Expo2015

Giuseppe Sala ha fatto tris.

Giuseppe Sala ha fatto tris. Ha tre indagini in corso (e lo sa)

di Gianni Barbacetto

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sala_brindisiGiuseppe Sala è tornato sindaco. Dopo quattro giorni, ha sospeso la sua autosospensione (giuridicamente insostenibile), dicendosi soddisfatto per l’incontro avuto in Procura generale dal suo avvocato, Salvatore Scuto: “Sereno e proficuo”, lo ha definito il legale. In verità, l’incontro è stato del tutto inutile, tanti sorrisi di circostanza e nessuna informazione sulle indagini, che i magistrati non possono dare. Non hanno offerto neppure garanzie su quando Sala sarà interrogato: lo decideranno loro. Quando mai chi indaga si fa dettare i tempi dall’indagato? Ma il sindaco di Milano doveva trovare un modo per uscire dall’impasse, dopo la strana autosospensione decisa d’impulso appena saputo di essere indagato. E allora la visita di Scuto in Procura generale è stata il pretesto da dare alla stampa per spiegare il ritorno.

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Milano EXPOne, WTO dispone

segnalato da Nammgiuseppe

WTOCommandments

Sarebbe auspicabile, e forse sarà fatto, che nell’ambito della mega-sagra di EXPO siano comprese conferenze e dibattiti sulla sicurezza alimentare e sul diritto al cibo. Se ci saranno, e saranno degne del tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” e produrranno conclusioni apprezzabili, queste ultime potranno (?) trovare accoglienza utile nella sola sede che attualmente decide concretamente delle politiche alimentari della maggior parte pianeta.

Chi non è al corrente di come vadano queste cose sarà forse indotto a pensare che la sede più congrua dovrebbe essere, con tutti i suoi limiti, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO).  Chi, più realisticamente, consideri dove e attraverso quali rapporti di forza  il “modello occidentale” eserciti il vero potere in questo e altri campi prenderà atto senza stupore che le decisioni sono prese presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).

Ovviamente c’è anche libertà di ritenere che il “libero scambio” sia l’unica soluzione realistica a problemi troppo complessi perché la politica sia in grado di affrontarli. Il problema, tuttavia, è che nei negoziati attualmente in corso presso la WTO riguardo alla sicurezza alimentare la volontà appare tutt’altra che quella di “nutrire il pianeta” o, meglio, pare essere quella di affidare a oligopoli privati (e ai relativi profitti) tale responsabilità, preoccupandosi di escludere che iniziative governative locali mirate a garantire il diritto al cibo possano “distorcere il mercato”.

In questo breve estratto da un’intervista a Deborah James, “direttrice dei programmi internazionali presso il Centro di Ricerche Politiche ed Economiche, un gruppo di esperti di Washington, DC fondato nel 1999 come parte del movimento per l’alter-globalizzazione”,  si fa il punto sull’attuale stato dei negoziati presso la WTO:

http://znetitaly.altervista.org/art/17515

Non ne emergono motivi per essere granché ottimisti sul futuro che attende il diritto al cibo.

Nero Expo

Segnalato da barbarasiberiana

EXPO, DOPO DEFEZIONI AL PADIGLIONE BELGA “HO LAVORATO LI’ IN NERO, MAI PAGATO”

Una ventina di addetti alla ristorazione se ne sono andati perché pagati meno della cifra pattuita. Ma a qualcuno è andata peggio. Giovanni Tomasino, 26 anni, racconta la sua testimonianza. “Ero lì per fare formazione ma ho lavorato 48 ore in nero a pulire il bar. Al momento del contratto mi hanno lasciato a casa. Non ho visto un euro”

Di Thomas Mackinson – ilfattoquotidiano.it, 17/05/2015

“Ho lavorato due giorni al padiglione Expo del Belgio, senza essere pagato”. Comincia così la testimonianza di Giovanni Tomasino, 26enne fresco di laurea in Scienze politiche che ha fatto sulla propria pelle l’esperienza di lavorare nel padiglione che – come ha raccontato il fattoquotidiano.it – ha fatto registrare il primo sciopero e la prima defezione di lavoratori dal sito dell’Esposizione universale di Milano. Il motivo? Una ventina di addetti alla ristorazione e sala hanno scoperto in busta paga cifre diverse da quelle prospettate e che le due settimane di lavoro antecedenti all’inaugurazione non erano state retribuite. Hanno incrociato le braccia giovedì e venerdì hanno deciso di fare le valigie per tornare a Bruxelles.

