Aperto per voucher

segnalato da Barbara G.

Fatti sempre più frequenti.

Modena: dipendenti in sciopero, ma ristorante comunque aperto grazie a precari e personale pagato con voucher

La vicenda denunciata da Filcams Cgil e Fisascat Cisl è avvenuta il 22 dicembre nel ristorante Flunch situato all’interno del centro commerciale GrandEmilia. Una volta tornati al lavoro – fanno sapere i sindacati – i dipendenti sono stati demansionati. Ancora una volta l’Emilia Romagna si conferma capitale italiana dei voucher: gli altri casi

di David Marceddu – ilfattoquotidiano.it, 27/12/2016

Il ristorante rimane aperto sostituendo i lavoratori in sciopero anche con precari e con personale pagato con i voucher. A raccontare in questi termini la vicenda – proprio mentre infuria a livello nazionale la polemica politica sui famigerati ticket per il lavoro temporaneo – sono i sindacati confederali di Modena. Il fatto – stando a quanto si legge in una nota di Filcams Cgil e Fisascat Cisl – risale al 22 dicembre. Alcune settimane fa la catena di pizzerie e ristoranti Flunch aveva annunciato la chiusura della sua sede ospitata all’interno del supermercato GrandEmilia, con il conseguente licenziamento, entro gennaio 2017, di tutti i 34 dipendenti. Da qui erano partite una serie di agitazioni culminate con uno sciopero a sorpresa il giorno 22. “Tutte le lavoratrici assunte a tempo indeterminato hanno aderito allo sciopero, ma l’azienda, che ne era venuta a conoscenza, ha comunque garantito il servizio con il personale precario e a voucher”, scrivono ora i due sindacati.

La denuncia di Cgil e Cisl tuttavia non si ferma qui. Al loro rientro il giorno 23 dicembre, le lavoratrici avrebbero trovato accanto al marcatempo in cui si timbra il cartellino una serie di frasi a loro rivolte: “Vergogna!, Con quale coraggio oggi ti presenti al lavoro?”. Infine, stando ancora al racconto dei sindacati, quel giorno alcune lavoratrici sarebbero state adibite dalla responsabile del ristorante a mansioni inferiori, “facendoci fare le pulizie, anziché stare al bar, in cucina o al servizio distribuzione”. L’azienda Flunch, interpellata da ilfattoquotidiano.it, per il momento non ha replicato alla versione dei fatti dei sindacati. Ma è a livello politico che la questione voucher continua a tenere banco. Il deputato di Sinistra Italiana Giovanni Paglia, facendo proprio riferimento a quanto denunciato dai sindacati modenesi, ha annunciato una interrogazione parlamentare al ministro Giuliano Poletti: “Lo strumento dei voucher va abolito, non semplicemente migliorato, perché ormai la loro crescita incontrollata rappresenta un elemento riconosciuto di allarme sociale e distorsione del mercato del lavoro – scrive Paglia in una nota – e lo testimoniano i numeri: 121 milioni di voucher sono stati venduti in tutta Italia nel corso del 2016, oltre 15 milioni tra gennaio e ottobre 2016 in Emilia Romagna di cui 2,5 milioni nella sola provincia di Modena, seconda soltanto a Bologna”.

Proprio l’Emilia Romagna è una delle regioni dove il fenomeno voucher ha preso piede maggiormente. Tanti gli esempi. Uno dei casi (ora risolto) al Brico di Villanova di Castenaso, alle porte di Bologna. Secondo quanto riportato dal sindacalista Filcams Stefano Biosa in una intervista all’edizione bolognese della Repubblica “da gennaio ad agosto 2016 sono entrate 13 persone pagate esclusivamente coi voucher, in sostituzione di altrettanti contratti a termine”. Solo dopo l’intervento del sindacato – si legge nell’intervista – sono tornati i consueti contratti a termine che erano stati usati in passato. Nelle sette sedi bolognesi della catena di centri scommesse Sisal – sempre stando a quanto riportato dalla Filcams Cgil – ai 60 dipendenti a tempo indeterminato si sarebbero aggiunti in media, per ciascuna sede, uno o due ‘voucheristi‘ tutto l’anno invece che i soliti contratti a termine usati negli anni precedenti. “Tutto legale, tutto consentito dalle nuove norme – ha spiegato Biosa – Ma in questo modo i voucher hanno sostituito il lavoro più tutelato, altro che far emergere lavoro nero”.

