di Lame
Una delle caratteristiche importanti del recente voto amministrativo in Spagna (mai visto un voto amministrativo così “politico”, peraltro) è la collaborazione tra Podemos e i movimenti sociali di base. I numeri infatti dicono questo: nelle elezioni per le regioni Podemos si presenta da solo e raccoglie un 10/12 per cento. Un successone, considerato che il partito è nato da pochissimo tempo e si presentava dappertutto per la prima volta. Ma se questo si trasla su base nazionale è quasi un coitus interruptus: tanta bella energia che può ancora essere silenziata dalla forza – bastonata ma non vinta – del sistema politico spagnolo tradizionale.
Nelle municipalità invece Podemos si presenta alleato a movimenti di base, a partiti locali di spinta indipendentista (altro che la Lega: la Spagna è percorsa da tremori indipendentisti da molto tempo e con sempre più forza), a formazioni municipali che hanno un fortissimo radicamento territoriale e popolare. E così vince. Rovescia completamente gli equilibri di potere andando a governare i due cuori pulsanti della Spagna.
Il confronto con la situazione italiana è inevitabile. E fa emergere sempre più quello che, a mio modesto parere, è da sempre il vero piede d’argilla del Movimento cinque stelle.
Non sto qui a fare i paragoni tra M5S e Podemos. Sappiamo che sono diversi, ma anche uguali. Uguali soprattutto nella spinta dal basso che li crea. (Evitiamo per favore il dibattito su Grillo o non Grillo perché è vero che senza Grillo non ci sarebbe stato il movimento, ma senza un vero moto di base Grillo se ne stava a Bibbona ad abbronzarsi. Punto.)
Dove sono profondamente diversi è invece il livello territoriale che, non a caso, negli ultimi mesi Grillo cita spesso come dimensione in cui il movimento deve lavorare.
Non si tratta soltanto di una questione di alleanze, che il movimento fa molta fatica a costruire anche a livello locale (per non parlare di quello nazionale). Si tratta piuttosto del fatto che da sempre – e qui sì per volontà/responsabilità/colpa del magico duo – lo spazio consentito al livello territoriale è molto ristretto. Grillo non si fida, evidentemente, della base sul territorio, come si usava dire una volta. Non ha mai concesso che questa base si strutturasse in rete, ha sempre usato il maglio contro qualunque tentativo di collegamento tra meet-up che vengono confinati nel loro ristrettissimo spazio di esistenza.
Posso perfino capire le ragione per cui, da sempre, Grillo ha espulso chiunque tentasse di collegare quelli che, ancora oggi, sono solo i tanti pezzi sparsi del movimento sul territorio. Monadi scollegate che viaggiano nell’iperspazio senza parlarsi tra loro, senza poter creare fili che costruiscano una vera rete di base. Il timore della nascita di piccoli potentati, di correnti e posizioni personali di potere è sensato nel contesto antropologico italiano.
Ma è come tagliarsi l’uccello per far un dispetto alla moglie. Questa camicia di forza imposta alle energie sul territorio castra la forza del movimento a livello locale (e si vede pesantemente nel voto) e impedisce anche la crescita politica, compresa la capacità di sperimentare cosa voglia dire concretamente costruire e gestire alleanze per ottenere risultati. Una scuola politica che sarebbe fondamentale per il movimento che ha bisogno di far crescere una propria classe dirigente (parolaccia, eh?) che sperimenti nella realtà amministrativa invece che pensare di poter costruire la suddetta classe dirigente in laboratorio (leggi uffici della Casaleggio associati). Cosa che produce solo un gruppo di abili comunicatori e niente di più (più renziano del Renzi, da questo punto di vista).
Sono molto curiosa di capire cosa intenda Grillo per “lavorare sul territorio” a questo punto. Perché il movimento ne ha bisogno. E, per quanto questo possa irritare un sacco di gente, ne ha bisogno anche l’Italia.
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/politica/2015/29-maggio-2015/podemos-sostiene-casson–difensore-diritti-2301448741076.shtml
La notizia più interessante e innovativa degli ultimi due anni. A quando Tsipras che “vota” Civati? Ahahahahah.
P.s. È davvero un segno molto interessante di come può cambiare la politica europea.
