Inceneritore e discariche nel segno del PD

Sardegna: a Macchiareddu un inceneritore brucerà 58 milioni di fondi pubblici

di Enrico Lobina – ilfattoquotidiano.it, 1 febbraio 2016

58.840.000 euro più Iva. Tanto costerà ai contribuenti sardi la inutile ristrutturazione totale (rudemente tradotta in “revamping”) dell’inceneritore di rifiuti della zona industriale cagliaritana.

Poteva essere l’anno della svolta: il bruciatore di rifiuti di Machiareddu da rottamare (obsoleto ed usurato, costretto a continue soste di riparazione – 25 nell’ultimo anno – con un costo medio annuo, per le fermate, di 750.000.000 euro), la pressione crescente dell’Unione Europea per una politica dei rifiuti più razionale (che dissuade l’incenerimento a vantaggio del riciclo), ma soprattutto una nuova sensibilità ecologica tra i sardi.

Le condizioni ideali per lanciare la raccolta differenziata integrale, sfruttare le belle esperienze di tanti comuni del territorio che applicano la differenziata da decenni (una decina ha superato il 75% di differenziata), con costi ridotti per i cittadini, meno residui da bruciare o buttare in discarica, il riutilizzo sistematico e razionale della mezza tonnellata scarsa di rifiuti che ogni sardo produce all’anno. Ed, infine, la realizzazione di impianti di smaltimento con tecnologie disponibili, efficaci e meno costose ed invasive per l’ambiente ed i cittadini, rispetto a quello di Macchiareddu.

La Regione, invece, con l’assenso silenzioso degli amministratori cagliaritani, ha deciso che bruciare i rifiuti non è demenziale. Un piano approvato dalla giunta nel 2014 mette sulla carta obiettivi ambiziosi (ridurre della metà i rifiuti urbani prodotti, aumentare le quote di riciclo, addirittura creare un marchio doc per il compost sardo), ma le risorse principali sono destinate proprio agli impianti di incenerimento. Alla faccia dell’Unione Europea, che ha rifiutato di finanziare l’operazione perché non conforme alle proprie direttive.

L’incenerimento, a prescindere dalla tecnologia e del materiale impiegato per la combustione, produce ceneri e fumi inquinanti contenenti polveri sottili.

Il piano Regionale prevede il potenziamento del brucia-rifiuti di Macchiareddu, capace di ridurre in cenere e liquami (un quarto del totale è da mandare in discarica) 124 mila tonnellate all’anno (delle 123 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotti nel cagliaritano nel 2013), cui vanno aggiunte le diecimila tonnellate di compost che nessuno vuole, e che il Tecnocasic brucia.

Poiché le percentuali di riciclaggio dovrebbero continuare a crescere, e la quantità di rifiuti indifferenziati ridursi, Macchiareddu servirà per bruciare rifiuti prodotti altrove, accrescendo magari i ricavi da energia elettrica (un sottoprodotto della combustione dei rifiuti) ma anche il pesante carico ambientale per il territorio del cagliaritano, oltre a disincentivare chi, responsabilmente, ha lavorato per aumentare le quote di rifiuti riciclati e l’educazione ambientale dei cittadini.

Nei 18 mesi di fermata degli impianti è poco evidente, ma certo, il destino in discarica delle 200.000 tonnellate non trattate da smaltire.

Assenti dalla discussione gli amministratori del Comune di Cagliari, maggiore azionista del Tecnocasic (gestore dell’impianto) e primi tributari che per cinque anni hanno, malgrado un chiaro ordine del giorno consiliare del 2011, prodotto chiacchiere sulla raccolta differenziata con il porta a porta. Zedda ed il Pd hanno accettato di far pagare ai propri cittadini la tassa sui rifiuti più alta in Italia, viziandoli alla raccolta indifferenziata con i cassonetti in strada. 

La giunta Zedda/Pd ha proseguito la politica di disinteresse delle precedenti giunte di centrodestra, non intervenendo sul bruciatore di Macchiareddu.

