Il caso che ha fatto saltare il coperchio sui tribunali segreti della Banca Mondiale

segnalato da nammgiuseppe

CochabambaWaterRevolt

di Jim Shultz – 26 aprile 2015

E’ in atto un risveglio internazionale riguardo a un’estensione radicale del potere delle imprese, un risveglio che sta al centro di due storici accordi commerciali globali prossimi a essere sottoscritti.

Uno concentra gli Stati Uniti sull’Europa – è il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) – e l’altro sull’Asia, nel Partenariato Trans-Pacifico (TPP). Entrambi creerebbero vasti nuovi diritti delle imprese straniere di citare in giudizio governi per vasti importi ogniqualvolta le nazioni modificano le loro politiche pubbliche in modi che potrebbero avere un potenziale impatto sui utili d’impresa.

Questi casi non sarebbero trattati da tribunali nazionali, con la loro relativa trasparenza, bensì da speciali tribunali segreti internazionali.

E’ uno strumento meravigliosamente potente e una doppia vittoria per le imprese: è una macchina per far soldi che saccheggia i tesori pubblici e un potente strumento per soffocare discipline sgradite, il tutto in un’unica confezione. Come ha scritto recentemente la senatrice Elizabeth Warren sul Washington Post: “Dare alle imprese straniere speciali diritti di contestare le nostre leggi fuori dal nostro sistema legale sarebbe un cattivo affare”. Ma è un affare che i legislatori statunitensi si stanno rapidamente preparando a concludere mentre dibattono l’estensione al presidente Obama di usare la “corsia preferenziale” per la promozione del commercio.

Il sistema dei tribunali commerciali a porte chiuse è in circolazione ormai da decenni, annidato come una bomba a orologeria in centinaia di minori accordi commerciali bilaterali tra nazioni. Ma non molto tempo fa il sistema dei tribunali commerciali non era materia di editoriali d’apertura d’alto profilo di senatori statunitensi. Era virtualmente sconosciuto, salvo che presso una piccola squadra di avvocati internazionali e specialisti del commercio.

Il caso che ha portato il sistema a una vasta conoscenza pubblica è nato quindici anni fa, in questo mese, nelle strade di una città in alto nelle Ande. Come quella causa è stata vinta costituisce una potente lezione oggi per le battaglie sul TTIP, il TPP e il tentativo di passare alle imprese globali nuovi poteri legali.

La rivolta dell’acqua

E’ iniziato a Cochabamba, Bolivia, nell’aprile del 2000, quando i cittadini si sono ribellati contro l’acquisizione del sistema idrico pubblico da parte di un’impresa straniera.

In quella che divenne nota come la Rivolta dell’Acqua di Cochabamba migliaia di boliviani affrontarono pallottole e manganelli per riprendersi l’acqua dalla Bechtel, il gigante ingegneristico californiano. Nel giro di settimane dall’acquisizione del sistema idrico pubblico la società boliviana della Bechtel aveva colpito gli utenti dell’acqua con aumenti di prezzo in media superiori al cinquanta per cento, e spesso maggiori. Le famiglie erano poste di fronte alla scelta estrema tra continuare a far correre l’acqua dal rubinetto e apparecchiare la tavola.

Così si ribellarono.

I dimostranti fermarono tre volte questa città di mezzo milione di abitanti con blocchi e scioperi generali. Il governo di destra inviò i soldati e la polizia a difendere il contratto della Bechtel, uccidendo un adolescente e lasciando feriti migliaia di altri. Ma le proteste non fecero che aumentare e alla fine la Bechtel fu costretta a lasciare la Bolivia, restituendo l’acqua a mani pubbliche.

Un anno dopo, tuttavia, la Bechtel contrattaccò, questa volta in un tribunale della Banca Mondiale. La società pretese non solo il milione di dollari investito nel paese, ma anche 50 milioni di dollari in totale, il resto essendo i “profitti” futuri che l’impresa affermava di aver perso andandosene.

La causa della Bechtel contro la Bolivia innescò una seconda ribellione. Questa fu globale e solto altrettanto potente, una campagna d’azione di cittadini che si estese a livello mondiale. Alla fine la Bechtel se ne andò non con i cinquanta milioni di dollari che aveva preteso dai boliviani, ma con solo trenta centesimi e un’immagine pubblica malamente danneggiata. Il caso tolse anche la maschera a un sistema di tribunali commerciali segreti che oggi è al centro del dibattito sugli scambi.

Un sistema ideato a vantaggio delle imprese

Qui in Bolivia una squadra di calcio di qualsiasi altra parte del mondo sarebbe folle a giocare una partita contro una squadra boliviana a La Paz, la capitale della nazione. A quasi 4.000 metri di altezza sul livello del mare la maggior parte degli stranieri incontra grosse difficoltà semplicemente a salire una scala, figuriamoci correre dietro a un pallone per 90 minuti.

