31 comments

    1. sto lavorando per voi…ahahahahahah
      http://ilmanifesto.info/atene-non-e-sola/
      Ho fatto i conti a spanne. Se l’Italia ha un credito di 40 miliardi nei confronti della Grecia vuol dire all’incirca che ognuno di noi dovrebbe avere indietro 666 euro. Se Tsipras mi promette una serata con il suo ministro delle finanze, io rinuncio molto volentieri al credito. Ahahahahah

      1. In realtà rinuncio molto volentieri anche senza la serata con Varoufakis (sigh). Perchè solo provare a recuperare quei 666 euro mi costerebbe molto di più. Ammesso e assolutamente non concesso che si possano recuperare.
        Poi il governo greco potrebbe fare un’altra cosa: trasformare il mio credito in un buono per le vacanze.

      2. uscire a cena con varoufakis è pericoloso.
        rischi che arrivino quelli di alba dorata a sfrattarti dal locale
        e non credo che la moglie sarebbe contenta di averti in casa…..

        1. ma sarebbe per il bene della Grecia (sic), la moglie non potrebbe dire niente.
          Quanto ad Alba dorata…chi ha parlato di uscire a cena? Io ho detto…una serata…

  1. e intanto penso, se le opposizioni avessero presentato un solo emendamento, uno solo, riguardante il preside sceriffo (che è poi il punto focale su cui ruota tutta la riforma)

    non sarebbe cambiato nulla, certo, non mi illudo.
    ma sarebbe stato meglio

      1. forse. ma come tattici questi son peggio della Banda Bassotti.
        Era talmente chiaro che avrebbero lasciato a Renzi il ruolo di salvatore dei precari, agendo n questo modo….
        Intanto si parla di assunzioni quando sono stabilizzazioni, non un posto in più. con la costituzione degli albi territoriali è possibile ce ne sia qulcun di meno, semmai.
        Ieri un piddino cretino (si chiama Gelli, non a caso) concionava dicendo che questa è la prima riforma della scuola dopo decenni: ne dimentica qualcuna, Gelmini compresa.

    1. in realtà, più cheil preside sceriffo è stato introdotto un comitato di valutazione arzigogolato copiato in parte dai paesi di cultura anglosassone, inglese ad esempio, nei quali i genitori (e anche altri, a volte gli enti locali) concorrono alla valutazione dei docenti. Vi lascio immgianre il casino, già adesso nei consigli di istituto i rappresentanti dei genitori si occupano anzitutto dei problemi del loro cocco.
      Inoltre, qualcosa di simile c’era già negli istitui sperimentali: il comitato scientifico tecnico, formato da dirigente, due docenti, un genitore, un rappresentante dell’ufficio scolastico e almeno un esperto esterno…Non si occupava di valutazioni e distribuzioni premiali, per fortuna, dato che queste erano riservate ala contrattazione integrativa, con Rappresentanza Sindacale unitaria che quantomeno rispondeva a chi li aveva eletti nella propria scuola (docenti e ATA).
      Insomma: ci si ccorgerà presto di aver partorito un topolino dannoso, oltretutto, confuso e ingestibile. Come tutte le altre riforme dopo quella della media unica

  2. lentamente le cose assumono i contorni che credevamo, e anche il lavoro degli spalloni rizzo & stella si rivela per quello che doveva essere dall’inizio:

    La cena di Arcore, martedì sera, tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini (presente anche Licia Ronzulli), ha avuto un risvolto romano. Nel quadro delle alleanze, presenti e future, il leader di Forza Italia ha esposto a quello leghista il suo piano per Roma: «Il nostro candidato – gli ha detto – è Alfio Marchini».

  3. i lavoratori devono avere il pane, ma anche l’olio di palma

    ps: l’olio d’oliva sarebbe meglio, ma temo che il danno ecologico per rifornire di olio d’oliva l’umanità intera sarebbe ancora più grande

  4. Fassina chi?

    Fassina: «Ci siamo illusi, il vero Pd è Renzi»

    Democrack/ Intervista. L’ex viceministro lascia il suo partito: sulla scuola abbiamo rotto con i nostri. Tutto sbagliato dal Lingotto. Matteo non è un usurpatore, è il miglior interprete del partito delle origini. L’era Bersani? Un’anomalia, eravamo già minor. Esce anche la deputata romana Gregori. Il 4 lugliuo assemblea con Civati e Cofferatinza

    Daniela Preziosi

    EDIZIONE DEL25.06.2015

    Ono­re­vole Fas­sina, ha deciso: lascerà il Pd. Il ddl scuola è stata la goc­cia che ha fatto tra­boc­care il vaso?

    La mon­ta­gna d’acqua direi. La scuola è il luogo dove la Costi­tu­zione vive ogni giorno. Dopo un movi­mento così ampio, dopo un voto che ha san­cito senza più dubbi la rot­tura del Pd con un pezzo del nostro mondo, la chiu­sura bru­tale con la fidu­cia vuol dire che quello del Pd è un posi­zio­na­mento irreversibile.

