segnalato da Barbara G.
Al Brancaccio i duri e puri contro Renzi: imbarazzi per D’Alema in prima fila, protesta contro Gotor

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 18-06-2017 Roma Politica Teatro Brancaccio. Assemblea per la Democrazia e l’uguaglianza Nella foto Anna Falcone, Tommaso Montanari Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 18-06-2017 Roma (Italy) Politic Brancaccio Theater. Assembly for Democracy and Equality In the pic Anna Falcone, Tommaso Montanari
Come previsto dagli organizzatori, alle 9 davanti al teatro Brancaccio di Roma c’è già la fila. Si riempie la platea, si riempie la galleria, qualche centinaio di persone resta fuori ma può ascoltare dagli altoparlanti. Dentro, Tomaso Montanari dà il via a questo tentativo di rianimare la sinistra puntando a una lista univa alle prossime politiche. “Questa cosa nasce per essere a due cifre percentuali, se dovesse ridursi alla sinistra arcobaleno sarò il primo a dire che è stato un fallimento”, dice tra gli applausi il presidente di Libertà e giustizia, dopo aver elencato gli errori da non ripetere: dal blairismo alla guerra in Kosovo. Di fronte a lui in prima fila, seduto tra Nichi Vendola e Luciana Castellina, Massimo D’Alema ascolta impassibile.
D’Alema in particolare, ma anche gli altri ex Pd di ‘Articolo 1 – Mdp’, sono la nota ancora stonata di questa assemblea lanciata da Montanari e Anna Falcone, ex vicepresidente del comitato per il no al referendum costituzionale. Sul palco ci sono solo loro due, Anna e Tomaso, e il relatore di turno. In platea ci sono i rappresentanti di Sinistra e libertà, tante associazioni di sinistra da sempre lontane dal Pd: D’Alema e anche Roberto Speranza si fanno spazio a fatica. E infatti la tensione a un certo punto trova sfogo e si scarica sul malcapitato Miguel Gotor: a lui tocca parlare per Articolo 1, ed è lui che viene contestato da una attivista napoletana che si arrampica addirittura sul palco per impedirgli di parlare.
Colpa del fatto che Gotor ha citato l’innominabile di questa assemblea: Giuliano Pisapia che – “per fortuna”, dicono qui – ha messo in chiaro che “non ci sono le condizioni per venire al Brancaccio”, Montanari ha letto il messaggio sul palco in apertura. A maggior ragione, proteste su Gotor e sguardi di ghiaccio verso Speranza, che va via subito per “altri impegni”, e verso D’Alema, che invece resta imperterrito in platea, scansando i fulmini che gli piovono addosso dal palco con la solita impassibilità apparente.
Il nodo cerca di scioglierlo il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni dal palco. “L’ho sempre detto ma continuerò a dirlo se necessario anche coi segnali di fumo: considero l’unità un valore ma a me chiedono anche la chiarezza dei programmi”. Applausi. “Non facciamo processi alle biografie ma non si sacrifichi la credibilità all’unità”, ci dice Peppe De Cristofaro, senatore di Sinistra Italiana. Nel frattempo la platea esplode in applausi per Andrea Costa del Babobab che arringa “contro gli sgomberi e per i diritti dei migranti”.
“Pensiamo che il Pd sia ormai un pezzo della destra. Una destra non sempre moderata, con cui nessuna alleanza e’ possibile. Noi siamo una forza radicalmente alternativa al Pd”, mette in chiaro Montanari.
Qui c’è la sinistra che vuole provare l’alternativa a Renzi, al Pd, sfidando pure il M5s. È la sinistra che non andrà alla manifestazione del Campo progressista di Pisapia il primo luglio in piazza Santi Apostoli in nome di Prodi e del centrosinistra. Qui ti asfaltano anche il centrosinistra che è stato. “Renzi e il suo Jobs Act non nascono dal nulla ma vengono dal pacchetto Treu”, mette in chiaro Montanari. Chi sta in mezzo tra il Brancaccio e Santi Apostoli soffre.
Dal palco è Civati a lanciare un altro appello all’unità. “Io mi riconosco in questa piazza ma ci sono anche altre piazze, altri teatri”, spiega poi a margine, “non bastiamo a noi stessi, non possiamo essere quelli che sbattono le porte in faccia…”. Stavolta applaude anche D’Alema.
Cosa succederà?
Al Brancaccio sono consapevoli che tutto è aperto. “Il 4 dicembre ha dimostrato che Davide può rovesciare Golia – questo è ancora Montanari dal palco – noi siamo la sinistra che non cerca un leader ma la democrazia e la partecipazione. Ora faremo assemblee sui territori e in autunno nuova assemblea nazionale dove sceglieremo il nome del progetto, il simbolo, la struttura organizzativa”. E tra gli applausi scroscianti aggiunge: “Gli eletti verranno scelti collegio per collegio”, cioè no ai nominati. Ancora applausi quando lancia la proposta per le prossime politiche: “una grande lista di sinistra. Ma se non siamo centinaia di migliaia all’assemblea in autunno questa cosa non ha senso. Tutte la case costruite dal tetto del leader sono cadute. Ci sarà un motivo o no?”.
Dal palco danno l’annuncio che “chi esce dal teatro, poi non entra più”, i vigili del fuoco hanno deciso, motivi di sicurezza. “Basta: se non si può fumare, io cambio partito”, ci dice l’ironico Costa del Baobab. Sul palco sale Augusto Breda, “operaio Electrolux licenziato dal jobs act”. La platea si libera in un altro applauso. Augusto non ha la verve dell’oratore, ma questo pubblico non la cerca.
