu­sa­vano, come accu­sa­vano Syriza, di essere una spe­cie di ter­ro­ri­sti dei mer­cati. Negli ultimi tempi un socia­li­sta ha pre­sen­tato un mani­fe­sto con 70 firme di eco­no­mi­sti a favore della ristrut­tu­ra­zione del debito. Quando lo abbiano pro­po­sto tre anni fa dice­vano che era impos­si­bile. E il governo ancora sostiene che non ce n’è biso­gno e che non dob­biamo nem­meno discu­terne in pub­blico, come se fosse un cri­mine par­lare di que­sto. Oggi però que­sta riven­di­ca­zione è molto popo­lare e riscuote un grande con­senso nell’opinione pub­blica, tanto che per­fino ex mini­stri delle Finanze con­ser­va­tori la sosten­gono come unica strada pra­ti­ca­bile. Il governo attuale aveva pro­messo di ridurre il debito attra­verso i tagli degli sti­pendi e delle pen­sioni, con le con­tro­ri­forme, la distru­zione della Sanità e dell’Istruzione Pub­blica. Il nostro debito però aumenta con­ti­nua­mente e a nuovi livelli record. E le poli­ti­che gover­na­tive e della troika lo hanno fatto cre­scere di un ulte­riore 25%.

Il governo di Pas­sos Coe­hlo, come gli altri governi di Gre­cia, Spa­gna e Ita­lia, cerca di mostrare otti­mi­smo per la situa­zione eco­no­mica, men­tre pro­pone nuove misure di austerità.

Il governo sostiene che l’economia sta miglio­rando, ma non lo vede nes­suno. I tassi di povertà aumen­tano ad una velo­cità senza pre­ce­denti. Siamo di fronte ad una crisi uma­ni­ta­ria. Pas­sos Coe­hlo dice che non farà ulte­riori tagli. Il Tri­bu­nale Costi­tu­zio­nale aveva deciso che nes­suno dei tagli avrebbe avuto carat­tere per­ma­nente e che i tagli sareb­bero stati validi per il tempo che durava il pro­gramma di con­trollo dalla troika. Pas­sos Coe­hlo vuole invece tra­sfor­mare in per­ma­nenti tutti i tagli, che riguar­dano almeno il 20% degli sti­pendi degli impie­gati pub­blici e delle pen­sioni. Ci saranno anche tagli aggiun­tivi nel fun­zio­na­mento dei mini­steri, nella Sanità Pub­blica e nell’Istruzione. Ma già ora il Por­to­gallo è tor­nato indie­tro di almeno un ven­ten­nio. Per la prima volta dopo decenni abbiamo avuto casi di per­sone morte nelle sale d’attesa degli ospe­dali, aspet­tando una visita medica. La gente muore per­ché non ci sono medici, e fare altri tagli nella Sanità e nell’Istruzione Pub­blica signi­fica abo­lire i ser­vizi sociali minimi ai cit­ta­dini, cioè attac­care la demo­cra­zia, l’uguaglianza e i diritti.

Come si pos­sono rove­sciare que­ste poli­ti­che e con quali alleanze?

Il Blocco ritiene che que­ste poli­ti­che si pos­sono rove­sciare con la col­la­bo­ra­zione delle forze pro­gres­si­ste e di sini­stra. Lo dimo­stra la nostra lista elet­to­rale allar­gata. Pur­troppo il Par­tito Socia­li­sta resta pri­gio­niero della poli­tica della troika e del fiscal com­pact per il pareg­gio di bilan­cio, l’accordo che hanno fatto per l’eliminazione del defi­cit pub­blico. Non ci può essere alcun cam­bia­mento poli­tico, tan­to­meno a sini­stra, senza par­lare del biso­gno della ristrut­tu­ra­zione del debito e dell’eliminazione del fiscal com­pact. Dal momento che non ci può essere l’unità tra i par­titi, cer­chiamo di unire le lotte dei movi­menti e della società civile. Potrei dire che in alcuni aspetti la poli­tica del Blocco di Sini­stra asso­mi­glia con quella de «L’Altra Europa con Tsi­pras», che in Ita­lia ha comin­ciato una dura lotta met­tendo in primo piano le sfide del debito, del fiscal com­pact e con la par­te­ci­pa­zione della società civile e dei movi­menti nella poli­tica, senza esclu­dere i par­titi e le orga­niz­za­zione poli­ti­che della sini­stra. La nostra sini­stra porta avanti una grande bat­ta­glia nel Sud Europa e rap­pre­senta l’unico sbocco per uscire dalla crisi e l’unico voto utile per cam­biare gli equi­li­bri nei nostri Paesi ed in Europa.

link: http://ilmanifesto.it/primavera-lusitana/

Rosso scolorito

di Luigi

Riprendiamo il commento postato l’altro ieri da Luigi, perché ci sembra che meriti una discussione più approfondita

Ho passato, come tutti gli anni, le giornate di festa a Bologna, città che adoro per il suo essere e per le persone che la popolano, per i ricordi universitari, diretti ed indiretti, dai portici alle osterie di fuori porta, dai circoli universitari a quelli politici che hanno formato e nutrito il mio sociale ed i miei ideali in quegli anni ottanta nei quali erano ancora gli ideali a generare pensieri ed azioni e non viceversa.

Mia moglie è di Bologna, la sua è una famiglia molto unita e numerosa che affonda le sue radici nell’area che va dal Modenese al Bolognese, famiglia di origini contadina da parte di padre (mio suocero soleva dire citando ….son della razza mia per quanto grande sia il primo che ha studiato); un senso della famiglia allargata e partecipe che da buon terrone ho sempre fortemente apprezzato e condiviso.

Come potete immaginare gli ideali di “sinistra” sono e sempre saranno per loro la via maestra e per tanti anni abbiamo condiviso oltre agli ideali anche l’appartenenza politica.

Mi ricordo le feste pasquali del 2013 ed il clima dopo le elezioni, naturalmente la mia scelta di voto al M5S fu uno degli argomenti di discussione, oltre me solo mia figlia 19enne, ed alla prima esperienza da elettrice. L’accerchiamento era totale cosi come era totale da parte loro il senso di appartenenza al partito democratico, un sentimento di proprietà autentico e concreto, capace di analisi critica e morale ma condizionato dalla certezza di essere ancora unica rappresentanza di quegli ideali sociali cosi vitali e necessari da poter/dover accettare il compromesso.

Ero molto curioso a distanza di un anno, con alcuni, i più stretti, avevo avuto la possibilità di ulteriore confronto durante l’anno ma non con la maggioranza e mai assieme in totalità faccia a faccia.

Mai mi sarei aspettato una simile rivoluzione in un solo anno, in altri periodi ci sarebbero voluti lustri.

Nessuno di loro si sente più minimamente rappresentato da Renzi e da questo pd, la frasi più citate sono state “il pd non rappresenta più la sinistra” e “Renzi ci sta rubando il partito”: i più giovani si sono apertamente dichiarati pro M5S; i miei coetanei, seppur mantenendo una forma di idiosincrasia e scetticismo verso il duo Grillo e Casaleggio, sono consapevoli ed ammirati dal comportamento dalla coerenza e dalle azioni dei parlamentari e senatori del M5S; i piu anziani faticano ad accettare lo sperpero di anni di partecipazione e militanza rifugiandosi, per la prima volta nella loro vita, dal dopoguerra a oggi, nell’astensionismo.

Il sisma è stato totale, Bologna si sveglia, la rossa per antonomasia non accetta di essere scolorita ed asservita al berluschino di turno.