Stessa foto con cartello l’ha inviata anche a Tommaso Fattori candidato per la Toscana
Sono parecchio di parte (e ne vado fiera), ma questa cosa ha un valore. Poi verrà qualcuno a dirmi che Podemos è come i 5 stelle. Con Casson candidato anche i grillini avrebbero dovuto darsi una svegliata (lo penso dal giorno in cui si è candidato). Ieri anche Travaglio gli rende omaggio.
come per civati il suo essere dentro il pd non consente a nessuno di essere “svegliato” da casson
Sun, volevo dire che Casson ha chiarito chi è (per chi conosce la sua storia). La riprova è che è odiatissimo da tutti quelli che vogliono fare affari con la politica (per primi quelli del Pd). E perciò votarlo non mi pare un compromesso.
Sono d’accordo, Casson lo voterei.
Con Pablo Iglesias sei in buona compagnia.
Votatevi a questo…altro che i casson!
Da http://www.thedailybeast.com
La marijuana è definita il “sacramento della dottrina”. I suoi seguaci si fanno chiamare i “Cannataerians”. Combattono per l’amore, la salute e un “pianeta migliore”. I luoghi di culto sono edificati con mattoni estratti dalla canapa, che viene coltivata al loro interno. Tutti i suoi addetti sono accomunati da un’unica forte credenza: quella dello strafarsi.
Così in Indiana nasce la prima Chiesa della Cannabis, ultima conseguenza del Religious Freedom Restoration Act, una legge supportata dalla destra americana che riduce i poteri dello stato nel limitare le credenze dei cittadini. E tra queste rientra anche la ganja.
Il fondatore, Bill Levin, è proprietario di una società di marketing e di consulenza in Indiana. Si dichiara non credente, mentre descrive al The Daily Beast la sua Chiesa come un luogo per “l’amore, la compassione, la comprensione e la buona salute”. Certo, di metafisica ce n’è ben poca, ma come ricorda Levin: “Non me ne frega un cazzo dell’al di là”.
Nel frattempo, la questione diventa intrigata da un punto di vista giuridico: il Religious Freedom Restoraction Act ammette l’esistenza di una Chiesa della Cannabis, ma come la mettiamo con le leggi contro il consumo? I suoi fedeli potranno fumare marijuana durante le funzioni?
Staremo a vedere cosa succederà il 1 ° luglio, il giorno fissato per il primo “sermone”. Tutto dipende dalla polizia di Indianapolis: deciderà che un gruppo di fattoni pazzoidi non rappresenta una priorità assoluta per la sicurezza della città o li arresteranno tutti in blocco? Si accettano scommesse.
Da http://www.thedailybeast.com
Io pure
dentro al pd che senso avrebbe votarlo ?
il pd è affari e politica
Sun, il Pd di Venezia è largamente quello che dici tu e proprio per questo hanno ostacolato la candidatura di Casson con le unghie e con i denti. Ma Casson ha dietro un sacco di brave persone (per lo più di provenienza Sel-Verdi). E c’è la concreta possibilità che si prenda la città (cosa che con la sola area di sinistra non avrebbe mai potuto fare). Non mi pare poco. In ballo ci sono, tra l’altro, gli appalti stratosferici delle manutenzioni del Mose.
Concordo sul giudizio positivo su Casson. Ce ne fossero come lui sarebbe un altro pd
Eh, ma bisogna pure aiutarlo. Se uno, anche uno come Casson, vuole fare delle cose sane per la città e non ha l’appoggio della gente perbene, deve cercare delle alleanze. Perché la legge della politica è la maggioranza.
L’Ultima
Pepe Mujica, cent’anni di moltitudine
L’intervista. Abbiamo incontrato a Roma l’ex presidente-tupamaro dell’Uruguay
Geraldina Colotti
ROMA Edizione del 29.05.2015
Avrebbe dovuto essere una visita privata: alla ricerca dei suoi trascorsi liguri a Favaro, dove sono nati i nonni. Ma l’agenda dell’ex presidente uruguayano José Alberto Mujica Cordano si è riempita subito. E “Pepe” ha avuto ben pochi momenti per godersi l’alternanza di sole e pioggia di questi ultimi giorni, insieme alla moglie Lucia Topolansky. Una coppia inossidabile di dirigenti politici dai trascorsi guerriglieri, rimasti insieme dai tempi in cui i Tupamaros ispiravano il cuore dei giovani, nel Novecento delle grandi speranze.
