Riprendiamoci la sovranità!

segnalato da Barbara G.

Roma, 27 novembre: “Riprendiamoci la sovranità!” dibattito con Di Battista, Rodotà e Flores d’Arcais

È compatibile la democrazia con quest’Europa? E se fosse in crisi perché da decenni manca un partito dell’eguaglianza? Un confronto su quest’Europa senza bussola, ma anche sull’opposizione al renzismo e la necessità di ripartire dal giustizialismo e la difesa del welfare per una redistribuzione delle ricchezze e una rivoluzione all’insegna della legalità.

Come scrive nell’editoriale del nuovo numero di MicroMega Paolo Flores d’Arcais, “la vera antipolitica sono gli espropriatori di democrazia della gilda dei politici di professione ormai inestricabilmente impastati con i privilegiati della finanza, del management, della corruzione, cornucopia di impunità anche per la criminalità organizzata. È necessario ripartire dal realismo dei valori contro il realismo degli apparati, della coerenza anti-Casta e anti-privilegio contro la sudditanza all’establishment, dell’intransigenza morale e programmatica contro le sirene della mediazione: senza contrapposizione frontale un nuovo partito dell’eguaglianza non capitalizza credibilità”.

166 comments

  1. Riprendo l’ultimo commento di Heiner e rilancio una domanda che io stessa ho posto ieri ai Possibilisti:

    E’ vero che Civati sosterrà a Roma il radicale Magi? E se sì, voi tesserati, la base, siete stati consultati per dire la vostra, oppure è una decisione calata dall’alto?

    1. vabbè…ma tu pretendi troppo. . 🙂 si sono formati ieri come partito…

      se fosse per me, però, visto che si sono appunto già formati, indubbiamente farei discutere i circoli romani o almeno, se non ci sono i tempi, chiedere un eventuale assenso
      (la legge di heiner prevede che le periferie dovrebbero organizzarsi da sole)

      1. Direi di no. Possibile come associazione esiste da un pezzo, fra l’altro: si è solo convertita, se non ho capito male il discorso di ieri, e ha quindi accolto altre persone.
        Siccome è un bombardamento continuo di mail di tutti i tipi da parte di Possibile, non dico tanto, ma una mail su questo ci stava bene.

        1. Da un pezzo tipo maggio (più o meno)? Prima c’era solo un’entità non ben definita che seguiva solo temi generali.
          Li hanno fatto una gran cazzata, dovevano approfittarne x consolidarsi a livello locale.

          1. > Da un pezzo…
            Dovrei controllare da quando è cominciato il bombardamento mail, ma forse ho cestinato un po’ di roba. C’è anche il sacro blog: postare qualcosa per informare delle mosse su Roma sarebbe comunque stato meglio che leggerlo direttamente sui giornali.
            Sempre che sia vero (l’ho puntualizzato e richiesto più volte).

              1. Giorni fa c’erano *possibilisti tesserati* incazzati neri per essere stati ‘scavalcati’ sulla questione.
                A me pareva strano, perché le premesse di Possibile sarebbero altre. Poi, siccome a Roma non si vota domani (anzi: chissà quando), la fuga in avanti con un endorsement del genere mi sembrava un tantino prematura, proprio perché ci sarebbe il tempo di consultare tutti e 5000, e anche chi si iscriverà entro il 10 gennaio.
                Da qui la richiesta: ma è vera la storia del radicale Magi?

                1. comunque ho trovato questo sul manifesto:

                  Per i civatiani l’idea Magi per ora resta, appunto, giusto un’idea. «Magi è bravissimo, è uno che studia le questioni e sa poi anche praticarle sul campo, come ha fatto sulle spiagge di Ostia o sui campi rom», spiega il romano Luigi Corvo. «Noi però sceglieremo un nome con un nuovo approccio: metteremo insieme cento persone con competenze ed esperienze su Roma e raccoglieremo le loro idee». Senza dimenticare Marino: «Ci interessa molto la discontinuità della sua giunta verso le pratiche tradizionali per esempio su rifiuti e urbanistica». Ma in conclusione «ad oggi non abbiamo candidato nessuno. Quando sarà lo decideremo insieme: non Civati da solo».

                  http://ilmanifesto.info/civati-e-il-radicale-magi-possibile-per-roma/

                  1. Certo, però, che un eventuale appoggio a Marino *ancora PD* creerebbe qualche problema di coerenza con quanto affermato finora.

                    1. in quel caso non ho dubbi che lo cercano per farlo uscire.
                      ormai la linea ‘possibile’ è segnata: senza pd.