La sede legale scelta dalla Bechtel – il Centro Internazionale per la Risoluzione delle Dispute sugli Investimenti della Banca Mondiale (ICSID) – ha una qualità simile. E’ un campo di gioco che piegato pesantemente a vantaggio delle imprese.

Non c’è poca ironia nel fatto che la Bechtel si sia rivolta alla Banca Mondiale, poiché, tanto per cominciare, era stata la Banca Mondiale a mettere in moto la Rivolta dell’Acqua di Cochabamba.

Nel 1997 funzionari della Banca Mondiale fecero della privatizzazione del sistema idrico pubblico di Cochabamba una condizione dei prestiti che la banca stava concedendo per ampliare i servizi idrici nel paese. Così il governo boliviano fu costretto a offrire una concessione quarantennale alla Bechtel, completa di una garanzia di profitti annui del 16 per cento, un contratto da rapina, coperto dalla disponibilità del governo a sparare sul suo stesso popolo, se necessario.

L’ICSID della Banca Mondiale e altri sistemi giudiziari internazionali sono il sogno delle imprese. I tribunali che decidono queste cause sono costituiti da avvocati che passano dall’essere difensori lautamente pagati delle imprese in un caso a giudici presunti imparziali nel successivo, uno sfacciato conflitto d’interessi. E’ un sistema in cui le testimonianze sono normalmente segretate e in cui i casi sono trattati a migliaia di miglia di distanza dalle comunità interessate.

Non sorprendentemente le imprese conseguono una vittoria totale o parziale più di una volta su due.

Il tribunale dell’opinione pubblica

La campagna dei cittadini che attaccò la Bechtel si rifiutò di condurre la sua battaglia entro i confini della confortevole area giudiziaria attentamente scelta dalla Bechtel.

L’organizzazione che dirigo, il Democracy Center, e i nostri alleati boliviani e globali presero invece di mira la Bechtel nel campo di battaglia in cui i movimenti dei cittadini hanno la meglio: il tribunale dell’opinione pubblica. Tale campagna divenne un potente prototipo iniziale di come organizzarsi nell’era di Internet, guidata non tanto da un piano orchestrato grandioso, quanto da pura e semplice ispirazione virale.

Attraverso i nostri articoli e la nostra collaborazione con giornalisti del New Yorker, della PBS e altri, il Democracy Center insistette a raccontare, in continuazione, la potente narrazione di una vittoria di Davide contro Golia sulle strade di Cochabamba. Anche leader della Rivolta dell’Acqua della Bolivia girarono per il mondo a condividere direttamente la loro storia.

Usammo quella storia non solo come un cappio al collo societario della Bechtel ma anche al collo del suo amministratore delegato e omonimo, Riley Bechtel. Diffondemmo persino i suoi indirizzi email privati a migliaia di persone. Quando le persone si rivolgevano a noi per impegnarsi, le armavamo di solide prove e di qualche consiglio sulla strategia, incoraggiandole a intraprendere qualsiasi iniziativa fossero mossi a intraprendere che potesse costruire pressioni sulla società.

Il risultato fu magnifico, uno spettacolo globale di potere dei cittadini.

A San Francisco attivisti bloccarono la direzione generale della Bechtel incatenandosi insieme nell’atrio. Una coalizione locale ottenne anche che la Commissione di Vigilanza di San Francisco approvasse una risoluzione della città che sollecitava la Bechtel a lasciare cadere la sua causa boliviana, proprio mentre la società stava negoziando un grosso contratto con la città.

Ad Amsterdam fu montata una scala all’esterno dell’ufficio locale della Bechtel e la via fu reintitolata all’adolescente uccido dai soldati durante la Rivolta di Cochabamba. A Washington dimostranti picchettarono la casa del presidente della sussidiaria idrica boliviana della Bechtel. Al Vertice della Terra in Sudafrica, l’attiva boliviana Marcela Olivera reclutò organizzazioni per aderire alla “Petizione dei Cittadini alla Banca Mondiale” che chiedeva che la Bechtel abbandonasse la causa. EarthJustice presentò una petizione legale richiedendo la partecipazione del pubblico e l’Institute for Policy Studies mobilitò ONG di Washington.

Da un angolo all’altro del mondo la Bechtel fu sequestrata da lillipuziani arrabbiati che legarono a terra un potente Gulliver imprenditoriale.

