Lampedusa

Rifugiàti

È banale, e per questo ancora più triste, constatare che la tragedia di Lampedusa e i suoi oltre 300 morti evidenziano per l’ennesima volta il fallimento delle politiche di gestione dei flussi migratori verso l’Europa. (1) Più complessa e controversa è l’attribuzione delle responsabilità.
Il 3 ottobre 2013, mentre diventava evidente la misura della catastrofe, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, additava le responsabilità degli scafisti, invocando il presidio delle frontiere per “stroncare il traffico criminale di esseri umani”. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ipotizzava addirittura un disegno divino per attribuire la responsabilità all’Europa: “Spero che la divina provvidenza abbia voluto questa tragedia per far aprire gli occhi all’Europa” . (2) Proseguendo con le metafore religiose, e senza voler in alcun modo minimizzare il ruolo di Europa e scafisti in queste morti, sarebbe forse più efficace iniziare a rimuovere le travi che albergano nei nostri occhi, indipendentemente dal fatto che quelle negli occhi degli altri siano pagliuzze, travi o intere foreste.
Se invece passiamo al linguaggio dell’economia, dobbiamo parlare di scelte e incentivi. Su quelle barche che cercano di approdare sulle nostre coste viaggiano sia immigrati “economici” che potenziali rifugiati. I primi vengono in Europa a cercare un lavoro e migliori condizioni di vita, i secondi cercano riparo da persecuzioni personali o da conflitti. In entrambi i casi, si tratta del risultato della sostanziale assenza di plausibili canali di accesso regolare in molti paesi europei e, in particolare, in Italia.
Degli immigrati “economici” si è già detto molto, anche su questo sito. Il punto cruciale è che gli immigrati che si trovano già in Italia senza documenti hanno una probabilità di diventare stranieri legalmente residenti (grazie a sanatorie o a un uso improprio del decreto flussi) assai più elevata di chi resta nel proprio paese di origine ad aspettare la chimera di un ingresso legale. (3) Difficile stupirsi, quindi, se molti di loro decidono di venire in Italia irregolarmente, spesso rischiando la vita.
La situazione è simile – e forse ancora più palese – per i potenziali rifugiati. Anche per loro ci sarebbero due modi per ottenere lo status di rifugiato. Il primo è arrivare fisicamente nel territorio dello stato ospitante e presentare la domanda di persona. Nulla, in teoria, impedisce ai potenziali richiedenti asilo di entrare per via aerea e con un regolare visto turistico. Naturalmente il problema è che i rifugiati, a differenza dei turisti, difficilmente hanno il tempo e la possibilità di ottenere passaporti e visti e, di conseguenza, l’ingresso irregolare rimane l’unica via percorribile, con le tragiche conseguenze che ne possono derivare.
Un secondo canale di ingresso prevede la possibilità di fare domanda di protezione internazionale “a distanza”, ad esempio dai campi profughi spesso allestiti in paesi confinanti con quelli in conflitto, e spostarsi nel paese ospitante solo quando (e se) lo status di rifugiato è stato ottenuto.
Il primo canale di ingresso è notevolmente più pericoloso, dunque sarebbe sufficiente che la probabilità di ottenere lo status di rifugiato attraverso il secondo canale fosse ragionevolmente elevata, per dissuadere gran parte dei profughi dal rischiare la propria vita attraversando il Mediterraneo su una barca. La domanda per passaggi sui barconi si abbasserebbe sensibilmente, con buona pace degli scafisti.

PERCHÉ L’ITALIA IGNORA LA RESETTLEMENT POLICY?