                    2. Fra i suddetti possibilisti tesserati verdi di bile (a quanto pare inutilmente), qualcuno ha detto: ‘Perché mai non appoggiare Marino, anche se rimane nel PD?’.

                      Più di qualcuno ha le idee confuse…

                    3. per possibile sarebbe un colpaccio, anche se con rischi forti di andare a sbattere (la domanda è: quanta parte di roma è veramente a favore di marino, oggi?)

    2. certo che gli ha consultati
      ha chiamato direttamente elly, rob, mario, barbara,…..
      poi ha esaurito i numeri in rubrica e hanno deciso…… 😉

      (mo’ si incazzano….)

      1. Considerata la rilevanza di Roma… e il principio -ultrasbandierato- di partire dal basso…
        Comunque volevo solo capire come funziona: evidentemente in modo diverso da quel che credevo io.

  2. L’alzata di scudi da “riflesso pavloviano”, “indignazione automatica” con stracciamento di vesti alle frasi di Poletti su laureati e orario di lavoro, indica la scarsissima agilità mentale e l’indisponibilità ad affrontare i problemi per quelli che sono (reali) della sinistra conservatrice.

    Prendere atto che in Italia si entra tardi nel mondo del lavoro rispetto agli altri europei (la cosa più disarmante che ho letto: “ci vogliono ignoranti”) e che il ridisegno del mondo del lavoro che si sta gradualmente portando avanti verso là flessibilità con progressivo spostamento delle garanzie sull’individuo, possa prevedere ANCHE forme di partecipazione ai risultati comporterebbe lo sforzo di affrontare una discussione che metta in discussione (appunto) le liturgie ma soprattutto le rendite di posizione consolidate.

    Meglio lasciare tutto come sta, la procedura standard.
    Che tristezza la sinistra che diventa conservatrice….

    P.s. Imho

    1. il tuo ragionamento potrebbe anche filare, se tu non tacessi alcune cose abbastanza importanti:
      1. l’ingresso tardivo dei giovani nel mondo del lavoro non è dato da una più lunga permanenza in università degli stessi (tra l’altro è significativo il calo delle iscrizioni e dei laureati), ma da politiche contrastanti, che io definisco idiote, che porta chi già lavora a uscire dal mercato sempre più tardi
      2. si tende a un livellamento dei lavori, come se fossero tutti uguali
      3. lo sbilanciamento del potere contrattuale negli ultimi 20 anni va sempre più a favore del datore (in particolare di quello “grande”)
      4. quelle tutele che tu vedi spostarsi versi i singoli individui sono sempre più flebili e inconsistenti, e tendono più a precarizzare le masse di lavoratori che non a stabilizzarle
      5. le riforme sul lavoro, dal punto di vista della creazione di nuovi posti e quindi di vera crescita, parlano del nulla, in quanto non esiste una vera politica industriale che i posti di lavoro li crei
      6. quello che tu definisci conservatore andrebbe specificato meglio, dal momento che sul tavolo ci sono delle proposte che vorrebbero discutere dei colli di bottiglia che rendono immobile il mercato del lavoro, vedi la possibilità di ridiscutere i contratti collettivi su base annua e sull’andamento dei settori di riferimento, piuttosto che una legge sulla rappresentatività sindacale, che questo governo sembra non voler ascoletare, limitandosi ad accusare gli altri di non voler discutere

      in sintesi, le riforme sul lavoro sono di carattere organizzativo, più che di carattere strutturale, e quindi poco incisive in termini di sviluppo, che spesso vanno, quelle si, a favorire i soliti noti. una cosa all’italiana, come sempre

        1. certo che è quello il punto cruciale!
          se tu non hai visione d’insieme di ciò che deve essere sviluppo, come raggiungerlo, come gestirlo, ti riempi la boccadi parole vuote, vedi la buttade di poletti, e di esercizi di stile (a favore dei soliti), vedi il j.a.

          1. sì, ma per me vale per tutti, anche per il sindacato e/o la sinistra. cosa fai? dove e come investi? cosa significa politica industriale? cosa puoi fare se non dare le basi e le infrastrutture perché si sviluppi l’industria? cosa finanzi? cosa devi finanziare? ecc. ecc.