    Renzi dice: inve­sto molti soldi, assumo 100mila inse­gnanti. È solo propaganda?

    Abba­stanza. Una parte di quelle assun­zioni sono dovute al turn over. E comun­que non è un mer­cato, non si barat­tano le assun­zioni o la for­ma­zione ai docenti con un modello che mina la libertà di inse­gna­mento e lascia a casa migliaia di pre­cari. La dignità delle per­sone e la scuola pub­blica non pos­sono essere oggetto di scambio.

    Per il suo addio al Pd lei ha scelto il Pd di Capa­nelle, peri­fe­ria sud-est di Roma, un cir­colo ’buono’ e tut­ta­via una loca­tion che ha susci­tato molta iro­nia in rete. Perché?

    Per­ché lì ci sono gli uomini e le donne che mi hanno man­dato in par­la­mento, che mi hanno scelto alle pri­ma­rie per i par­la­men­tari (fu il più votato a Roma con 11.800 voti, ndr), lì ci sono gli inte­ressi che voglio con­ti­nuare a rap­pre­sen­tare e le per­sone rispetto alle quali mi sento responsabile.

    Con Renzi non vi siete mai presi da quel ’Fas­sina chi’ per cui si dimise da vice­mi­ni­stro. Era una sto­ria già segnata dall’inizio?

    No, la scelta è stata segnata dalla svolta libe­ri­sta sul lavoro, da quella ple­bi­sci­ta­ria sulla demo­cra­zia, e ora da quella regres­siva sulla scuola.

    Il pre­si­dente Orfini dice che con Napo­li­tano avete preso l’impegno per una legi­sla­tura costi­tuente con la destra, per que­sto lei è diven­tato vice­mi­ni­stro di un governo con Ber­lu­sconi, non pro­messo in cam­pa­gna elettorale.

    Un governo in cui non abbiamo can­cel­lato l’articolo 18 né attuato il modello di scuola azienda. Dicia­moci le cose cose stanno: la svolta libe­ri­sta sul lavoro e sulla scuola non sono state impo­ste da Alfano: sono scelte volute dal Pd.

    Fuori dal Pd la segue solo la col­lega Gre­gori. Altri arri­ve­ranno poi?

    Vedremo. Anche altri oggi pen­sano che il Pd si è ripo­si­zio­nato, che ha dei limiti di fondo, che Renzi non è un intruso o un usur­pa­tore ma la sua migliore guida. Renzi non ha dirot­tato un auto­bus che andava nella dire­zione giu­sta: è l’interprete più abile della subal­ter­nità cul­tu­rale e poli­tica della sini­stra ita­liana, sia di matrice comu­ni­sta sia cat­to­lica, negli ultimi tre decenni. Una subal­ter­nità subli­mata nella carta d’identità del Pd: un non-partito, rego­lato dalla demo­cra­zia ple­bi­sci­ta­ria dello sta­tuto e segnato nei cro­mo­somi dall’europeismo libe­ri­sta del Lin­gotto. Renzi non è una paren­tesi alla quale opporre resi­stenza interna per ricon­qui­stare il Pd delle ori­gini. Renzi è l’essenza del Pd. Ma chi ci cono­sce lo sa: veniamo da una sto­ria che rende le sepa­ra­zioni molto dolo­rose anche sul piano per­so­nale. Ho rispetto per chi non se la sen­tirà di uscire.

    Lei è stato un pro­ta­go­ni­sta della sta­gione di Ber­sani: era in segre­te­ria, era il respon­sa­bile eco­no­mico. Ora dice che Renzi non è un usur­pa­tore ma il miglior inter­prete del Pd. Vuol dire che lei ha sba­gliato par­tito sin dall’inizio?

    Ci siamo illusi che un’interpretazione del Pd, che pure c’era fin dalla nascita, quella di Rei­chlin e di Scop­pola, potesse essere domi­nante. Abbiamo sba­gliato. È stata la segre­te­ria Ber­sani ad essere un’anomalia, tant’è che non è riu­scita a rag­giun­gere gli obiet­tivi che si era pre­fissa per­ché la cul­tura poli­tica pre­va­lente nel Pd aveva un segno diverso.

    Ne ha par­lato con Bersani?

    Sì. Con­di­vide molti punti di ana­lisi, ma resta con­vinto che sia ancora pos­si­bile recu­pe­rare il Pd.

    Uno dei fon­da­men­tali della cul­tura dem è il credo nell’euro. Ora lei chiede dav­vero di uscire dall’euro?

    No. Chiedo di guar­dare in fac­cia alla realtà. L’euro è inso­ste­ni­bile, lo dico da quando ero vice­mi­ni­stro del governo Letta: la rotta mer­can­ti­li­sta impo­sta dalla Ger­ma­nia all’euro-zona porta al nau­fra­gio. Le con­di­zioni per una cor­re­zione radi­cale oggi non ci sono, come dimo­stra la vicenda greca. Accon­ten­tarsi, come fa l’Italia di Renzi, di qual­che decimo di punto per­cen­tuale in più di defi­cit, vuol dire lasciare campo alle destre nazio­na­li­ste. Guar­diamo in fac­cia la realtà: nell’euro-zona non c’è alter­na­tiva alla sva­lu­ta­zione del lavoro, al rat­trap­pi­mento delle classi medie, al col­lasso della par­te­ci­pa­zione democratica.

