La grande guerra

UN CINICO CENTENARIO EUROPEO A SARAJEVO

segnalato da crvenazvezda76 

da Il Manifesto – di  Andrea Oskari Rossini (Sarajevo, 28.6.2014)

Lo scrittore Zlatko Dizdarevic attacca le celebrazioni in programma oggi nella capitale bosniaca, a un secolo dall’attentato a Francesco Ferdinando: «Il paese è distrutto e i politici europei verranno qui sorridenti, a ricordare l’amore dell’Europa per Sarajevo, i princìpi europei. Ma se c’è un luogo dove i princìpi europei vengono abbandonati è questo».

Sulle iniziative previste oggi, 28 giugno, per com­me­mo­rare il cen­te­na­rio dell’attentato a Fran­ce­sco Fer­di­nando, e sulla attuale situa­zione in Bosnia Erze­go­vina, abbiamo intervi­stato Zla­tko Diz­da­re­vic, gior­na­li­sta e scrit­tore sara­je­vese, che è stato anche ambascia­tore della Bosnia Erze­go­vina in Croazia e Medio Oriente.

Oggi l’Europa ricorda i 100 anni dall’inizio della Prima guerra mon­diale con un fitto pro­gramma di ini­zia­tive qui a Sara­jevo. Cosa pensa di que­ste celebrazioni?

Si tratta di un’espressione di cini­smo. Sono ini­zia­tive che cer­ta­mente non vanno a van­tag­gio di Sara­jevo, né dei sara­je­vesi, e hanno ria­perto una batta­glia tra di noi, su Gavrilo Prin­cip. Adesso per una metà dei bosniaci Prin­cip è un ter­ro­ri­sta, per l’altra metà è un eroe. Che biso­gno ave­vamo ora di discu­tere di que­ste cose? Abbiamo un paese, la Bosnia Erze­go­vina, comple­ta­mente distrutto. Non fun­ziona, non esi­ste. E i poli­tici euro­pei verranno qui per una set­ti­mana sor­ri­denti, con i pal­lon­cini colo­rati, grandi dichia­ra­zioni, “Mai più”, a ricor­dare l’amore dell’Europa per Sara­jevo, i prin­cìpi euro­pei. Si tratta di un incre­di­bile cini­smo. Se c’è un luogo dove i prin­cìpi euro­pei ven­gono abbando­nati, que­sto è Sarajevo.

 Allora per­ché que­ste celebrazioni?

È un’occasione mera­vi­gliosa per lavarsi la coscienza, per orga­niz­zare qualcosa di posi­tivo, una grande festa, in un momento in cui la situa­zione euro­pea e mon­diale è dram­ma­tica, con la guerra sem­pre più pre­sente, l’estrema destra sem­pre più forte, il pro­gressivo abban­dono degli ideali di libertà e cosmopolitismo.

Eppure la morte di Fran­ce­sco Fer­di­nando ha segnato la fine di un’epoca, e l’inizio della grande guerra civile euro­pea. Non è impor­tante riflet­tere su que­gli eventi?

Anzi­tutto io non penso che quella guerra sia ini­ziata a Sara­jevo, le grandi potenze erano già preparate per la guerra. Sara­jevo non è respon­sa­bile per la guerra.

L’attentato è stato solo un pretesto?

Sara­jevo è stata una vit­tima delle rela­zioni inter­na­zio­nali esi­stenti. Anche nell’ultima guerra il suo destino è stato que­sto. La colpa non era di Sarajevo. Nel 1992, quando la guerra è ini­ziata, nes­suno di noi pen­sava che fosse pos­si­bile. L’atmosfera, le rela­zioni tra le per­sone, non con­sen­ti­vano di pensarlo. Dopo il primo san­gue, natu­ral­mente, la situa­zione è cambiata.

Dun­que non era neces­sa­rio ria­prire il dibat­tito su que­sti temi?

Non penso fosse neces­sa­rio adesso, né tanto meno a Sara­jevo. Il nazionalismo, la sto­ria degli ultimi 20 anni, tutti i pro­blemi ancora irrisolti… Sara­jevo non è il posto dove fare que­ste cele­bra­zioni. Nelle nostre scuole ele­men­tari abbiamo manuali di sto­ria che pre­sen­tano tre versioni diverse dello stesso epi­so­dio, come pos­siamo discu­tere di que­ste cose? Per­ché que­ste cele­bra­zioni non le hanno fatte a Parigi, a Lon­dra, a New York? Io non sarei con­tra­rio a una pic­cola mani­fe­sta­zione, a una com­me­mo­ra­zione, una mostra, è ovvio, non si pos­sono chiu­dere gli occhi di fronte a que­sto anniver­sa­rio. Ma quanto sta acca­dendo è sem­pli­ce­mente isterico.