            1. e cosa è la politica industriale se non la capacità di un governo di individuare campi e settori su cui investire, intavolare una discussione con le parti sociali, intervenire per creare lo scenario (umano e infrastrutturale) in cui poi quelle politiche si sviluppano?
              ma questa capacità manca, da decenni

              1. non so.
                in generale questa opzione si è tradotta in italia nel finanziare la cassa integrazione alla fiat (scusa la sintesi banalizzante, ma in parte è vero)

                ma comunque non riesco a vedere come il governo dovrebbe indirizzare la politica industriale praticamente, se non agendo all'”esterno”, ovvero sulla formazione e sulle condizioni infrastrutturali

                1. cazzo heiner? stiamo dicendo la stessa cosa!
                  certo che il governo deve favorire lo sviluppo, per tutto il suo popolo, e non solo per una parte, agendo nei settori che il privato a. non può affrontare; b. non deve affrontare perché non deve detenere.
                  e un governo, proprio perché ha poteri di guida, dovrebbe avere la capacità di leggere e vedere quali sono i settori in cui indirizzare i propri sforzi!

                  1. il governo – non solo il nostro – si è venduto i poteri di guida per un piatto di minestra.
                    Fuori di metafora: cosa pensi che farebbero i famosi “mercati” se un governo decidesse che il salario deve essere decente? Davanti a una legge così sparerebbero ad alzo zero sul nostro debito e quindi i governi si guardano bene dal farlo.

                    1. laura, non so dove vuoi arrivare, perché mi sto perdendo, lo ammetto. ma ti garantisco che non c’è bisogno che mi ricordi cosa è accaduto in grecia.
                      forse non si è capito, da quanto ho scritto, che sto ragionando su “cosa e come dovrebbe (vorrei) essere” e cosa invece è

      1. …in sintesi le riforme sul lavoro sono di carattere organizzativo, più che di carattere strutturale, e quindi poco incisive in termini di sviluppo, che spesso vanno, quelle sì, a favorire i soliti noti. una cosa all’italiana…

        no gius, non è solo una cosa all’italiana.
        Si tratta del meccanismo mondiale per cui i governi non decidono più le politiche strutturali, di fatto in mano ormai solo al grande capitale. Ai governi viene lasciato solo il compito di sgombrare la strada da fastidiose questioni di decenza del lavoro e del salario. Per tutto il resto c’è, letteralmente, mastercard.

        1. sicuramente il grande capitale ovunque lavora per indirizzare le politiche dei governi a proprio favore. da sempre. ma il caso italiano è a se stante: da anni i nostri governi riescono a scontentare tutti, lavoratori e industriali. o pensi che la luna di miele tra confindustria e renzi vada oltre il j.a.?

            1. laura, ci ritorno: l’atteggiamento del grande capitale non è cambiato di una virgola dalla rivoluzione industriale a oggi. e poco sul quel campo è mancato l’atteggiamento della politica che lo segue e si adegua (esempio: guerre nate per l’interesse del capitale, ne son pieni i libri di storia, azioni dei governi per mettere a tacere popoli che non volevano chinare la testa al capitale idem).
              è l’atteggiamento nostro che è cambiato. e in cambio di qualche ghianda chiniamo la testa, togliendo anche il problema ai governi di rimetterci in riga

              1. no, gius, anche il grande capitale è cambiato.
                Passando da “entro in trattativa con un governo per sostenere i miei interessi” a “il governo sono io”. E questo è il primo elemento.
                Per quanto riguarda il nostro atteggiamento, abbiamo introiettato senza rendercene conto lo schema. Quindi siamo i primi – generalmente parlando – a ragionare sempre e solo in termini di mercato e di “quanto costa e quanto rende”.

                1. a dire il vero pensavo che, anche in passato, quando le grandi famiglie capitaliste (dagli usa alla germania, passando all’inghilterra) lanciavano i loro in politica e li mettevano al governo, fosse proprio per dire “il governo sono io”. probabilmente avevo l’impressione sbagliata.
                  quanto ad aver introiettato lo schema del quanto costa e quanto rende, diciamo che ci fa comodo. è più semplice ragionare così, soprattutto se le cose ti vanno bene. ognuno coltiva il proprio egoismo: a me a fruttato e sto bene, se a qualcuno è andata male, cazzi suoi.
                  il thatcherismo quello diceva, esistono solo individui, uomini e donne, e famiglie. la società non esiste.
                  è più semplice ragionare secondo questo schema. esclude tutta una serie di complessità che ragionare in termini di società impone. compreso dover a volte rinunciare a ciò che costa meno e rende di più, a scapito degli altri

                  1. Le grandi famiglie mandavano i “loro” in politica, ma restavano comunque solo degli “influencer” in mezzo ad altri che non aderivano al loro schema mentale e sapevano e volevano proporre valori e priorità differenti.
                    Ormai invece noi, tutti, “pensiamo” con lo stesso schema del grande capitale. Per questo è così difficile contrastare la “versione di Rotschild”.

                    1. non colgo, sicuramente per miei limiti, la differenza, tra i vecchi “influencer” che poi dirigevano le decisioni, e quelli di oggi.