Infine c’è il caso della Carrefour in Veneto. La catena francese ha deciso già da alcune settimane di tenere aperto non solo il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, ma addirittura il giorno di Capodanno, tre sedi tra cui quella del paese a 15 chilometri da Mestre. “Carrefour Italia – ha spiegato la multinazionale francese – ha deciso di aprire al pubblico il punto vendita di Marcon nella giornata del 26 dicembre e il 1 gennaio nell’ottica di fornire un servizio importante e richiesto dai propri clienti. Riguardo agli orari di lavoro, l’azienda conferma l’assoluta volontarietà per i propri dipendenti a coprire questi turni”. Dura la replica della Filcams Cgil: “Carrefour sarà aperto quasi solamente grazie al lavoro dei voucheristi – ha spiegato la sindacalista Roberta Gatto – che ovviamente non se la sentono di rifiutare la chiamata, per non rischiare di perdere opportunità successive di lavoro. Da parte nostra cercheremo di attivare una campagna importante per convincere la gente a non andare a fare la spesa nelle date in questione”.

 

62 comments

  1. cit. ” sostituendo i lavoratori in sciopero anche con precari e con personale pagato con i voucher.”

    Io, temo di essere ancora più vintage di Boka;
    ai miei tempi si chiamavano Krumiri e li si ” demotivava” dak fare i servi dei padroni …

    il faggio era ottimo per demotivarli

    1. Altri tempi. Bisogno e ignoranza rendevano i crumiri di allora meno meritevoli di bastonate rispetto a quelli odierni. Ma in ogni caso la guerra tra poveri era e resta una goduria per i soliti ignobili.

      1. verissimo , ma anche se il nemico usa povere ed ignoranti truppe coloniali mica si può evitare di sparare; e poi, è da mè che la guerra tra poveri è iniziata

        1. Ammesso che sia inevitabile sparare, c’è comunque l’opzione tra sparare in testa, alle gambe o in aria. L’ultima scelta può apparire bizzarra ma immaginiamo di essere mille contro cento, e con le stesse armi, se noi spariamo in aria, gli altri si rendono conto di quanti siamo e, se non sono suicidi o resi tali, desistono dallo scontro.
          La guerra tra poveri va avanti, in effetti, da molto, ma bisognerebbe ricordare che ci sono state fasi storiche, nemmeno troppo lontane, in cui i poveri hanno solidarizzato tra loro e hanno realizzato grandi conquiste, proprio in ragione del loro numero e della loro unità.
          Oggi il numero è sempre grande; l’unità pare andata a puttane. E questo è un grosso problema.
          Perché l’unità è scomparsa? Come resuscitarla?
          Con tutto il rispetto per le scienze politiche che hanno risposte per tutto, non ne ho ancora trovata una soddisfacente (nella pratica, non nella teoria) per rispondere all’ultima domanda.

    2. C’è un po’di differenza fra uno assunto che non sciopera per leccare il culo al capo e uno che lavora solo quando lo chiamano a fare il tappabuchi. Il faggio è da usare sul “padrone”.
      E quando questo è sostituito dal consiglio di amministrazione oltre a punire l’AD e gli altri pezzi grossi pagherei il direttore del personale con i voucher.

      1. Naturalmente non ci si chiede mai come hanno trattato il “tappabuchi” fino al giorno prima, quelli che conservano il diritto di sciopero. Difficile provare solidarieta’ di classe per chi ti prende a calci nei denti.
        Per dirla alla Marco, non e’ che le classi non ci siano piu’, e’ che non riusciamo, o forse non vogliamo, a vederle.

        1. Che quelli che conservano ed esercitano il diritto di sciopero siano una classe che difende un proprio privilegio, sprezzante di chi quel privilegio non ce l’ha, mi pare un’implicazione azzardata e pericolosa.
          Forse ci sono singoli casi che la giustificano, ma se fosse dimostrabile che è un problema generale, perderei quasi ogni speranza.

          1. Condizioni diverse, non privilegi. E’ lo stesso principio che ha portato gli abitanti di suel paesino a fare una marcia contro venti immigrati, che poi si e’ scoperto essere alcune madri con i propri figli. Il dividi et impera e’ vecchio come il mondo. Io ho visto queste dinamiche in venti anni di lavoro, sempre le stesse. Se non hai un lavoro, come fai a scioperare. Una visione romantica dei lavoratori non aiuta.