Il potere della narrazione

A gennaio 2006 dirigenti assediati della Bechtel volarono in Bolivia e firmarono un accordo con il governo boliviano in base al quale abbandonarono la causa presso la Banca Mondiale in cambio di due lucenti monetine da 1 boliviano, il costo di un biglietto locale d’autobus. Nessun’altra grande impresa, prima o da allora, è mai stata costretta a rinunciare a una grossa causa commerciale dalla pressione di una campagna di cittadini mossale contro.

Alla fine la Bechtel è stata sconfitta da qualcosa di molto semplice: una storia. E’ stata una storia di persone che hanno combattuto per la loro acqua e di una società contenta di vederle uccidere al fine di strizzare i poveri per incassare utili che non si era mai guadagnata. La potente impresa non poté mai sottrarsi al potere morale di tale storia. Abbiamo colpito la Bechtel con essa usando non una sola tattica, ma ogni tattica che abbiamo potuto immaginare, da lettere di avvocati all’azione diretta. Non abbiamo sprecato tempo a discutere quale approccio fosse il migliore.

Le battaglie commerciali che abbiamo oggi di fronte, compresi TPP e TTIP, devono essere anch’esse combattute con storie che traggano il problema fuori dal gergo tecnico e lo rendano popolarmente comprensibile.

E non c’è carenza di storie da raccontare. Il gigante del tabacco Phillip Morris pretende due milioni di dollari dall’Uruguay per il peccato di aver rafforzato gli avvertimenti sulla salute sui pacchetti di sigarette. Il popolo di El Salvador affronta una causa da 300 milioni di dollari da parte di una compagnia mineraria canadese-australiana perché i salvadoregni sono stati capaci di bloccare operazioni minerarie tossiche. La Germania affronta una richiesta di 700 milioni di euro da parte di una compagnia dell’energia nucleare perché, dopo il disastro di Fukushima, movimenti popolari hanno ottenuto una moratoria delle nuove centrali nucleari nel paese.

Raccontare le storie di casi come questi è essenziale per costruire una più vasta consapevolezza pubblica di ciò che è in gioco in questi negoziati arcani: un gioco di potere delle imprese contro la democrazia fondamentale.

“E’ impossibile sopravvalutare l’impatto della vittoria popolare di Cochabamba contro la Bechtel”, ha osservato recentemente Naomi Klein. “In un periodo in cui conseguire vittorie reali sembrava un sogno lontano, abbiamo improvvisamente che era possibile vincere, anche contro una gigantesca multinazionale statunitense”. Nella battaglia del popolo boliviano contro la Bechtel, Davide ha battuto Golia non solo una volta, ma due. Nel mezzo delle attuali battaglie sul commercio, lo spirito di entrambe queste vittorie e le loro lezioni concrete meritano bene il nostro ricordo.

Originale: Foreign Policy in Focus

Traduzione: znetitaly.org

 

48 comments

  1. #Indovinatuitt.

    “Legge elettorale. Le regole si scrivono tutti insieme, se possibile. Farle a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato”.

      1. la questione è meno chiara di come sembra.
        di fatto questa stessa legge elettorale (o è cambiato qualcosa nel frattempo) è stata discussa assieme all’opposizione che ha accettato di sedersi al tavolo (l’altra non ha accettato), ed è stata votata, ha passato l’ultimo voto al senato.

        se un’opposizione adesso si è sfilata non è per ragioni politiche in senso stretto, ma di facciata (lo sgarbo del voto a mattarella, e forse quello che c’è dietro).

        per me l’unica soluzione era proporre una legge elettorale diversa da parte della parte del parlamento che non si sente rappresentata. ma non c’è nulla, il nulla di nulla che non sia frutto della minima collaborazione. paradossalmente l’italicum, anche con la fiducia, è l’unica cosa che sia uscita con un accordo.

        il concetto di ‘sfiducia costruttiva’ dovrebbe essere assunto a tutti i livelli. essere in grado di proporre alternative, costruire qualcosa. se non ci si riesce sarebbe meglio chiedersi perché.

        (però, fate voi. intanto l’italicum passa – forse – nonostante i vaffa. sarà meglio cercare un’altra strada? boh, veramente, non sono polemico, non lo so neanch’io, ma sono sempre più convinto di sì; però, tutti liberi di continuare con il vaffa, magari avete ragione voi)

        1. Credo di non essere (quasi) mai intervenuto sulla legge elettorale, argomento su cui non mi sento di poter offrire nessun contributo (d’altra parte non appartengo nemmeno alle vestali della costituzione che, part-time offrono i loro servizi al lupanare più vicino). Quello di cui, invece sono certo, è che tutto il dibattito (dai tempi di Mariotto) mi ricorda la soluzione di Donat-Cattin sull’acqua all’atrazina, innalzare i limiti per rendere l’acqua potabile per legge. Continuo a pensare che i partiti non siano in grado di capire la realtà e che non potendo intervenire su di essa ne modifichino il significato in astratto. Insomma, la legge elettorale è come il lettino del ginecologo, serve a lui per stare comodo, non alla paziente (come la posizione per partorire).