                    2. “La vera differenza siamo noi e il modo in cui pensiamo”

                      “è l’atteggiamento nostro che è cambiato. e in cambio di qualche ghianda chiniamo la testa, togliendo anche il problema ai governi di rimetterci in riga” (dal mio commento delle 10.53)

                      “quanto ad aver introiettato lo schema del quanto costa e quanto rende, diciamo che ci fa comodo. è più semplice ragionare così, soprattutto se le cose ti vanno bene. ognuno coltiva il proprio egoismo: a me a fruttato e sto bene, se a qualcuno è andata male, cazzi suoi.
                      il thatcherismo quello diceva, esistono solo individui, uomini e donne, e famiglie. la società non esiste.
                      è più semplice ragionare secondo questo schema. esclude tutta una serie di complessità che ragionare in termini di società impone. compreso dover a volte rinunciare a ciò che costa meno e rende di più, a scapito degli altri” (dal mio commento delle 11.05)

                    3. stiamo dicendo cose molto simili. Però quello che volevo sottolineare è che non capiamo fino in fondo quanto profondamente ci siamo adeguati alle esigenze del capitale.
                      Quando accettiamo che studiare sia SOLO un problema di competitività, individuale e dell’intero paese, stiamo applicando lo schema.
                      Quando accettiamo che il livello dei salari debba corrispondere al parametro della competitività, stiamo applicando lo schema.
                      E se non combattiamo a questo livello, portando alla luce questo schema e cercando di farne saltare i cardini – che ormai stanno dentro le persone e non solo fuori – non andremo da nessuna parte.

                    4. “la competitività: queste riforme, proprio per la mancanza di politiche industriali, trasforma la competitività in competizione al ribasso (prendo ciò che costa meno), con conseguente abbassamento dei livelli di formazione, ai quali, sempre politiche governative, con inevitabile riflesso sul mondo dell’istruzione” (dal mio commento in risposta a marco delle 10.49)

                      “2. si tende a un livellamento dei lavori, come se fossero tutti uguali
                      3. lo sbilanciamento del potere contrattuale negli ultimi 20 anni va sempre più a favore del datore (in particolare di quello “grande”)
                      4. quelle tutele che tu vedi spostarsi versi i singoli individui sono sempre più flebili e inconsistenti, e tendono più a precarizzare le masse di lavoratori che non a stabilizzarle” (dal mio commento delle 10.19, sempre in risposta a marco)

                    5. il problema, lame, è che tu proponi una rivolta individuale.
                      se fosse per me ci sto.
                      io sono uno di quelli citati come esempio negativo da poletti, quindi figurati cosa mi frega della competitività.
                      è che poi bisogna chiarirci.
                      cosa vogliamo? vedo messaggi molto contraddittori. ad esempio i salari: se non vuoi i salari legati alla competitività dovrai metterti in animo di accettare salari bassi (vedi esempi nelle ex repubbliche socialiste)

                      il percorso che tu indichi implica la rinuncia. che nessuno (o quasi) vuole. per questo parlo di scelta individuale (e da questo punto di vista più fattibile nei paesi ricchi che in quelli poveri: la decrescita può essere felice sono così).

                    6. Vedo, ipersemplificando (al solito), un altro aspetto. Alla nascita e per parecchio tempo il capitalismo ha mostrato il suo volto tirannico. Poi c’è stata la fase post seconda guerra mondiale in cui, essendo alta la richiesta di manodopera ed elevati i profitti, il capitalismo ha potuto mostrare un volto da “re buono”: ha consentito la nascita di una classe media con un tenore di vita lontano anni luci da quello precedente. Il che, credo, ha diffuso la convinzione nella classe lavoratrice in generale, salvo i soliti cocciuti, che a fare i bravi c’era tutto da guadagnare perché, appunto, il re era buono, il sistema era giusto.
                      Poi le cose sono cambiate e il re si è reso conto che non aveva senso trattar bene i propri sudditi quando poteva spaziare su, quasi, tutto il pianeta a sfruttare nuovi schiavi.
                      E noi siamo oggi qui a non capire come mai la monarchia resti monarchia e che la sua benevolenza sia solo transitoria e geograficamente delimitata.
                      Vogliamo il ritorno del re buono. Non la repubblica. (Salvo i soliti cocciuti).