Il Movimento di liberazione nazionale Tupamaros è stato un’organizzazione di guerriglia urbana di orientamento marxista-leninista che ha agito in Uruguay tra gli anni ’60 e ’70. Fondatori e dirigenti — da Raul Sendic a Mujica, a Topolansky a Mauricio Rosencof — hanno pagato con lunghi anni di carcere, ostaggi del regime militare che ha oppresso il paese a partire dal golpe del 1973, e che ha concluso il suo ciclo nel 1984, con l’elezione del moderato Julio Maria Sanguinetti.
A Livorno, Pepe ha ricevuto la cittadinanza onoraria dal sindaco pentastellato Filippo Nogarin: «Perché la sua attività tesa alla promozione e all’affermazione dei principi della democrazia e dello sviluppo economico non è mai stata scissa dall’attenzione verso i più deboli, e per lo stile umile che ha saputo mantenere ricoprendo la massima carica dello stato».
Mujica devolve infatti il 90% del proprio stipendio ai poveri e vive in modo frugale. Lui ha ringraziato la città dicendosi «cittadino del mondo» e ha offerto uno dei suoi discorsi diretti e profondi che arrivano al nocciolo senza affidarsi al gergo.
Lo abbiamo incontrato a Roma, nella residenza dell’ambasciatore dell’Uruguay in Italia, insieme a Lucia Topolansky e a Cristina Guarnieri, della casa editrice Eir, infaticabile organizzatrice dei suoi incontri a Roma.
Che idea si è fatto di questa Europa, dell’Italia, della Spagna in odore di cambiamenti e della Grecia ricattata dai poteri forti?
All’origine vi sono problemi che trascendono le scadenze elettorali. I problemi dell’Europa riflettono le contraddizioni di questo sistema che colpisce i settori più deboli. C’è una crisi della domanda perché la gente continua a consumare una infinità di cose inutili, e al contempo una enorme fetta di mondo pieno di povertà che non abbiamo il coraggio di incorporare: il mondo ricco non ha sufficiente generosità solidale per incorporarla nella civilizzazione. Sprechiamo un’infinità di preziose risorse perché il mondo ricco possa consumare cose inutili o frivole. E invece non diamo acqua, scuole, case ai più poveri. E anzi respingiamo i barconi che arrivano nel Mediterraneo, o magari pensiamo di affondarli, impediamo il passaggio dei migranti messicani alla frontiera nordamericana. Li invitiamo a partecipare a una civilizzazione che poi non gli dà il posto promesso. E’ come se ti dicessero: vedi quanto è bello? Ma non è per tutti.… Allo stesso tempo scateniamo problemi su scala planetaria perché non possiamo governarci: ci governa il mercato. Il mondo è globalizzato ma non ha un governo mondiale all’altezza dell’intelligenza scientifica raggiunta, che consentirebbe un’organizzazione generale e una equa distribuzione delle risorse. Siamo in preda a un caos che sta portando al limite la natura: per via di una eccessiva concentrazione della ricchezza. Ti sembra possibile che un manipolo di bei tomi detenga quel che serve al 40% dell’umanità?
E in che direzione ci si dovrebbe muovere per invertire la tendenza?
Dobbiamo imparare a muoverci per il governo della specie e non solo in base agli interessi dei paesi, dei singoli stati, con la consapevolezza che siamo responsabili di un pianeta, di una barchetta che sta andando alla deriva nell’universo. Bisogna avere chiaro che non governano le persone, ma gli interessi del grande capitale finanziario e i suoi ricatti. Abbiamo un’arma più vicina del Palazzo d’Inverno su cui agire, qualcosa di più vicino e potente: le nostre menti e le nostre coscienze. C’è una rivoluzione possibile nella testa di ognuno per costruire una nuova umanità. Dobbiamo agire perché ognuno sia cosciente che il mercato ci toglie la libertà. Non cambiamo il mondo se non cambiamo noi stessi. Per tanto tempo abbiamo seguito una linea tracciata: abbiamo pensato che bastasse prendere il potere, cambiare i rapporti di proprietà e di distribuzione per cambiare l’umanità. Invece, quel che è successo in Unione sovietica ha dimostrato che le cose sono molto più complicate. Oggi dobbiamo puntare di più sulla cultura. Non dobbiamo agire per comandare ma perché le persone diventino padrone di loro stesse.