Ma a Giovanni è andata anche peggio. “Caro Direttore”, scrive in una lettera aperta al fattoquotidiano.it (leggi), “ho lavorato in quello stesso padiglione per due giorni senza essere pagato”. Da lì un racconto della brutte sorprese in cui può incappare chi cerca fortuna all’ombra dei padiglioni. “Sono stato lì dall’8 al 9 maggio. Mi sono presentato alle 10.00 all’ingresso ovest di Cascina Triulza, dove trovo un collaboratore del padiglione con altri ragazzi per fare una giornata di formazione come barista presso il padiglione belga”.

Queste le premesse, ecco come proseguono. “Entriamo in fiera con dei pass non nostri, perché “tanto non li controllano”. Arrivati al padiglione scopriamo che il bar era ancora chiuso e passiamo la prima giornata a pulirlo e sistemare tutte le cose mancanti, facendo lavoro da magazzinieri. Ci viene spiegato come usare il forno e verso le 21.00, prima di andarcene, parliamo con un esperto di spillatura che ci spiega che avremmo dovuto spillare solo in bicchieri di plastica e che quindi non era necessario alcun corso accelerato di spillatura”.

E siamo al secondo giorno. “Partecipiamo all’evento di inaugurazione del padiglione servendo qualche birra e qualche croissant gratis. Al pomeriggio, visto che il bar non avrebbe aperto, vengo mandato a lavare i piatti in cucina e verso le 16.00 veniamo convocati per fare finalmente il punto della situazione. Speranzoso di poter finalmente firmare il mio contratto, mi viene invece detto che avevo finito di lavorare con loro perché “not fast”, troppo lento. I ragazzi che erano con me a sentire queste parole si sono messi a ridere pensando fosse solo uno scherzo: tra noi l’ingiustizia è stata da subito evidente”.

Giovanni vive a Buccinasco, a 20 km dall’aera Expo. Tornerai lì a cercare lavoro? “Francamente no. Certo ci speravo, perché per un neolaureato un’esperienza formativa anche retribuita poco è un’occasione. Ma la formazione lì non c’è masi stata, solo un modo di avere manodopera gratis. Dopo 48 ore non sapevo neppure cosa sarebbe stato di me, come accaduto ad altri. Quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver semplicemente lavorato gratis. E che questo non era giusto”.

Perché questa lettera? “Perché di sicuro non sono stato “not fast” in quei due giorni di lavoro in cui non ho visto un soldo né un contratto. Ero lì in nero, sotto la bandiera di uno Stato europeo, sotto gli occhi di milioni di visitatori. Mi sono sentito trattato in modo disonesto, sfruttato. Sarebbe stato più facile far finta di niente, perché “tanto ci sono cose più gravi”, invece scrivo perché penso possa essere utile a me stesso. Cercare lavoro è una sfida in cui è facile farsi cadere le cose addosso e restare giornate a casa a far nulla: scrivo per non arrendermi”.

Succede solo da Mc Donald’s

Segnalato da barbarasiberiana

L’ULTIMA FOLLIA DELLA REGIONE LOMBARDIA ALLE SCUOLE: “PORTATE I RAGAZZI DA McDONALD’S”

Di Maso Notarianni – expodeipopoli.it, 30/04/2015

Dice l’assessore all’istruzione della Regione Lombardia Valentina Aprea che “Expo è ormai alle porte e Regione Lombardia si augura che i giovani possano fruire al meglio di questo eccezionale evento”. Aggiunge anche che “il gelato fa bene…” E invita i dirigenti scolastici a portare i ragazzi a mangiare da McDonald’s, dove il gelato, per loro, è pure gratis.

“D’accordo che il gelato fa bene – ribatte Giosuè De Salvo, coordinatore di Expo dei Popoli – ma troviamo grave che, a fronte di una variegata e multietnica offerta che perfino Expo offre, un assessore all’istruzione inviti i dirigenti scolastici a portare i ragazzini a nutrirsi da McDonald’s, cioè dalla multinazionale che più di ogni altra rappresenta l’annullamento della cultura del cibo, della diversità alimentare, della sostenibilità ambientale e sociale”

Compito di un assessore all’educazione, per Expo dei Popoli, sarebbe esattamente il contrario, quello di educare le nuove generazioni al consumo consapevole di cibo. Ancor di più in occasione di un evento come Expo 2015.