Il fatto che in Italia, come in molti altri paesi europei, sia previsto solo il primo canale di accesso non implica che il secondo resti un’ipotesi puramente teorica. La possibilità di ottenere lo status di rifugiato a “distanza” esiste: si chiama resettlement policy, ed è gestito dall’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati. In sintesi, i paesi ospitanti che partecipano al programma permettono a profughi, che hanno trovato rifugio temporaneo in un paese terzo, di essere riconosciuti come rifugiati e trasferiti nel loro territorio. (4)

Il grafico sotto riporta il numero totale di rifugiati riconosciuti dai principali paesi Ocse nel periodo 2008-2012, distinguendo tra quelli che sono arrivati “autonomamente” (quindi, nella maggioranza dei casi, irregolarmente) e quelli resettled. Per ogni paese, il grafico mostra sia la percentuale corrispondente a ciascun canale di ingresso che i valori assoluti.
La percentuale di asili accordati attraverso programmi di resettlement supera il 50 per cento del totale dei rifugiati accolti in Nuova Zelanda (85 per cento), Usa (72 per cento) e Australia (55 per cento), ed è piuttosto elevata anche in Canada (36 per cento), Finlandia (34 per cento) e Danimarca (27 per cento). Gli Stati Uniti hanno permesso il resettlement nel loro territorio a oltre 260mila rifugiati, seguono l’Australia e il Canada con circa 30mila rifugiati resettled ciascuno. Al contrario, l’Italia si colloca fra i paesi in cui il numero di richiedenti asilo accolti attraverso programmi di resettlement è risibile: 288 rifugiati nel periodo 2008-2012, meno del 0,01 per cento dei circa 35mila rifugiati accolti in totale durante lo stesso periodo. Il motivo è semplice: l’Italia non partecipa, se non occasionalmente, al programma di resettlement dell’Unhcr.
In conclusione, mentre in Italia discutiamo di Europa, scafisti e vaghi progetti di “corridoi umanitari”, molti Stati partecipano attivamente ai programmi dell’Uhnrc, incluso, ad esempio, quello predisposto per l’emergenza siriana, che vede coinvolte sedici nazioni. Perché l’Italia non prende parte a questi programmi? La risposta più ovvia – “se lo facessimo verremmo sommersi di domande di asilo” – ha una conseguenza importante: ammettere che l’Italia, come molti altri paesi europei, utilizza la difficoltà di raggiungere le nostre coste come meccanismo di selezione per limitare le domande, scaricando il costo direttamente sui profughi (e creando il mercato per gli scafisti).
Siamo assolutamente certi che tutti i cittadini e i Governi europei condividano l’obiettivo minimo di evitare in futuro tragedie come quella di Lampedusa. Allora, i nostri governanti dovrebbero riconoscere che queste morti sono anche la conseguenza inevitabile di una precisa scelta (o non-scelta) politica e agire di conseguenza, senza attendere la prossima, annunciata tragedia.

Figura 1 – Rifugiati riconosciuti, per modalità di ingresso (totale 2008-2012)

devillanova fasani
Nostra elaborazione su dati Unhcr, Population Statistics Reference Database, United Nations High Commissioner for Refugees.

Ringraziamo Matteo de Bellis di Amnesty International (London).

(1) Secondo una stima per difetto, dal 1998 sarebbero circa 20mila le persone morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste meridionali dell’Europa (http://fortresseurope.blogspot.co.uk/p/la-strage.html).
(2) Entrambe le citazioni sono prese dal Sole-24Ore del 3 ottobre 2013:http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-10-03/lampedusa-papa-vergogna-mobilitano-123003.shtml
(3) Si veda Fasani et al. (2013) “Immigration Policy and Crime”  (http://www.frdb.org/upload/file/Report%201.pdf).
(4) Si veda: http://www.unhcr.org/pages/4a16b1676.html.

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Rifugiati: la tragedia continua