***

Cagliari, no alla discarica. Il progetto del PD non è credibile

di Enrico Lobina – ilfattoquotidiano.it, 31 gennaio 2016

A Cagliari il Pd e il suo candidato sindaco Zedda spingono per lennesima discarica, sita in unarea considerata Sin (Sito di interesse nazionale). Unarea altamente inquinata.

Però le popolazioni, e i consigli comunali di Capoterra ed Uta, comuni della futura area metropolitana, respingono il piano elaborato dalla Regione con la complicità dell’amministrazione comunale cagliaritana. Rifiutano di pagare, con l’umiliazione del proprio territorio, l’inefficienza ambientale del Comune di Cagliari.

I consigli comunali di Uta e di Capoterra si sono espressi così contro la nuova discarica da due milioni di metri cubi di rifiuti (Chiediamo al consiglio di amministrazione del Cacip il ritiro immediato e la revoca del progetto definitivo della discarica di S’Ottioni Mannu di Uta). Essa sorge in una zona a ridosso del carcere, che viene considerata poco sicura rispetto ai rischi di alluvione, con conseguente inquinamento delle falde idriche.

Uno sconto sulla Tari, e qualche assunzione in discarica, non convincono una cittadinanza che esprime seri dubbi sulla credibilità complessiva del progetto e dei suoi proponenti. Tecnocasic, che gestisce lo smaltimento dei rifiuti nel cagliaritano, è da sempre feudo della politica (“ci sono sempre state polemiche ha denunciato il rappresentante della Fiom Cgil Mariano Carboni- e i rapporti politici sono sempre stati trasversali, non c’è mai stata differenza tra destra e sinistra”). Ha un maleodorante inceneritore Macchiareddu, inefficiente e non del tutto pulito: le centraline di controllo non sono mai state messe in funzione, l’Arpas ha sempre agito a colpi di deroghe prendendo sottogamba la reale portata inquinante dell’impianto”, ha denunciato recentemente la parlamentare di M5S Giulia Moi.

Sotto accusa è la politica di smaltimento dei rifiuti decisa dalla Regione e dal governo Renzi, che favorisce gli inceneritori dei rifiuti e le discariche, in controtendenza rispetto alla prevenzione, al riuso, alla raccolta differenziata ed al riciclo. L’Unione Europea si è rifiutata di finanziare queste politiche, perché si disinteressano delle sue raccomandazioni, e la Regione ha deciso di pagare con fondi propri, ossia dei contribuenti sardi. Le alternative ci sono. In questo caso, seguiamo la direttive europee.

La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (per i quali i cagliaritani pagano la tassa più alta in Italia) sono un ottimo business per la politica: un servizio che i cittadini sono costretti a pagare caro a prescindere dalla qualità ed efficienza ambientale ed economica.

La discarica di Uta dovrebbe ospitare i residui della combustione dei rifiuti, ma anche i rifiuti indifferenziati e non trattati, oltre a rifiuti speciali, ma sopratutto si riempirà di rifiuti non trattati nel periodo in cui l’impianto di Machiareddu verrà chiuso per i lavori di ristrutturazione.

Malgrado le rassicurazioni di Tecnocasic, le relazioni tecniche non escludono rischi per l’ambiente e per gli abitanti delle zone interessate dalla discarica.

Studi condotti su discariche apparentemente ben gestite concordano sugli eccessi di mortalità, oltre che per neoplasie, anche per malattie cardiovascolari, respiratorie, dellapparato digerente e del sistema nervoso. È stato inoltre riportato un aumentato rischio di malformazioni congenite in popolazioni residenti in prossimità di discariche. Rimangono aperti ed irrisolti i problemi legati all’inquinamento delle falde idriche

Né dalle discariche e dall’incenerimento dei rifiuti tra Uta e Capoterra trarranno vantaggio i cittadini di Cagliari: il Sindaco Zedda, malgrado una mozione approvata in Consiglio Comunale nel 2011, ha continuato a favorire la politica di Renzi e del PD, suoi attuali sponsor, tirando tardi sia sullestensione della raccolta differenziata (accumulando multe su multe) e favorendo il rinvio sine-die dell’appalto sulla raccolta dei rifiuti. Cagliari Città Capitale ha un altro progetto.

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