“Invitiamo l’assessore alla Educazione Valentina Aprea, e ovviamente i presidi e i dirigenti scolastici della Regione Lombardia e non solo, a venirci a trovare dal 3 al 5 giugno presso la Fabbrica del Vapore, a Milano, dove si svolgerà Expo dei Popoli, il forum internazionale delle reti contadine e della società civile”, conclude De Salvo. “Siamo certi che impareranno qualche cosa di utile sulla questione del diritto al cibo. Perché noi abbiamo un’altra idea di nutrire il pianeta, senz’altro più utile al futuro delle nuove generazioni rispetto a quella che ha una multinazionale come McDonald’s”.

L’Expo, il cibo e l’agricoltura del Belpaese

Segnalato da barbarasiberiana

Di Piero Bevilacqua – eddyburg.it, 28/04/2015

C’è un fondamento storico evidente e apprezzabile nella scelta di dedicare l’Expo italiano del 2015 all’alimentazione e all’agricoltura. La varietà, ricchezza, genialità della nostra cucina sono ormai un’ovvietà da senso comune. E tale fondamento si ritrova anche nella scelta di Milano, che oltre a vantare un prestigio di grande città e la modernità dei suoi servizi, custodisce un passato agricolo di rilievo mondiale. Almeno dal XVIII secolo Milano e la bassa Lombardia hanno visto fiorire una delle più prospere agricolture d’Europa e del mondo. Come sappiamo, questa grande opportunità, la ricchezza potenziale, culturale e politica di tale scelta, è andata in buona parte compromessa, se non è del tutto fallita. Certo, in tutte le Esposizioni universali del passato, sia che si tenessero a Londra o a Parigi, lo spettacolo ha avuto sempre una parte preponderante. D’altra parte, si trattava per l’appunto di Esposizioni, cioè delle esibizioni di un capitalismo orgoglioso di mostrarsi a un pubblico internazionale con le sue mirabilia tecnologiche, ma anche nei suoi virtuosismi estetici, incastonati entro mondi urbani in febbrile espansione. L’affanno e il ritardo con cui ci arriva Milano sono lo specchio impietoso di un capitalismo nazionale gravemente usurato nella sua capacità progettuale, corroso all’interno dalla prolungata corruttela che governa da decenni la vita pubblica italiana.

Di sicuro circoleranno nelle giornate milanesi dei prossimi mesi discussioni importanti e serie, contributi alla comprensione della complessa realtà del mondo agricolo e della produzione e distribuzione del cibo. Ma intanto tutti i mesi di preparazione sono già passati sprecando una grande occasione: almeno un ampio dibattito nazionale sulle condizioni della nostra agricoltura, oltre che del nostro cibo, gettando uno sguardo sugli squilibri intollerabili che governano l’architettura mondiale della produzione alimentare. Un Expo che si occupa del tema di “nutrire il pianeta” non dovrebbe dimenticare che il cibo si ottiene dalla terra e che è la sua mancanza alla base della fame di milioni di famiglie. Quella terra sottratta ai contadini dai possessi latifondistici, come accade in America Latina, dagli scavi minerari e dalle dighe, come accade in India e in Cina, dagli inquinamenti petroliferi, dall’agricoltura industriale, dalla desertificazione, e ora dalle guerre in Africa e in Medio Oriente.

Ma il cuore della discussione avrebbe dovuto essere e dovrebbe ancora essere la ragione storica del primato alimentare italiano. Perché il nostro cibo è cos’ straordinariamente ricco, sapido, inventivo, vario, amato e imitato dappertutto? La risposta è all’apparenza facile e nota. Ma perché esso rispecchia la ricchezza unica e irriproducibile della nostra biodiversità agricola, frutto della varietà straordinaria di habitat naturali della Penisola e di una storia senza possibilità di confronti delle numerosissime comunità agricole che vi hanno operato per millenni. E la manipolazione alimentare delle infinite varietà di piante, di ortaggi, legumi, frutta è anch’essa opera storica del mondo contadino, della creatività popolare. In Italia come in Europa – lo ha ricordato più volte Massimo Montanari – anche l’elaborazione “alta” della cucina da parte dei cuochi professionali, faceva base sui piatti inventati dai contadini. E dunque l’Expo di Milano avrebbe dovuto e dovrebbe ancora porsi il problema fondamentale: quale sorte è riservata oggi ai contadini e ai lavoratori della terra del nostro Paese? Perché dovrebbe essere evidente il paradosso a cui l’Italia certo non sfugge: i contadini, i piccoli agricoltori, i produttori di cibo, quelle figure che alla fine consentono a tutti noi di vivere, che sono ancora oggi la base primaria e imprescindibile delle nostre società, sono i peggio remunerati fra tutti i ceti produttivi esistenti. Spesso sono in condizione di schiavitù sostanziale, come accade ai braccianti agricoli extra-comunitari di Rosarno, di Nardò e di altre campagne italiane. Un lato oscuro e vergognoso del made in Italy, denunciato da pochi coraggiosi, tra cui Carlo Petrini.