              1. Non è che mi sia piccato per l’allusione a una visione romantica dei lavoratori; semplicemente mi pare che non si debba dimenticare una storia in cui il movimento operaio, in Europa e negli Stati Uniti (paese “avanzati” rispetto al resto del mondo) condusse grandi lotte unitarie nonostante condizioni di grave miseria e analfabetismo e nonostante repressioni anche sanguinose, nonché tradimenti della politica e di parte dei sindacati (o miopia di questi ultimi).
                I diritti dei lavoratori che si vanno progressivamente cancellando dagli anni di Reagan e Thatcher furono conquistati da quelle masse.
                Possiamo discutere a lungo sul perché quei diritti non furono adeguatamente difesi, sul cambiamento di contesto economico, sull’impatto dell’automazione e della finanza e chi più ne ha più ne metta.
                Resta il fatto che i lavoratori, quando uniti, riuscirono almeno a costringere l’imprenditoria a venire a patti.
                Oggi il mondo è cambiato e non possiamo certo auspicare un ritorno alle condizioni di miseria e analfabetismo che unirono un tempo i lavoratori. (Per quanto la miseria si sta diffondendo e un certo tipo di “nuovo analfabetismo” (conoscere la parole e non intenderne il significato) va dilagando).
                Occorre immaginare un nuovo catalizzatore dell’unità degli sfruttati.
                E’ difficile. Ma si può almeno tentare.

                1. Non conosco abbastanza la storia per poter dire perche’ allora si e oggi no. La mia impressione e’ che anche allora fu un movimento in cui un numero relativamente ristretto si sacrifico’ per i piu’, in lotte violente, violentissime. Pensiamo agli scioperi di un secolo fa ai quali partecipo’ anche il giovane mussolini e fu costretto a riparare in Svizzera. Pensiamo alla paura che si prese la borghesia all’avanzare di queste lotte furibonde e dei socialisti in parlamento a seguito del suffragio universale, tanto che favorirono l’avvento del fascismo. Per quel che ne so, gli scioperi di allora avvenivano per gruppi compatti, all’interno dei quali, come da voi accennato sopra, immagino non fossero accettate a cuor leggero defezioni. Oggi questi metodi non sarebbero ammissibili e in ogni caso la frammentarieta’ e la dislocazione temporale e di luogo dei lavoratori, lo impedisce. Bisogna guardare al passato per capire come siamo arrivati all’oggi, senza rimpianti o nostalgie.

                  1. Senza nessun intento aggressivo:

                    1) Non sono d’accordo che “allora fu un movimento in cui un numero relativamente ristretto si sacrificò per i più”. Ma, siccome ormai la memoria è quella che è, dovrei andare a ripescare dati ed episodi per dimostrarlo. E “relativamente ristretto” è, appunto, relativo. Se parliamo di settori industriali nazionali o regionali ci furono partecipazioni di massa quasi totalitarie; ma, ovviamente, rispetto agli occupati totali o alla popolazione totale, è legittimo parlare di numeri relativamente ristretti.

                    2) Non mi è chiaro se affermi che furono le “lotte furibonde” e i “socialisti in parlamento” a favorire “l’avvento del fascismo”. Forse non intendevi questo. Perché sarebbe come affermare che Allende favorì l’avvento di Pinochet, eccetera.

                    3) Che i gruppi compatti degli scioperanti non accettassero a cuor leggero defezioni mi pare piuttosto comprensibile.

                    4) Che oggi “questi metodi non sarebbero ammissibili” non lo credo. Se guardiamo alle vicende dei maggiori partiti italiani negli ultimi decenni e fino ai giorni nostri, mi pare che la dissidenza sia ben poco tollerata. Certo, non si usano ancora bastoni fisici.

                    5) La distribuzione della popolazione lavoratrice è, in effetti, uno spunto interessante. Un tempo i luoghi di solidarizzazione erano le grandi fabbriche, dove le masse svolgevano lavori manuali quasi identici, qualitativamente, dovunque. Oggi quei lavori non specializzati sono stati in larga misura trasferiti all’estero. L’aggregazione di lavoratori con esperienze e interessi professionali comuni pare molto più difficile. E’ solo una parte del problema, ma non secondaria.

                    Imho

        2. Non ho capito cosa intendi.
          Qui dobbiamo capire se il “tappabuchi” fa parte delle vittime o dei carnefici.
          In un mondo dove tutti hanno la pancia piena è “facile” rinunciare un lavoro che lede i diritti degli altri. Ma se la pancia (tua e dei tuoi figli) la riempi solo quando per culo ti chiamano x sostituure qualcuno… Sulle questioni di principio ci passi sopra e fai pure la retromarcia. Se poi aggiungiamo anche il fatto che sono anni che ci fanno il lavaggio del cervello dicendo che le “questioni di principio” sono roba da illusi idealisti….

          1. Non ho capito neanch’io.
            Ma facciamo una bella cosa: togliamo i diritti a tutti i lavoratori (cosa che si sta progressivamente facendo), così non abbiamo più il problema delle divisioni tra gli sfruttati. O forse è il contrario?

            1. Ci stanno mettendo gli uni contro gli altri. Anche far passare i dipendenti pubblici x privilegiati fa parte del gioco.
              In un certo senso, anche il conflitto fra chi protesta e chi viene usato per sostituirli è parte integrante dello schema. Se perdiamo di vista questo aspetto è finita.