                    7. @ heiener (perchè non so dove va a finire il thread)

                      No heiner, io non sto predicando la salvezza dell’anima individuale.
                      Esattamente il contrario.
                      Penso che ci serva una ri-valutazione del pensare in collettivo. Dell’agire come soggetti collettivi. Il discorso sui beni comuni, da questo punto di vista, è stato l’ultimo tentativo, maldestro e minato nella credibilità dai nostri vizi italici, di mantere il “collettivo” dentro il discorso politico nazionale.
                      Seconda questione: tu dici che se non vogliamo salari legati alla competitività, dobbiamo accettare salari molto bassi.
                      esattamente il contrario. So che parlo di “dover essere” e che potrebbe sembrare utopico in questo momento, ma la questione è rendere il salario la “variabile indipendente” (ricorda niente?). Esiste un minimo oltre il quale viene svilita la vita umana. Bisogna stabilire concretamente qual’è quel limite e poi piantarlo per terra, come un paletto nel cuore di un vampiro, e decidere che quello è il punto su cui fare leva.
                      Attualmente il paletto attorno a cui tutto gira sono le esigenze dei mercati finanziari.
                      E questa è una scelta politica.

      2. La mia era contro la netta chiusura pregiudiziale sui temi e conseguente sequela di contumelie a Poletti.

        Tu sollevi dei punti di discussione (alcuni condivisibili, altri no, altri boh),
        Mi pare un atteggiamento diverso da chi nega il problema e la possibilità di affrontarlo.

        Le tabelle su fuoricorso, numero di laureati e età media del conseguimento della laurea parlano chiaro (sorvolando sulla qualità della formazione).
        Questo rappresenta un problema di competitività (sì, parola che risulta indigesta ma tant’è) rispetto ai coetanei europei
        Negarlo non serve a nessuno.

        1. enuncia i punti che trovi condivisibili e quelli boh, altrimenti mi vien difficile capire e rispondere.
          però su due cose posso comunque farlo
          la chiusura: come definisci il rifiuto a discutere di qualsiasi cosa di questo governo (ripropongo l’esempio più significativo della contrattazione su base annua e l’adeguamento dei contratti sull’andamento dei veri settori di riferimento)?
          la competitività: queste riforme, proprio per la mancanza di politiche industriali, trasforma la competitività in competizione al ribasso (prendo ciò che costa meno), con conseguente abbassamento dei livelli di formazione, ai quali, sempre politiche governative, con inevitabile riflesso sul mondo dell’istruzione
          e per quanto riguarda il confronto con l’europa, come spieghi il fatto che i tantissimi giovani e meno giovani, che hanno vissuto e lavorato in italia, all’estero, a diretto contatto con i coetanei europei, vedono aumentare le proprie possibilità di crescita?

          1. es: sono d’accordo che in Italia è totalmente mancata una “politica industriale”, ma per me questa significa individuare un paio di settori e incentivarli per (provare a) farli diventare trainanti. Di certo nulla a che fare con le partecipazioni statali che riserverei ai soli settori strategici.
            (A parte che con la favoletta sbagliata di “piccolo è bello” l’industria ce la siamo giocata).

            Il problema è che scelte di questo tipo si scontrano con le logiche sindacali della conservazione del posto di lavoro sempre e comunque, anche in settori non competitivi o palesemente destinati a soccombere, l’indisponibilità alla flessibilità, ecc ecc. (Facile immaginare gli esiti di una concertazione sulla scelta di un settore rispetto a un altro dove investire risorse..)

            P.s. Come ho scritto altre volte, non essendo un tecnico (e nemmeno un tuttologo) non entro sul tecnico o sul troppo specifico

            1. marco, hai mai sentito parlare di ricollocazione e responsabilità imprenditoriale?
              non bisogna essere un tecnico per questo.
              le (non) politiche di questi anni tendono tutte a deresponsabilizzare l’impresa (“se va bene sono soldi miei. ma se va male cazzi vostri”), a scapito della collettività, in termini di occupazione, reddito, sviluppo, ambiente, ecc.
              sul piccolo è belle, non ricordo più quante volte ho scritto che è una cazzata, perché quel “piccolo e bello” (eccezion fatta per alcuni settori di nicchia del lusso e dell’agroalimentare) che in italia, ad esempio, in passato ha avuto successo (e penso all’automazione, alla meccanica, l’impiantistica, i macchinari, per citarne alcune) ha potuto svilupparsi solo perché “indotto” e “richiesta” di grandi industrie

        2. marco, la visione di poletti (che come ho già scritto è vecchia di millanni) è invece miopissima.

          perché tanto più oggi (tanto più oggi) ti salvi con la cosiddetta eccellenza e non con la massa media. poletti sta recitando il mantra del nostro boom economico, della nostra manifattura a poco prezzo, che sta oggi franando.

          quindi, il punto, casomai, è che serve proprio il 110 e lode, e non regalato, ma meritato.