 Cioè?

Tutte le espres­sioni della vita cul­tu­rale, dal cinema al tea­tro, alla letteratura, alle mani­fe­stazioni spor­tive, avver­ranno nel qua­dro del centena­rio della Prima guerra mon­diale. L’Ambasciata fran­cese ha proposto che il Tour de France inizi a Sara­jevo, nel nome del cen­te­na­rio. Tutto que­sto è cinico. Viene fatto per dimen­ti­care quella che è la realtà della Bosnia Erzego­vina oggi, una realtà che nessuno vuole affron­tare. C’è una grande reto­rica, e fal­sità, in que­ste cele­bra­zioni. Alla gente di Sara­jevo non interessano, que­sta non è la nostra festa.

Il tema del 28 giu­gno ha quindi già pro­dotto divisioni?

In realtà i cit­ta­dini sono sem­pli­ce­mente stan­chi di que­sti dibat­titi, pen­sano a come tro­vare qual­cosa da man­giare, un posto di lavoro. Sara­jevo è stanca di que­ste pro­messe euro­pee, che qui ven­gono rego­lar­mente disat­tese. Venti anni fa ho scritto un libro con l’amico Gigi Riva dal titolo “L’Onu è morta a Sara­jevo”. Oggi, venti anni dopo, penso che sia l’Europa ad essere morta a Sarajevo.

Per­ché le isti­tu­zioni cul­tu­rali e poli­ti­che locali non hanno impedito que­sta ope­ra­zione, se gli effetti sono così negativi?

Per­ché sono sot­to­po­sti alle pres­sioni delle diverse isti­tu­zioni inter­na­zio­nali e dei diversi uffici europei, delle orga­niz­za­zioni non gover­na­tive… Sono tutti esal­tati per que­sto evento, sono in estasi. La realtà però è che anche oggi l’Europa è divisa, in Est e Ovest, nell’Europa slava e quella degli austro ungarici.

Quindi la situa­zione non è molto diversa da quella di 100 anni fa.

Asso­lu­ta­mente no. Guar­date all’Ucraina, alla Siria. Sono il risul­tato di sogni impe­riali, di ambi­zioni neocoloniali.

 E la Bosnia Erzegovina?

Se non ven­gono pre­sen­tati segnali asso­lu­ta­mente chiari sul futuro euro­peo della Bosnia, lo spa­zio vuoto verrà occu­pato da altri, dalla Tur­chia, dalla Rus­sia o dai paesi arabi del Golfo.

17 comments

  1. ho appreso che i portatili funzionano a patto di usarli poco. se li usi per 6 o 8 ore al giorno, durano dai tre ai quattro anni…così mi dice chi li fabbrica