Tale discussione è drammaticamente urgente non solo per ragioni di giustizia sociale, ma perché è in pericolo anche il nostro patrimonio, quel cibo su cui si regge ancora tanta parte della nostra ricchezza e della nostra identità nazionale. E qui occorre esser chiari. Se noi non assicuriamo ai nostri produttori agricoli una remunerazione dignitosa, se non conserveremo la terra fertile per produrre cibo, noi perderemo in breve tempo la base di biodiversità agricola su cui si è fondata la nostra eccellenza in cucina. Il made in Italy diventerà una finzione commerciale, un trucco all’Italiana di cui i consumatori internazionali si accorgeranno ben presto. Il processo è già in atto da tempo. Tra il 1982 e il 2010 sono scomparse 1 milione mezzo di aziende dalle nostre campagne. Abbandonano i campi i piccoli produttori e resistono le grandi aziende. E allora occorre chiedersi: e’ questo il modello di agricoltura che vogliamo? Vogliamo puntare sulle grandi imprese per “produrre di più” riducendo i costi? Dobbiamo addirittura inserire il mais e la soia Ogm nelle nostre campagne, come pretendono taluni scienziati italiani, che hanno tanto a cuore le sorti della loro ricerca, e si curano così poco della storia e delle ragioni della nostra agricoltura?

La sparizione delle piccole aziende tradizionali comporta di necessità una crescente uniformità bioagricola dei prodotti. Su questo abbiamo prove allarmanti. Oggi siamo in grado di misurare gli esiti statistici ed epidemiologici di tale processo omologante dell’agricoltura e dell’alimentazione industriale. Nel rapporto Nuove evidenze nell’evoluzione della mortalità per tumore in Italia, pubblicata nel 2005 dall’Istat e dall’Istituto Superiore di Sanità, si legge: «L’uniformità alimentare ha prodotto un danno alle popolazioni del Sud, che in questi 30 anni hanno perso un vantaggio di salute che avevano» sul resto della popolazione italiana. L’alimentazione contadina che a lungo aveva protetto i meridionali dall’incidenza del cancro è stata dunque travolta. Un mutamento di paradigma alimentare che li espone alla virulenza cancerogena propria degli stili di vita delle società industriali.
Appare dunque evidente che le sorti dell’eccellenza italiana, il nostro cibo e i suoi infiniti piatti, al di la delle montagne di retorica che si sono sovrapposte sul tema, sono inscindibilmente legate al modello di agricoltura che vogliamo realizzare e in parte conservare. Essa dipende dal destino dei piccoli e medi produttori biologici, dalla loro disponibilità di terra, dalla remunerazione dei loro prodotti, dal premio dato a chi tutela la salubrità delle campagne, protegge il territorio su cui vive e opera, custodisce e restaura il paesaggio del Belpaese.

#IononlavorogratisperExpo

segnalato da barbarasiberiana

“FINO A SEI MESI DI CARCERE PER CHI SFRUTTA IL LAVORO GRATIS DEI VOLONTARI EXPO”

Di Roberto Ciccarelli, ilmanifesto.info, 09/04/2015

E’ la pena prevista per il reato di «interposizione illecita di mano d’opera». L’esposto all’ispettorato del lavoro di Milano presentato da Giorgio Cremaschi e dal Forum Diritti Lavoro: «Clamorosa la violazione della legge contenuta nei protocolli sottoscritti da Expo e Cgil, Cisl e Uil»

Un esposto contro «l’illegittimità» del lavoro gratuito per Expo presentato alla Direzione territoriale del lavoro di Milano per chiedere «un intervento tempestivo degli Ispettori del Lavoro di fronte alla clamorosa violazione della legge rappresentata dai protocolli sottoscritti dalle parti e le istituzioni che organizzano Expo con Cgil, Cisl e Uil».