              1. Aggiungo una cosa: altra problematica è che i lavoratori hanno spesso perso il concetto di “classe” e
                -si percepiscono per qualcosa di diverso da quello che in realtà sono
                -sono spesso più interessati al vantaggio immediato rispetto alla lotta per un principio.
                Queste due cose hanno indebolito pesantemente il.ruolo dei sindacati nelle aziende (oltre alle problematiche proprie del sindacato)

            1. ribalto la questione.
              non sono in grado di prendermela col vero responsabile e quindi me la prendo con quello più a portata ti mano (un po’ come scaricare sui migranti la colpa della mancanza di lavoro)
              oppure: devo proteggere i veri responsabili e creo il capro espiatorio perfetto

          1. Mi dispiace Barbara non sono daccordo, i crumiri danneggiano la lotta di chi si impegna , e, guarda caso, di chi lotta ANCHE per loro , questo buonismo esasperato ci porta sempre a prenderlo nel culo e io mi sono rotto i coglioni , questa è una guerra , chi non si schiera è complice

            1. no, i crumiri a casa mia sono altra cosa.
              se tu dovessi campare con qualche centinaio di euro quando ti va di culo, probabilmente esulteresti nel momento in cui ti chiamano per una sostituzione….e la colpa non sarebbe certo tua, ma di chi ha creato questo sistema. La lotta fra scioperanti e sostituti a voucher non è tanto diversa da quella fra persona in lista di attesa per casa popolare e migrante, che viene percepito come uno che “frega risorse”.
              Se ci facciamo la guerra fra di noi , il sistema ha vinto

              1. io campo con qualche centinaio di € al mese 600 quando è grasso che cola e io non faccio la guerra a NOI ma a chi ha creato il sistema e ai collaborazionisti, cmq non mi convincerai mai , ahimè temo che una grossa parte della decadenza della sinistra italiana sia delle anime belle come te

              2. PS e tu sei così tanto buonina come lupo de lupis , con chi ruba il lavoro agli altri e contribuisce a deprezzarlo, perchè sei tu! che non vivi con poche centinaia di €

                1. Io ho lavorato in perdita per un paio di anni, e so cosa vuol dire tirare la cinghia, e non mi sono fatta problemi a fare sciopero quando mi hanno assunto a tempo determinato, in una ditta in cui nessuno scioperava mai (eravamo in 2su 150). So cosa vuol dire tirare la cinghia. Ma sono sincera: se vivessi sola, con lavoro saltuario e un figlio da mantenere non so se avrei il coraggio di rinunciare ad una chiamata.
                  E non posso pretendere dagli altri ciò che non sono certa di essere in grado di fare io, anche se non è corretto.
                  A questo punto ti chiedo: mettiamo che per sostituire dei dipendenti in sciopero un imprenditore li sostituisca con delle partita iva. Chiede resti anche a loro di rinunciare all’incarico per solidarietà?

                2. Se i lavoratori non sono compatti non e’ x colpa dei voucheristi, che hanno tutele (?) diverse. A parte le magagne del sindacato, credo abbiano molte più colpe i lavoratori dipendenti, che non scioperano mai, anche per cose importantissime, perché “non serve a niente “, o più probabilmente per non perdere il salario giornaliero.
                  Chissà… se il sindacato dovesse organizzare uno sciopero contro l’uso indiscriminato dei voucher… Quanti lavoratori dipendenti potrebbero aderire, in nome della solidarietà?

                  1. è inutile continuare questa discussione, anche io ho letto l’arte di ottener ragione ; ti stai arrampicando sugli specchi per stravolgere quello che dico e dimostrare che io sostengo si debba fare la guerra SOLO ai crumiri tra i quali rientra anche la categoria ” i lavoratori dipendenti, che non scioperano mai, anche per cose importantissime, perché “non serve a niente “, o più probabilmente per non perdere il salario giornaliero.”

                    Il mio pensiero è diverso , io sostengo che il crumiro, (ripassati il termine magari anche su wiki) è,cosciente o inconsapevole, un arma del “padrone” e in una guerra si tende a distruggere l’artiglieria del nemico, sempre che non si ami essere sodomizzati ad ogni piè sospinto … poi tutti i gusti son gusti

                    1. Ho capito il concetto, ma quando il “crumiro” e’ i due terzi dei lavoratori che potrebbero essere interessati allo sciopero, oppure, data la frammentarieta’ delle condizioni lavorative, lo sciopero riguarda esclusivamente condizioni particolari di una parte dei lavoratori (anche se condivisibili), ecco, date queste premesse, il concetto di crumiro e l’azione di bruciare l’auto, ci e’ ancora di qualche utilita’? Se si mettiamoci subito al lavoro.

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