  2. L’intervista meiterebbe parecchi approfondimenti, sia dal latodelle domande che da quello delle risposte che vengono date.
    A partire da un adato: che se guardiamo la situazione attuale degli stati e de iconfini nei Balcani,le conflittualità residuali o nate dopo gli ultimi interventi Nato ed UE, come avevo già scritto proprio su questi blog non notiamo grandi differenze con alcune epoche precedenti.
    Il che sta a significare almeno due cose: che in quell’area si muove un coacervo di interessi, ragioni, spinte d’ogni tipo malcelate in modo episodico nel peiiodo di Tito, il cui fallimento è stato non solo auspicato ma favorito da altre nazioni europee, quasi fosse questione che nonr iguardava la UE nel suo insieme ma i singli Stati.
    L’area in questone,peraltro, va ben aldilà della ex Jugoslavia, in quanto elementi analoghi si presentano in Romania, Ungheria, Bulgaria, Turchia, Ucraina, paesi Baltici, Caucaso, Medio Oriente, Africa mediterranea, e vengono gestiti epsodicamente, quando emergono con virulenza e quando e’ tardi.
    In assenza di reali autonomiecondivise, tutta questa zona è attraversata da potenziali conflitti , latenti e prionti a espoldere (Ucraina docet)
    Il recente conflito libico, ad esempio, non è nemmeno distante nel tempo da quello degli inizi del 900, dovuto a ragioni dichiaratamente coloniali, compresa la spartizione del territorio in aree di influenza che oggi sono riemerse tali e quali, complciate dalla presenza cospicua di materie prime importanti
    Ciascuno, inquesti paesi eanchenelle potenze coloniali residue, ritaglia la storia,.la rilegge e la fissa al momento nella quale gli serve per potere essere usata, c’è chi risale ala mitologia, chi va al medioevo, chi si ferma al 1945.ecc.
    Cisono parecchie aree di conflitto in Europa fino agli Urali (lasciando perdere gli altri paesi del mondo, dall’Africa all’estremo Oriente) elel zone irrequiete e di conflitto sono quelle nelle quali più spesso i confini sono stati ritagliati e modificati più volte, sempre con atti d’imperio subiti dai popoli più che con convenzioni ccndivise.
    Su Sarajevo, storiciamente è del tutto condivisbile l’intepretazione data dall’intervitato: Quell’atto fu utilizzato, assieme ad altri che sono ormai storicamente noti, percihè si prestava a un duplice utilizzo: eliminare un fautore della concessione di autonomia alla Serbia pari a quella a suo tempo concessa all’Ungheria, cosa che avrebbe attenuato il panserbismo irredentista (l’arciduca, che nonostante la tarda età era un riormatre, rispetto a personaggi influenti della corte imperiale) , addossare al panserbismo una respnsabilità simbolica rilevante che, cumulata ad atre, poteva giustificare all’opinione pubblica una guerra cheaveva anchealtre motivazioni (l’impossibilità dell’Impero austroungarico di far fronte al proprio debito, soprattutto conla Francia).,
    Che quelle regioni e tutto il Mediteraneo fossero una polveriera pronta ad esplodere per motivi economici, strategici, coloniali lo si sapeva da tempo.
    La cosa interessente sarebbe a mio parere la seguente: chiedersi come e perchè i nazionalismi sopravvivano nei secoli e nei millenni e l’opinione publica locale e internazionale si dmostri quasi sempre molto sensibile alle occasionalità che si presentano e non alla gestione strategica che richiederebbero.
    Per rendersene conto, sarebbe esercizio aano cominciare leggendo i quotidani inglesi, tedeschi, frances, austrici e italiani del tempo, parecchi dei quali reperibili online….
    Credo che la risposta non sarebbe dissimile a quella che otterremo ser rivolgessimolo stesso interrogativo all’Europa più nlla fase attuale: c’è una strumenalizzazione totale dell’argoment della cessione di sovranità in favore dell’Unitào, ciascuna nazione opera pro domo sua, spesso con tattiche di cortissimo respiro che, proprio perchè tali, possono anadare a gambe levate in ogni momento.
    Come nel calcio, dove, quando tutti giocano per il pareggio, c’è sempre il rischio che qualcun faccia un gol imprevito o un autorete che sconquassa equilibri precari e risultati.
    In questo quadro, le celebrazioni dell’anniverario di Sarajevo sono l’equvalente, e fosre anche meno, di una semplice festa patronale nel giorno sbagliato.

    1. pieno di errori di battitura, ma il senso si dovrebbe capire.
      Morale: prima di comprare un Asus, provatene la tastiera a scoppio ritardato. Bisogna picchiarci più che su una Lettera dell’Olivetti

    2. lettura interessante (ma che fatica, butta via l’asus!).
      a me l’articolo ha invece dato conferma di una pensiero che coltivo da anni: l’unione europea, se vuole davvero essere tale, deve lavorare a darsi non solo una politica estera unitaria, ma deve al più presto raggiungere l’obiettivo di una politica di pace comune.
      come tu ben dici, sono innumerevoli i conflitti aperti ai confini dell’ue, primo tra tutti quello ucraino, e moltissimo quelli latenti. e le istituzioni europee cosa fanno? tergiversano, così come in passato, perché ostaggio degli interessi peculiari dei singoli stati e perché subalterne al potere di altri organismi internazionali (nato in primis) e di altri stati (usa in particolare)
      oggi, sempre sul manifesto, c’è un altro articolo dell’autore dell’intervista che ci troviamo a commentare.
      “la ferita aperta di Sarajevo” è il titolo. da una buona chiave di lettura su quella che è la situazione nei balcani, con un interessante parallelo tra princip, assassino dell’arciduca e kordic, criminale della guerra civile oggi rimesso in libertà.