        2. quale “altra” che non ha accettato?
          prima di tutto l’impostazione iniziale è stata concordata da due (2) persone delle quali una non ha nemmeno i requisiti per sedere in parlamento,
          che poi siano stati introdotti correttivi che Berlusconi ha accettato è un altro discorso….evidentemente era sicuro di una contropartita (quale? tu lo sai?)
          con elezione Mattarella ognuno ha ricominciato a recintare il suo orticello.
          francamente questa discussione, questo dibattito io non l’ho visto. Sono mesi che assisto ad un braccio di ferro, scusa il paragone poco fine a quest’ora ma sembra una gara a chi ce l’ha più lungo, solo che al momento della verità una parte ha paura a calare le mutande per verifica, e l’altra vince a pacco coperto.

          la legge elettorale è prerogativa del parlamento e l’apposizione della fiducia è una palese forzatura con pochi, bruttissimi precedenti. Totalmente inutile perché la legge sarebbe passata ugualmente per la fedeltà alla ditta, utile solo a dire “io sono io e voi non siete un cazzo”

          sul fatto che non fosse stata messa sul piatto un’opzione alternativa (poi bruciata) io non ci metterei la mano sul fuoco

        3. heiner nun ce penzà, la fiducia logora chi non ce l’ha… qualcuno in qualche uébb ha scritto che “coe-renzi” non si fida dei “suoi” e la procedura conferma il potere traballante (e assai pericolante) del premier.

          Lo capisco, da ex 101 è consapevole dei trappoloni di cui sono capaci i pidemocristiani.

          e poi, cosa vuoi che sia un tuitt… ormai siete rimasti in due a leggerli…. e crederci (che è peggio)

    1. Il leader estone (se non erro) ha obiettato che gli riesce molto difficile convincere il proprio popolo a pagare per sostenere la battaglia di Varoufakis per innalzare pensioni e salari greci già a livelli più alti di quelli che percepiscono loro.

      1. “Estonia: Riguardo al mercato del lavoro, nel 2014 il tasso di disoccupazione medio annuo è stato del 7,4% (8,6% nel 2012). Per il 2015 è atteso un lieve aumento nell’ordine dello 0,4%”.
        Possiamo dire a sfinimento che gli estoni sono stati bravi e i greci spreconi, ma se dopo cinque anni di “cura” della Troika il tasso di disoccupazione greco è del 27% (giovanile al 57%), non è ai greci che il premier estone deve rivolgersi.

              1. quelli sulle precedenti azioni del FMI nei confronti delle nazioni in difficoltà ?
                nel blog sono state riportate una decina di volte, come post e come commenti
                ad aver avuto voglia di leggerli, non so se come m2c leggi solo 140 caratteri
                io difficilmente entro in discorsi tecnici, per ignoranza, ma questi mi sembrano oggettivi
                o no ?

              2. Cominciamo da quelli sulla dis/occupazione. Poi vediamo i dati sulla povertà, il trend storico dei salari medi nonchè i dati sulla domanda interna, sull’investimento strutturale dei paesi scelti e via dicendo.

                    1. sono per i piccoli passi. mi accontento se qualcuno mi spiega la tabella che ho postato (che io non vedo, ma cliccando si apre). magari ho sbagliato tabella, per questo chiedevo.

                    2. I dati sull’occupazione (semplici) sono i meno significativi. Senza composizione della struttura sociale non spiegano iente. Servono solo a fissare target (tieni presente che l’ EES – European Employment Strategy – prevedeva come obiettivo per il 2020 una media del 70% (forse questo ti può dare una chiave per interpretare quei dati: fallimento).

              1. italia
                ad esempio, che sappiamo quale è la situazione economica reale

                di irlanda e portogallo cosa puoi dirci ? qual’è la loro situazione, come se la cavano ?
                sono come noi ? meglio ? peggio ?
                io non lo so
                attendo i tuoi dati

                    1. Stiamo parlando dI paesi che qualche anno fa formavano l’acronimo PIGS

                      PiL Irlanda oltre il 7% nel 2014, Portogallo tra le migliori per crescita.
                      Vedi un po’ te…

  2. Grazie Namm. Mi permetto solo di aggiungere un “abstract” per i lettori ed i seguaci delle prosa stringata e fulminante (che poi se diciamo che è tipica dei regimi totalitari ci becchiamo una manganellata da dietro?):

    “Per fottere ci fottete spesso ma quando vi fottiamo noi fa male per davvero”. (Dedicato alle elites finanziarie e governative).

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