lavoce.info, 21.04.15 – di Maurizio Ambrosini

I numeri delle migrazioni

La nuova tragedia del mare nel canale di Sicilia fa oscillare nuovamente il pendolo dell’opinione pubblica verso l’orrore e la compassione, dopo che con troppa fretta era stata archiviata l’operazione Mare Nostrum, accusata di attrarre nuovi sbarchi sulle nostre coste.
Poche settimane fa, avevano suscitato scalpore i dati diffusi dall’Eurostat: 626mila i richiedenti asilo nell’Unione Europea nel 2014, 191mila in più rispetto al 2013, con un incremento del 41 per cento: un record storico, sottolineavano le agenzie. L’Italia figurava al terzo posto per numero di domande ricevute, con 64.625. L’Eurostat indicava anche una crescita molto consistente dei siriani, passati da 50mila a quasi 123mila. Tutti dati veri, ma comunicati in questo modo, estrapolati dal contesto più ampio e drammatico in cui si collocano, sono tali da suscitare sentimenti di allarme e domande di contenimento.
L’Acnur, l’agenzia dell’Onu per l’assistenza ai rifugiati, ha diffuso a sua volta i numeri relativi ai primi sei mesi del 2014. Ci dicono che il piccolo Libano accoglieva in quel periodo 1,1 milioni di richiedenti asilo, la Turchia quasi 800mila, la Giordania 645mila.
Ciascuno di questi paesi da solo si faceva carico dunque di un numero di persone in cerca di protezione superiore a quello di tutti i 28 paesi dell’Unione Europea messi insieme. E da allora la situazione è molto peggiorata, per loro molto più che per noi. Un altro dato eloquente riguarda il numero di rifugiati accolti per ogni mille abitanti. Qui il Libano raggiungeva quota 257, la Giordania 114, la Turchia scendeva a 11. Il primo paese dell’UE è la piccola Malta con 23, la Svezia è a quota 9. L’Italia, sotto la media europea, si fa carico di 1,1 rifugiati ogni mille abitanti.

QUI l’articolo completo.

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segnalato da barbarasiberiana

limesonline.com, 21.04.2015 – di Riccardo Pennisi

COME EVITARE LA PROSSIMA STRAGE DI MIGRANTI NEL MEDITERRANEO

[Carta di Laura Canali da Chi ha paura del califfo]

Accogliere tutti è impossibile e illogico, persegui(ta)re chi fugge da paesi in guerra anche. Ma qualche soluzione c’è, per l’Europa e per l’Africa.

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Pietà l’è morta

segnalato da barbarasiberiana

Premessa. Ieri mattina, a commento del post con cui l’assessore Majorino chiedeva l’assunzione di responsabilità politica ai massimi livelli, un tale ha scritto: “Ma che cazzo stai dicendo razza di decerebrato? è grazie alla vostra politica sinistrorsa che accadono queste cose, tranquillo, noi della riva destra le uniche lacrime che piangiamo sono quelle per il ridere a crepapelle, sia per l’accaduto sia per vedere il vostro fallimento diventare sempre più grosso! By by perdenti!” 

Al simpatico personaggio che ha scritto ciò, e a tutti gli altri che hanno fatto sparate simili, auguro di provare, anche solo per qualche minuto, quello che provano questi disperati. E di pensare che in fondo, una volta, i disperati eravamo noi.

L’articolo che segue è stato scritto dopo una delle tante stragi di questo inverno. Da inizio anno sono morte più di mille persone.

LAMPEDUSA, PIETA’ L’E’ MORTA

di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it, 13/02/2015

Da come si comportano e da ciò che dicono, abbiamo l’impressione che Matteo Renzi, Angelino Alfano, Matteo Salvini (e molti altri ancora) non abbiano ben chiaro cosa è accaduto e cosa purtroppo ancora accadrà sui gommoni alla deriva nel Canale di Sicilia.

A parte i pochissimi sopravvissuti, i più fortunati sono morti per annegamento. Un’onda più alta li ha trascinati nell’acqua gelata: ma se hanno avuto la forza di lasciarsi andare, per loro è sopraggiunta quasi subito l’asfissia. È andata peggio a chi cercava di resistere. Aggrappato ai bordi dell’imbarcazione o rannicchiato sul fondo. L’ipotermia è un processo lungo che sale uno a uno tutti i gradini della sofferenza prima di concludersi con la liberazione finale. Sferzata dal vento gelido e senza adeguato riparo, la pelle comincia a ulcerarsi mentre il corpo è scosso dai brividi. I movimenti si fanno lenti e affannosi, il viso è sempre più pallido mentre labbra, orecchie, mani e piedi diventano blu. Chi tenta di parlare lo fa con crescente difficoltà, le dita s’irrigidiscono, la pelle si gonfia, la mente si annebbia, sopraggiunge l’affanno mentre aumenta la frequenza cardiaca. Infine, a causa della ridotta attività cellulare, il corpo richiederà più tempo per subire la morte cerebrale.