OT
Dal programma elettorale di Sboarina, candidato sindaco di Verona
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La discussione su scuola, “bambini” (ehmmm), talenti, insegnanti, genitori ed affini nonchè limitrofi e contigui sembra mimare in maniera eccellente la discussione tra creazionisti (o disegnatori intelligenti della scuola di carl barks ovviamente) ed evoluzionisti o meglio di una intersezione di due sottoinsiemi propri delle due fazioni: “a prescindere dalla conoscenza (od esistenza) della geometria il tuo cerchio non è un cerchio ma il mio quadrato lo è di sicuro.
Per ragioni a me oscure la discussione mi ha riportato ad un evento di qualche trentina d’anni fa (beh! quasi quaranta) in cui gruppi sparuti di maturati post ’68 ed universitari senza religione e/o sessione migrarono a Milano per assistere alla 24 ore di Satie (esecuzione di Vexation – felicemente riuscita cortesia di Walter Marchetti e Juan Hidalgo) in un tentativo post-adolescenziale di confrontarsi con i propri limiti – e poter dire “io c’ero!” ovviamente.
Consiglio per riportare la discussione su binari di normale razionalità e confronto una “due settimane” di immersione totale nel teatro di Antonin Artaud giusto per ripristinare qualche tratto di banale normalità.
“Se il segno dell’epoca è la confusione, io vedo alla base di tale confusione una rottura tra le cose e le parole, le idee, i segni che le rappresentano… Il teatro, che non risiede in niente di specifico, ma si seve di tutti i linguaggi (gesti, suoni, parole, fuoco, grida) si ritrova esattamente al punto in cui lo spirito ha bisogno di un linguaggio per manifestarsi”
Ricordo quando sedicenni sbattevamo la testa contro le lapidi di un cimitero di provincia ripetendo confusion dans sa langue in tutte le possibili tonalità.
Anto’, io ho un bellissimo ricordo delle scuole superiori
Tre maschietti e 20 ragazze….
Certo, questo fatto aveva una certa influenza sulla mia voglia di studiare, e perciò molti professori non perdevano occasione per chiedermi se non fosse il caso di mettermi a lavorare con mio padre….il quale, a sua volta, non perdeva occasione per ripetermi queste incoraggianti parole:
” tu la testa ce l’hai giusto per tenerci sopra il cappello!”…..
O per dividere le orecchie…..
Le quali mi servivano, come del resto oggi, a tener su gli occhiali…
Tutto torna…..
A proposito di teste…..
“Lo sforzo umano
non è un bel giovanotto sorridente
dritto sulla sua gamba di gesso
o di sasso e che offre
grazie ai puerili artifici dell’artista
la stupida illusione
della gioia della danza e del giubilo
evocante con l’altra gamba in aria
la dolcezza del ritornare a casa
No
lo sforzo umano non ha un bambino sulla spalla destra
un secondo sul capo
e un terzo sulla spalla sinistra
con a tracolla i suoi arnesi
e la giovane moglie contenta aggrappata al braccio
Lo sforzo umano ha un cinto erniario
le cicatrici delle lotte operaie
contro un mondo assurdo e senza leggi
Lo sforzo umano non ha una vera casa
ha addosso l’odore del suo lavoro
i polmoni sono guasti
il suo salario è magro
come i suoi bambini
lavora come un negro
e il negro lavora come lui
Lo sforzo umano è maleducato
lo sforzo umano non ha l’età della ragione
lo sforzo umano ha l’età delle caserme
dei lavori forzati e delle galere
l’età delle chiese e delle officinee quella dei cannoni
e lui che tutte le vigne ha piantato dappertutto
e accordato tutti i violini
si nutre di brutti sogni
si ubriaca del cattivo vino della rassegnazione
e come un grosso scoiattolo sbronzo
senza sosta va avanti e indietro
dentro un universo ostile
polveroso, basso di soffitto
e forgia senza tregua la catena
la terrificante catena che tutto incatena
la miseria il profitto il lavoro il massacro
la tristezza la sfortuna l’insonnia la noia
la terrificante catena d’oro
di carbone di ferro d’acciaio
di scorie e polvere di carbone
fatta passare attorno ai collo
di un mondo sperduto disorientato
la miserabile catena
alla quale si aggrappano
i ciondoli divini
le sacre reliquie
le croci al merito, le croci uncinate
gli uistitì porta fortuna
le medaglie dei vecchi servitori
i gingilli del malocchio
e il gran puzzo del museo
il gran ritratto equestre
il gran ritratto a figura intera
il gran ritratto di faccia di profilo su un solo piede
il gran ritratto dorato
il gran ritratto del grande indovino
il gran ritratto del grande imperatore
il gran ritratto del grande pensatore
del grande saltatore
del grande moralizzatore
del degno e triste mattacchione
la testa del grande rompiballe
la testa dell’aggressivo pacificatore
la testa poliziotta del gran liberatore
la testa di Adolf Hitler
la testa di Thiersla testa del dittatore
la testa del fucilatore
di un paese qualunque
di un colore qualunque
la testa odiosa
la testa disgraziata
la testa di rapa
la testa del massacro
la testa della paura.”
Beh, levo il cappello dalla testa….