    L’Europa che non le piace non è quella che in fondo sta pro­vando a fare di tutto pur di sal­vare la Grecia?

    Ma non è vero. Intanto chia­miamo le cose con il loro nome: la Ger­ma­nia, con i governi dell’eurozona al seguito, ha fatto di tutto per sal­vare l’interesse nazio­nale tede­sco e quello dei grandi cre­di­tori, delle grandi ban­che tede­sche e fran­cesi innan­zi­tutto. Hanno con­tra­stato in tutti i modi l’espressione demo­cra­tica del popolo greco. E sono arri­vati a una solu­zione che in realtà è solo un rin­vio: per­ché il debito greco va ristrut­tu­rato e per­ché le misure appro­vate, per quanto ridi­men­sio­nate dalla resi­stenza di Tsi­pras, sono reces­sive. E ci por­te­ranno in pochi mesi di nuovo allo stesso bivio.

    Insomma la vostra nuova forza poli­tica non starà nella fami­glia socia­li­sta ma nella sini­stra euro­pea di Tsipras?

    Ci fac­cia prima arri­vare a Bruxelles.

    A pro­po­sito, Tsi­pras è alle prese con il dis­senso interno di Syriza: anche lui ha i suoi Fas­sina con­tro cui met­terà la fiducia?

    Mi iden­ti­fico in Tsi­pras, non nei suoi oppo­si­tori interni.

    Il 4 luglio a Roma lei farà un’assemblea con altri ex demo­cra­tici. Con Civati e Pasto­rino darete vita a un nuovo gruppo parlamentare?

    Dob­biamo fare una cosa seria. Par­tire dai ter­ri­tori, dare pro­ta­go­ni­smo a chi sta nei ter­ri­tori. Innan­zi­tutto, dob­biamo con­di­vi­dere un’analisi, altri­menti si ali­menta l’illusione che basta una scis­sione dal Pd e la riag­gre­ga­zione di ceto poli­tico spiag­giato per «fare l’alternativa». Oppure, risuc­chiati dall’anti-politica, si rischia di dare cre­dito alla favola dell’autosufficienza poli­tica della «coa­li­zione sociale». La ricom­po­si­zione dei gruppi par­la­men­tari, gra­zie anche alla gene­rosa dispo­ni­bi­lità di Sel, se sarà, dovrà essere un punto di arrivo.

    C’è una road map per que­sta nuova cosa di sinistra?

    No, e se ci fosse vor­rebbe dire che non fac­ciamo sul serio il lavoro di radi­ca­mento ter­ri­to­riale, di rac­colta di domande, com­pe­tenze e pas­sioni. C’è un enorme lavoro da fare. Mi sento molto in sin­to­nia con Ser­gio Cof­fe­rati quando indica come prio­ri­ta­rio il ter­reno della cul­tura poli­tica. Dob­biamo affron­tare due sfide enormi: da un lato viviamo dolo­ro­sa­mente la crisi della fami­glia socia­li­sta euro­pea, dalla Gre­cia all’immigrazione gli esempi non potreb­bero esser più ecla­tanti. Dall’altra dob­biamo misu­rarci con quelle sfide che anche nell’ultima encli­clica Papa Fran­ce­sco ripro­pone. E che hanno al cuore lo schiac­cia­mento della per­sona nel capi­ta­li­smo finan­zia­rio nel quale siamo immersi.

    Con l’Italicum, in un bal­lot­tag­gio fra Renzi e Grillo, oggi chi voterebbe?

    Punto ad arri­vare ad un bal­lot­tag­gio in cui ci sia la sini­stra come protagonista.

  5. Il contropelo di Massimo Rocca

    Size matter

    I giudici della Consulta avrebbero dovuto essere eroi come quel pugno di professori universitari che non si iscrissero al partito fascista, perdendo così la loro cattedra, per dichiarare retroattiva la illegittimità del provvedimento di blocco degli stipendi della pubblica amministrazione. Dopo quella sulle pensioni erano stati sottoposti da governo e grande stampa ad uno stalking continuato fino a ieri,e i nostri giudici non sono nominati a vita come quelli americani. Quindi già aver demolito anche il secondo grande pilastro dell’austerità italiana è un atto politicamente dirompente. Che testimonia, illumina, scolpisce nel marmo il fatto che i diritti costituzionali sono stati ignorati e stravolti dai governi che si sono succeduti sotto l’ala protettiva di Giorgio Napolitano. E che solo l’improvvida elevazione a rango costituzionale della norma sul pareggio di bilancio ottenuta sulla pavida resa dei Bersani di turno e su istigazione dei tecnocrati di Francoforte sta tra voi e la restituzione di quei quasi 50 miliardi che vi sono stati rubati dallo stato, tra stipendi e pensioni. Ma voi continuate pure a parlare degli zingari che vi fregano dieci euro dal portafoglio.

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