Come anticipato sul Manifesto il 24 febbraio scorso, ieri a Milano l’associazione Forum Diritti Lavoro ha presentato una denuncia all’ispettorato del lavoro insieme al Unione sindacale di base, Adl, Area Il Sindacato è un’altra cosa-Opposizione Cgil, pensionati extra confederali e militanti No Tav. Giorgio Cremaschi, insieme agli avvocati Carbonelli, Di Stasi e Guglielmi sostengono che «il lavoro gratuito è fuorilegge in Expo per la semplice ragione che non rientra nelle fattispecie del volontariato previste e autorizzate dalla legge 266 del 1991. Questa tesi è confermata da importanti sentenze della magistratura. Expo non è una organizzazione non profit e i volontari non agiscono per ragioni di solidarietà sociale. Dovrebbero essere lavoratori retribuiti a tutti gli effetti, compresi quelli previdenziali e non basta un accordo sindacale per violare la legge». Il forum Diritti Lavoro chiede un intervento tempestivo delle autorità per imporre un radicale cambiamento di atteggiamento rispetto ai circa 18500 volontari che saranno impegnati all’Expo a partire dal 1 maggio e per i sei mesi successivi. Devono avere un regolare contratto a termine. Le pene previste per il reato di interposizione illecita di mano d’opera sono pesanti. Chi, all’Expo e dintorni, sta gestendo la partita dei volontari rischia grosso: l’arresto fino a sei mesi e una duplice ammenda: da 1.500 a 7.500 euro e un’altra da 5 euro da moltiplicare per 18500 volte e per sei mesi.

Si paventa inoltre una denuncia per evasione contributiva ai danni dell’Inps. Prevista anche una segnalazione alla procura della Corte dei Conti per recuperare il danno erariale. In totale potranno essere applicate sanzioni fino a un milione e trecentomila euro. Contro la piaga del lavoro gratis l’associazione promette nuove iniziative legali: «Expo rappresenta il precedente più grave e importante» di questo modello di estrazione del valore dalla vita dei giovani, e meno giovani, italiani (e non). Dura è la battaglia contro le associazioni del terzo settore che hanno scelto di collaborare con il caporalato «post-moderno»: «Occorre fare luce sulle tante troppe ambiguità e sui veri affari che sono coperti dalla voce terzo settore» sostengono i promotori della denuncia.

I volontari reclutati con il programma «Volontari per Expo Milano 2015» non lavoreranno completamente gratis per 14 o 15 giorni per 5 ore e 30 minuti ogni giorno. Riceveranno le seguenti «agevolazioni»: buono pasto da 5,29 euro al giorno, il «Volunteer Kit» (cappellino, divisa Expo), pasto giornaliero, copertura assicurativa, rimborso spese per trasporti e l’alloggio (con limitazioni). Il famoso tablet promesso dall’Ad Expo Sala andrà a loro. Il suo valore è pari a 150 euro (minimi), la metà della somma di 300 euro versati ai volontari reclutati con «DoteComuneExpo» per un mese di lavoro, pari a due euro all’ora. All’Expo i volontari non sono tutti uguali.

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La campagna #iononlavorogratisperExpo su facebook

Un’ipoteca sul futuro?

Segnalato da barbarasiberiana

EXPO 2015: UN’IPOTECA SUL FUTURO?

Sabato 28 marzo – ore 10.30, presso la Sala conferenze – Libreria Claudiana, in Via Francesco Sforza 12/a a Milano, l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni promuove un incontro dal titolo EXPO 2015: un’ipoteca sul futuro?

L’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni è nato dall’esigenza di approfondire e conoscere le dinamiche vive che si costruiscono nel tessuto sociale del nostro paese, di indagarne sia le distorsioni sia le potenzialità tanto a livello locale quanto a livello sovralocale.

In questa fase, in Italia, chiunque voglia riflettere sui processi che attraversano i territori deve necessariamente confrontarsi con l’ormai prossima inaugurazione di Expo 2015, di un evento globale che ha già avuto e avrà un enorme impatto sull’area metrolombarda, offrendosi a paradigma di un modello di sviluppo tutt’altro che innovativo benché rilanciato nel discorso pubblico e nell’azione di governo.

Malgrado il rilievo e la gravità del tema prescelto, quel Nutrire il mondo che evoca la necessità di «garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri» – come recita il sito ufficiale della manifestazione – Expo 2015 rappresenta infatti il simbolo di un modo di intendere la messa in valore di un territorio che procede in direzione opposta a quella promozione e riappropriazione delle risorse locali, ambientali sociali e culturali, che pure dice di voler favorire.