I più giovani avranno il tempo di ricordare i momenti felici, i genitori, gli amori, tutto forse in quell’attimo racchiuso nel tasto del cellulare che non avranno più la forza di premere. Quanti, per non provare più quel rimpianto infinito, avranno implorato la fine? Ora, se Renzi, Alfano e Salvini fossero capaci di moltiplicare questa sofferenza per le 300 vittime di mercoledì e poi per le stragi infinite che hanno trasformato il Mediterraneo nella tomba gigantesca che sappiamo, si renderebbero conto di come le loro reazioni siano, oltreché politicamente inadeguate, “umanamente” insopportabili.

Grida vendetta la fine di “Mare Nostrum” dettata da ragioni biecamente economiche come se le vite di migliaia di persone, salvate grazie al prodigarsi degli uomini della Marina Militare, avessero un prezzo (vero Alfano?). E che dire di chi ha trasformato una grande tragedia umanitaria in uno slogan da stampare sulle felpe (“Basta clandestini”) per fare il pieno dei voti nel becero qualunquismo imperante (vero Salvini?). Lascia infine basiti il tweet di Renzi: il solito cinico scaricabarile questa volta “sul caos in Libia”, un modo per lavarsene le mani indegno di un capo di governo.

Di sceneggiate ne abbiamo viste abbastanza. Silvio Berlusconi che, nel 1997, a Brindisi piange sulla strage del barcone speronato dalla corvetta “Sibilla”, salvo poi – ritornato al governo – varare leggi ancora più disumane. Ed Enrico Letta che oggi s’indigna, ma che nell’ottobre 2013, a Lampedusa, s’inginocchiò davanti a centinaia di bare scusandosi per le “inadempienze” insieme all’allora presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e all’immancabile Alfano.

Verrebbe da chiedere cosa abbiano realmente cambiato quelle lacrime. Possibile che questa classe politica, eternamente inadempiente, non riesca a elaborare concetti che vadano oltre i 140 caratteri? Possibile che sulle lapidi di quei ragazzi morti di freddo non siano capaci di scrivere una parola di pietà, ma solo gli scarabocchi delle loro piccole, squallide beghe?

Veleggiata per i diritti umani

segnalato da barbarasiberiana

Gli attivisti e le attiviste del Campo Amnesty a Lampedusa saranno a Cala Pisana per la mobilitazione in favore dei diritti umani di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.

L’iniziativa prevede una veleggiata con i ragazzi della scuola nautica della Lega Navale Italiana Sezione di Lampedusa e Linosa allo scopo di sensibilizzare i cittadini e i leader europei sul ruolo dell’Europa in materia di libertà, sicurezza e giustizia nell’ambito dell’immigrazione e della richiesta d’asilo.

“L’Europa ha perso qualcosa di profondamente prezioso: la sua capacità di dimostrare umanità. Mentre interi gruppi familiari provenienti dalla Siria e molti altri rifugiati originari da paesi come Eritrea e Somalia annegano perché non hanno alternative, il silenzio dell’Europa è assordante. La mancanza d’azione dei leader dell’Ue è una vergogna per l’Europa intera. Oggi abbiamo più rifugiati di qualunque altro periodo successivo alla Seconda guerra mondiale ma la risposta europea è quella di girare le spalle a questa crisi.” (Carmen Dupont-Amnesty International)

Gli stati europei devono offrire ai rifugiati canali sicuri e legali di accesso alla protezione.

Con la campagna SOS Europe Amnesty International chiede la rottura di questo silenzio.

Firma la petizione: http://appelli.amnesty.it/sos-europ…

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/1445849919019627/

Pagina dedicata all’evento: http://www.amnesty.it/Lampedusa-25-luglio-prima-veleggiata-per-i-diritti-umani

Leggi il blog dei campi: http://campi.amnesty.it/2014/