          e per arrivare a questo non si lanciano battute da bar (che appunto, tra l’altro, sono anche inattuali), ma si propongono misure per
          – rilanciare una migliore diversificazione scolastica e universitaria
          – rilanciare opzioni per mediare formazione e lavoro a diversi livelli

            1. Guarda che non sei aggiornato. Oggi i ragazzetti pianificano tutto per arrivare alla laurea in tempi perfetti. Poletti dice stronzate (termine tecnico).
              P.s. Ho sentito risuonare le parole di Poletti, perchè qualche giorno fa mia nipote mi ha detto: “sai è meglio se mi laureo a dicembre con 100 che laurearmi l’anno prossimo con 110”. Che se la sia pensata da sola? O invece c’è un input (magari ministeriale, tipo circolare mandata ai rettori) che poi “passa” naturalmente dai docenti agli studenti?

              1. non cercare sempre i complotti. come ho già scritto, si tratta di una verità di pulcinella che si tramanda da generazioni.
                per un periodo ce ne siamo fregati (post ’68) e poi c’è stato il ritorno all’ordine, come al solito

                1. in questo caso non penso al complotto. Assolutamente. Semplicemente i messaggi passano attraverso canali. E quello che parte dal ministero e attraverso i docenti arriva agli studenti mi pare ovvio. Soprattutto in tempi in cui pochi docenti pensano fuori dal coro.

                1. no, ma a parte tutto, marco… pensi davvero che laurearsi prima fa migliorare… che cosa?
                  chi ci riesce può magari strappare un lavoretto decente a medio termine, ma poi…
                  forse le aziende cercano laureati di 21 anni purchessia?
                  se questo fosse il problema, ci vuol poco. ma temo che la questione riguardi (e ripeto):

                  – formazione più diversificata, soprattutto alle superiori, rivalutazione degli istituti tecnici e professionali, modifica del rapporto tra lavoro e scuole/università

                  attenzione però a non farsi illusioni: la cosiddetta alternanza scuola lavoro in germania funziona perché è sorretta da un sistema completamente diverso.
                  gli stage nelle aziende locali in italia già si fanno, e tutt’al più servono a far capire agli studenti quanto siano malridotte (truffaldine, abborracciate, ecc.) le PMI italiane… (con qualche eccezione che conferma la regola)

    2. Ci sono espressioni rivelatrici di una visione. A suo tempo furono i “bamboccioni” o gli “sfigati”. Oggi sono i “rosiconi” e “gufi” e ora la nuova categoria dei “110 tardivi”.
      La schiettezza è sempre preferibile all’ipocrisia.
      Apprezzo più chi mi sputa in faccia rispetto a chi cerca di fottermi alle spalle.
      Ciò non toglie che, possibilmente a entrambi, gli risputo. Minimo.
      Sarà pure un “riflesso pavloviano”.

      E ci sarebbero un po’ di cose da dire, tipo che, sì, ha ragione Poletti: inutile affannarsi a inseguire un pezzo di carta che certifichi una discutibile eccellenza.
      I posti di potere, con le solite eccezioni, sono già assegnati per diritto di nascita.
      Chi è nato male non cerchi improbabili riscatti attraverso gli studi.

          1. In un suo discorso disse: “Neanche i conservatori sono amici dei neri, ma almeno non fanno nulla per nasconderlo. Sono dei lupi che, con il loro sogghigno, ci mostrano i denti e ci fanno chiaramente intendere che rapporti hanno con noi. Ma i liberali bianchi sono delle volpi che ci mostrano lo stesso i denti facendo finta di sorridere. Sono piu’ pericolosi dei conservatori, perche’ attirano il negro, il quale per scappare al lupo cattivo, finisce in bocca alla volpe sorridente”.

    3. Il “ci vogliono ignoranti”, bada bene, non è riferito (solo) al mondo del lavoro. Un popolo che non ha gli strumenti per interpretare la realtà è molto più intortabile.
      Inoltre faccio una considerazione molto banale.
      Il livello con cui si esce dalle superiori è molto calato
      Le università, per poter attuare il modello 3+2 ( che per molte facoltà è una boiata) sono diventate più simili ad una scuola superiore. Ho visto una differenza abissale fra l’organizzazione del politecnico quando ho studiato io e quando lo ha fatto mio fratello (che ha 6 anni in meno di me e si è iscritto ad ingegneria dopo servizio civile e dopo aver conseguito abilitazione da geometra). Lui ha fatto la triennale, più o meno le stesse discipline che si fanno nei 5 anni condensate in tre, senza tenere in considerazione più di tanto le ” precedenze d’esame” che ai miei tempi erano vangelo. E aveva un esame che ai miei tempi era fondamentale, lo spauracchio dei futuri ingegneri, solo al terzo anno e solo se si voleva fare la specialistica.
      La riforma in teoria doveva venire incontro alle aziende, ma se i tecnici che formi non sono poi così tanto formati a che serve tutto ciò?
      Ho assistito alla proclamazione delle lauree della sua sessione: i gestionali sono usciti tutti con votazioni scandalosamente basse. Che ci vai a fare in una azienda con una triennale che vale poco più di un vecchio diploma? Oltretutto per molti profili è richiesta la quinquennale.
      Ti dico che non fai in tempo ad assimilare i concetti se vuoi laureati nei tempi, a meno che tu non sia un “manico”.