L’America latina sta cambiando in fretta, e sulla base di governi socialisti o progressisti che spostano i rapporti di potere a favore delle classi popolari.
… Sta cambiando un poco, ci vuole tempo. Dobbiamo sviluppare intelligenza nella gente, i ritorni indietro sono sempre possibili, l’interventismo esterno è sempre latente. Le basi militari Usa sono sempre attive in America latina. Obama è un presidente prigioniero, ostaggio del complesso militare-industriale. Non gli hanno permesso di fare niente. I nostri amici, negli Stati uniti, purtroppo non si trovano nelle fabbriche, ma nelle università, è così dai tempi del Vietnam. Il meglio degli Sati uniti si trova nel mondo intellettuale, il peggio nelle banche e sui banchi del parlamento, ma non bisogna fare di ogni erba un fascio.
Lei ha deciso di prendersi alcuni prigionieri di Guantanamo, mentre continua l’avanzata dell’Isis.
Sai com’è, no? Solo chi è stato tanto tempo in carcere come noi può capire… Oggi invece si pensa di risolvere i problemi dell’umanità e i propri costruendo più carceri, chiedendo più carcere e più bombe. Noi, un piccolo paese, abbiamo indicato che si può prendere un’altra strada. A cosa sta portanto la balcanizzazione del mondo? Hai visto come hanno ridotto la Libia: una barbarie. Io non voglio difendere Gheddafi, ma almeno prima c’era uno stato ordinato, ora c’è un disastro… Sono stato negli Stati uniti. C’è gente in carcere da 34 anni senza mai aver versato una goccia di sangue, solo per aver rivendicato l’indipendenza del proprio paese come il portoricano Oscar Lopez. Ma agli Stati uniti interessa di più la libertà di un altro Lopez…
Il golpista venezuelano?
Precisamente…
A proposito di pericoli e di ritorni indietro. Lei ha dichiarato a suo tempo: «Abbiamo bisogno del Mercosur come del pane». Ora, invece, il suo successore, Tabaré Vazquez dice che bisogna «flessibilizzare» il Mercosur. Sta strizzando l’occhio alle alleanze proposte dagli Usa? In diverse occasioni lei non ha lesinato critiche alla nuova gestione.
…Penso di no, che non si saranno ritorni indietro. Il fatto è che oggi il Mercosur è un po’ provato, non avanza, non fa le cose che si era prefisso. Soprattutto, Brasile a Argentina non hanno trovato un’intesa, quindi ora abbiamo il problema di diversificare le relazioni. La presenza della Cina è sempre più forte, da diversi anni questo ha portato risultati positivi, ma dobbiamo fare attenzione, prima parlavamo di dipendenze, di debito, il problema della sovranità va visto da diverse prospettive.
Tutti, in America latina, la vogliono come mediatore dei conflitti: il governo colombiano e la guerriglia marxista, la Bolivia nel contenzioso con il Cile. E lei accetta…
La guerra preme dappertutto, i conflitti facilmente emergono, lo sviluppo delle nuove tecnologie complica lo scenario. Eppure sappiamo di essere interdipendenti, il progresso e la tecnica non possono ipotecare la convivenza, il vivere in consessi umani. Dobbiamo imparare a vivere con le differenze, trovare un altro modo di comunicare, siamo di fronte a un altro mondo in cui gli stati nazione e le forme tradizionali della politica non riescono a dare risposte adeguate. Si sono scatenate forze di cui non troviamo più le briglie, a partire da quelle del capitale finanziario e degli “avvoltoi” che si avventano sulle prede quando cercano la propria sovranità. Però mi fa più paura quel che non succede di quel che succede… Per esempio, c’è molta gioventù disoccupata, che ora si sta rassegnando a vivere col reddito minimo, che si sta addormentando… e non lotta.
Pepe for president. 🙂
è stato in carcere….qui da noi sarebbe impresentabile!
scherzi a parte, è davvero una persona straordinaria. e non c’era certo bisogno di questa intervista per scoprirlo
un compagno una volta mi disse “qui da noi mi accontenterei di molto meno…..”