È il modello dei “grandi eventi” e delle “grandi opere” su cui dobbiamo tornare a confrontarci a dispetto della retorica della “straordinaria opportunità” che derubrica ogni dissenso, ogni argomento critico, a “sterile disfattismo” o “cieco conservatorismo”. Una retorica pubblica, peraltro, divenuta a tratti imbarazzante alla luce dell’ondata di arresti delle massime dirigenze della manifestazione e della pubblicazione dei dati reali sugli investimenti e sul lavoro.

A partire da questa serie di contraddizioni, l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni ha quindi deciso di promuovere un incontro pubblico a Milano capace di contribuire a una più estesa e approfondita riflessione sull’impatto immediato e futuro di Expo 2015 nel nostro paese.

Partecipano:

Stefano Boeri (architetto)

Alberto Di Monte (Lab.Offtopic_aderente rete NoExpo)

Luca Martinelli (AltrEconomia)

Emilio Molinari

Expo: lettera aperta alle autorità

Segnalato da barbarasiberiana

Il 7 febbraio a Milano si terrà una Convention nella quale il PdC Matteo Renzi presenterà il Protocollo sul cibo.

In contemporanea si svolgerà il convegno “Expo: nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali ?”, del quale trovate il programma più sotto.

In questa occasione un gruppo di cittadini ha preparato una lettera aperta alle Autorità italiane e agli esperti invitati al convegno istituzionale, che potete trovare QUI.

Tra i promotori e i firmatari della lettera possiamo trovare: Moni Ovadia, Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Piero Basso, Franco Calamida, Massimo Gatti, Antonio Lareno, Antonio Lupo, Emilio Molinari, Silvano Piccardi, Paolo Pinardi, Basilio Rizzo, Erica Rodari, Anita Sonego, Guglielmo Spettante.

Vi invitiamo, se non lo avete già fatto, a sottoscriverla personalmente e farla sottoscrivere alle vostre associazioni e ad altri.

Le adesioni alla lettera aperta, sia individuali che collettive, vanno comunicate ad uno dei seguenti indirizzi mail:

Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org

Franco Calamida f.calamida@alice.it

Scarica la lettera in formato pdf.

https://www.facebook.com/events/445550245598421/?source=1

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EXPO: NUTRIRE IL PIANETA O NUTRIRE LE MULTINAZIONALI?

www.welfarenetwork.it, 19/01/2015

Il convegno si svolgerà presso la sala Alessi a Palazzo Marino, sabato 7 febbraio dalle 9,30 alle 14,00.

CostituzioneBeniComuni, il gruppo consigliare Sinistra per Pisapia, con l’adesione di Adesso Basta e del Comitato Milanese AcquaPubblica vi invitano a partecipare al convegno internazionale “Expo:  nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali ?” che si svolgerà presso la sala Alessi a Palazzo Marino, sabato 7 febbraio dalle 9,30 alle 14,00.

In questi ultimi mesi di lavori per la realizzazione di Expo 2015, la nostra città ha visto di tutto, dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città che avrebbe urgenza di ben altri interventi, Inutile dire che questi episodi hanno colpito molto negativamente l’opinione pubblica, e noi per primi.

Ma c’è un aspetto che, fra tutti ci preoccupa moltissimo e ci chiede, come cittadini milanesi, di assumerci delle responsabilità.

L’organizzazione dell’evento, la scelta delle partnership, i protocolli che saranno firmati appaiono in totale contrasto con il logo “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, le protagoniste assolute saranno le grandi multinazionali, dalla Coca Cola alla Nestlè alla Barilla, solo per citarne alcune. Proprio quelle aziende che con le loro politiche rappresentano una delle cause fondamentali della mancata realizzazione del diritto all’acqua potabile e al cibo sano. L’Expo sembra fatto apposta per nutrire la multinazionali, non certo il pianeta.

Il convegno del 7 febbraio è l’apertura di un percorso aperto e rivolto a tutti con l’obbiettivo di discutere ed avviare delle iniziative in grado di mettere al centro del dibattito della nostra città nei prossimi mesi il diritto al cibo, all’acqua e la difesa della legalità dagli appetiti speculativi.

CostituzioneBeniComuni, gruppo consigliare Sinistra per Pisapia.

Aderiscono: Adesso Basta, Comitato Milanese Acqua Pubblica

https://www.facebook.com/Costituzionebenicomuni

https://www.facebook.com/events/1562868707303301/?ref=51&source=1

conv expo