      1. Gli altri europei che si laureano prima di noi sono più intelligenti?
        Non credo, quindi c’è un problema.
        Oppure è un complotto della spectre del capitale per mantenere le giovani generazioni ignoranti… 😉

        Comunque vale la risposta data a Heiner.
        Secondo me.

      1. (vecchia):
        annuncio di vendita auto attaccato con lo scotch per strada ad un palo della
        luce:

        “Vendo Fiat Duna 160.000 Km, marciante, carrozzeria da rivedere.
        Chiamare Piero ore pasti al xxx-xxxxxx”

        E sotto, scritto col pennarello:

        ” A Piè, magna tranquillo”

        1. cartelli

          269. Volantino pubblicitario di una ditta edile: CONTROSOFFITTATURE
          ESEGUITE CON I CONTROCOGLIONI.

          279. Cartello in un negozio di ferramenta: SEGA A DUE MANI E A DENTI
          STRETTI: 50 EURO.

          283. Cartello in un negozio di biciclette: SI RIPARANO BICICLETTE
          ANCHE ROTTE.

          285. “Scusateci per i lavori in corso. Stiamo cercando di rendere
          questo cimitero un luogo piu’ vivibile”. (cartello posto all’ingresso
          del cimitero di Ribera qualche anno fa)

      2. Heiner , fossi in te non sarei così ironico e tranquillo. Fassina sicuramente non vincerà mai , ma , quasi sicuramente, farà perdere qualsiasi candidato (messo che ne trovino uno) che il PD dovesse presentare.Detto questo possiamo sfottere Fassina fino a domani.

            1. boh, vediamo cosa ci sarà, ma a occhio direi che non verrà fuori granché. forse il candidato radicale scelto da civati potrebbe essere (stata) un’opzione.
              ma non avrà chance, quindi ci troveremo verosimilmente con
              – marchini (con o senza pd) vs grillo
              – pd (rutelli?) vs grillo
              – meloni ? vs grillo

              e quindi a cosa servirebbe? il nulla.
              poi, – ca va sans dire – tra pd e grillo per me comunque ancora non c’è gara. dovresti metterti l’animo in pace.

  3. Pietà… 🙄

    Roma, Orfini striglia i militanti Pd: “Basta discutere di cazzate sui social”

    Il commissario del Pd di Roma Matteo Orfini incontra gli iscritti ai circoli dem della Capitale per la prima assemblea del dopo Marino. La maggioranza degli interventi dei militanti è ancora incentrata sugli scossoni che hanno coinvolto il Pd romano negli ultimi mesi: da Mafia Capitale al commissariamento del partito fino alla deposizione dell’ex sindaco per mano del Partito Democratico. Nella sua replica, dopo essere tornato a difendere le ragioni che hanno portato a staccare la spina a Marino, Orfini invita i militanti a guardare avanti e provare a riorganizzarsi in vista del prossimo appuntamento elettorale. “Una delle patologie del partito romano è che passate tre quarti del tempo a discutere tra di voi su Facebook di cazzate, è un errore pensare che quello che viene da lì sia l’umore della città”, dice il commissario ai partecipanti all’incontro. E aggiunge: “Ora basta con le sedute di autocoscienza e dedichiamo i prossimi mesi a quello che succede fuori dai nostri circoli”

    http://video.repubblica.it/edizione/roma/roma-orfini-striglia-i-militanti-pd-basta-discutere-di-cazzate-sui-social/220060/219260?ref=HRBV-1

        1. http://www.politicanti.it/giuliano-poletti-biografia-ministro-lavoro-jobs-act-981
          Allora diamo un occhio al perito agrario Poletti:

          La biografia di Giuliano Poletti racconta la storia di un politico italiano e dirigente d’azienda che ha dato un contributo al mondo del lavoro in Italia con le sue diverse riforme.
          Nato ad Imola il 19 novembre del 1951, Giuliano Poletti, cresce in una frazione del Comune romagnolo, esattamente a Spezzate Sassatelli. Nato e cresciuto in una famiglia di contadini, Giuliano vive la sua infanzia in aperta campagna e indirizza i suoi studi verso l’agraria diplomandosi come perito nella stessa materia. Ma l’aria aperta e la campagna non sono le uniche passioni del giovane Poletti che, ancora molto giovane, s’iscrive al PCI (Partito Comunista Italiano).
          Trovando il giusto compromesso tra la politica e le sue competenze, quelle legate all’agricoltura, Giuliano Poletti trova il consenso intorno a sé venendo eletto, nel 1976, all’età di 25 anni, assessore comunale all’Agricoltura e alle Attività Produttive all’interno della stessa città Natale, il comune di Imola. La carica di assessore comunale (durata tre anni, dal 1976 al 1979) permette al giovane politico di fare le sue prime esperienze e di acquisire le dovute competenze per una carriera che è solo all’inizio e in chiara ascesa.
          Oltre alla politica Giuliano Poletti è appassionato di pallamano, uno sport che porta avanti per molti anni giocando in diverse squadre. Dedicandosi a questo sport arriva a giocare nella Romagna Handball, una società nata nel 2001 tra la fusione di due importanti squadre, la H.C. Imola e la U.S. Mordano.
          Data la sua fedeltà al Partito Comunista Italiano, dopo la carica di assessore comunale, arriva la carica di segretario del Comune di Imola dello stesso PCI. Questo ruolo viene ricoperto per ben 7 anni, dal 1982 al 1989, e permette a Poletti di fare nuove esperienze nonché di farsi conoscere ancora di più. Infatti dopo il 1989 arriva la carica di consigliere provinciale presso la Provincia di Bologna. Questa volta, però, l’elezione di consigliere non avviene con il Partico Comunista Italiano ma con la PDS (Partito Democratico di Sinistra), gruppo a cui Giuliano Poletti decide di iscriversi.
          Le attività svolte nel PCI e nel PDS danno chiaramente una formazione politica forte a Giuliano Poletti. Tuttavia il Partito Democratico di Sinistra è stato l’ultimo partito politico a cui si è iscritto data l’indipendenza che successivamente ha fatto parte della sua carriera. Nonostante l’autonomia dai partiti, Giuliano Poletti non rinuncia alla politica anche se, negli anni Novanta, comincia un’esperienza diversa diventando presidente dell’Ente di formazione della Legacoop dell’Emilia-Romagna, nonché presidente della Legacoop della città di Imola. Quest’ultima esperienza dura 8 anni, dal 1992 al 2000. Con l’inizio del nuovo millennio arriva la nomina di vicepresidente della Legacoop Nazionale.

          Questa omissis praticamente sta smantellando piano piano tutti i diritti acquisiti nel mondo del lavoro.
          tutta questa gente (ex pci) ha subito una bella mutazione genetica.

          1. se vogliamo parlare seriamente è una minchiata che si può dire al bar.
            se vogliamo guardarla dalla parte della ‘società che produce’ credo che abbia ragione. io, poi, me ne sono ampiamente fottuto.
            il poeta direbbe: pago la mia casa, pago le mie illusioni..

            1. a parte gli scherzi, non è una minchiata da bar, non parla tanto per dire, sono frasi preparatorie, quello che additiamo come strafalcioni non lo sono per niente, infatti vanno legate le varie pillole che l’omone buffo dispensa

                1. (non è sicuramente ‘uno di noi’, ma questa storia me la sono sentita ripetere millanta volte; è quella in voga, e da un bel po’)

        1. Comunque a 21 puoi solo aver preso una triennale (forse nemmeno), e in molte professioni non basta, serve anche la specialistica… ergo: la fa un po’ troppo facile?

          1. ma certo, avete ragione.

            io volevo solo ribaltare la questione: può anche darsi che abbia ragione… se si guarda alla società in un’unica prospettiva.

        1. Ma certo, siccome c’è qualcuno che lavora sotto i caporali in nero, il diritto ad un orario di lavoro vivibile non lo hanno tutti, e quindi per uguaglianza va tolto. Facile no? E poi, sai quanti ragazzini in certe aree non vanno a scuola ma lavorano? Non vorremmo mica continuare con quel divieto che rende privilegiati?

                1. Certamente

                  la faccina che ride fino alle lacrime risulta la parola inglese più usata dell’anno…

                  qui c’è chi pensa che gli emoji non siano da utilizzare e non lo fa (legittimo) ma poi rompe le balle con il ditino alzato anche a chi li utilizza…

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