      ma soprattutto, si, questo articolo avrebbe meritato più attenzione e migliore approfondimento da parte nostra

      1. Purtroppo devo confessare la mia sostanziale ignoranza, diciamo conoscenza scolastica peraltro remota, e quindi non sono in grado di contribuire.
        A pelle, mi ha coinvolto di più il commento di feyer che l’articolo originale. Che mi è sembrato un po’ provinciale, Sarajevo-centrico: “la realtà però è che anche oggi l’Europa è divisa, in Est e Ovest, nell’Europa slava e quella degli austro ungarici”. Mah.

        1. beh, tutto sommato il protagonista è di Sarajevo… 😉
          ma ciò che serviva era lo spunto per parlare di un problema che non possiamo negarlo, esiste.
          l’europa è divisa tra est e ovest. e l’ucraina è lì a ricordarcelo

        2. Roberto, è un argomento di cui mi interesso per vari motivi da tempo. Io credo che uno dei problemi che impdisce la soluzione sia che alcune aree d’Europa, peraltro parecchio estese, siano divise,ma non solo tra est e ovest. Ci sono molte intersezioni, legate ai processi storici.
          Del resto, uno dei prodromi della seconda guerra mondiale non fu la questione dei Sudeti? Tutte le potenze occidentali cedettero quella zona alla Germania, obbligando la Cecolovacchia a firmare un protocollo vergognoso. Si trovano online le testimonianze recentemente uscite del dplomatico nglese che partecipò alla stesura: lui stesso se ne vergognava, ma lo considerava l’unica soluzione possibil, pur sapendo che era sulla pelle dei ceki (i quali, a loro volta, discriminavno le etnie di origine tedesca) .
          La Cecolsovacchia, dl resto, era stata unita come enità statale proprio alal fine della prima guerr mondiale, perchè rprima era Moldavia, Ceia e Slovacchia.
          Del resto, per dire quanto le situazioni fossero complesse,in una delle ultime elezioni libere prima della cessione il partito pantedesco cecoslovacco, che desiderava la cessione dei Sudeti, ottenne una mggiornza più significativa di quella di quella di Renzi 🙂
          Insomma. erano cittadini che stavano in Cecoslovacchia ma chiedevano l’annessione alla Germania.
          Da lì cominciò la guerra di Hitler, in realtà. Poi vennero il corridoio di Danzica, l’Austria e la nozione allargata di Spazio vitale, che era il trapianto in Europa dello spirito coloniale e di espasione dei mercati e del controllo di materie prime già allora strategiche carbone, oltre che petrolio, vedi tutta la vicenda del controllo da parte dei vincitori dei bacini carboiferi tedeschi, e del quasi totale sequestro di quella materia prima, mentre ai tedeschi si negava persino il riscaldamento delle stufe).
          Di autonomia non si parlava (e non si parla tuttora, decantiamo l’obiettivo dell’Europa federale ma ostacoliamo ogni federalismo serio) a mio parere per il motivo che quasi tutti i paesi hanno rogne analoghe in casa propria, la Spgnala Ctalogna e altro, la Francia la Corsica, il Belgioè diviso in Valloni e Fiamminghi, i paesi dell’Est non ti dico, in ognuno ci sono forti minoranze etniche, come nell’attuale Jugoslavia.
          SArà un caso che l’Europa sia a guida germanica, unico paese federale che mantiene forse proprio per questo una coesinoe e una identità forte?
          Se non si danno riconoscimenti sostanziali di autonomia (un po’ come in Alto Adige) si finisce sepre o per sollecitare migrazioni di popoli, dissensi o guerre

      2. non posso buttare via l’asus, ha solo due anni. Il fatto è che essendo abituato a una tastiera mac che basta sfiorarla, questa è lenta (mio malgrado a militare ho fatto un corso da telescriventista, abitudine e velocità son rimaste quelle…) salta le battute,le rimescola, dovrei usare un martello …penso che butterò via un’altra volta i Balcani

        1. feyer, dove si compra un computer come il tuo? se “salta le battute” è ciò che serve a me in questo periodo…..che sparo una cazzata dietro l’altra! 🙂

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