Legge 194

Chiediamo piena applcazione della Legge 194

Segnalato da Barbara G.
La Lombardia si mobilita con la campagna #AbortoAlSicuro

Sono passati quasi 41 anni dall’approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, una legge che ha fatto da argine alla pratica dell’aborto clandestino e favorito la cultura della prevenzione, nell’ottica della tutela della salute della donna partendo, prima di tutto, da una corretta informazione. Negli anni questa legge è stata via via depotenziata, con una riduzione drastica della diffusione dei consultori sul territorio e con un ricorso massiccio all’obiezione di coscienza da parte dei medici.

A fronte di una percentuale di obiettori che, in molte città, non consente erogare un servizio che dovrebbe invece essere garantito per legge, medici che estendono in modo arbitrario il concetto di obiezione ed ospedali che devono ricorrere a professionisti esterni per le IVG, si verifica un preoccupante incremento dell’aborto fai-da-te, spesso con medicinali acquistati on line.

E’ giunto quindi il momento di chiedere a gran voce una piena e corretta applicazione della 194. Ed è per questo che, in Lombardia, è nata la campagna Aborto al Sicuro: una raccolta firma per proporre una legge regionale di iniziativa popolare, finalizzata alla riorganizzazione e al coordinamento dell’attività dei consultori e dei centri nei quali si pratica l’IVG.

Per conoscere la proposta puoi scaricare il testo integrale o il volantino sintetico.

Per firmare puoi recarti presso uno dei banchetti allestiti nel territorio regionale, cerca il più vicino sul sito ufficiale della campagna.

www.abortoalsicuro.it

Pagina facebook AbortoAlSicuro

La raccolta firme è promossa da: Associazione Radicale Enzo Tortora, Associazione Luca Coscioni, Radicali Italiani.

All’iniziativa aderiscono 19 fra associazioni e partiti:

AGITE, ALiDa, ARCIATEA, Casa delle donne di Milano, Casa per la pace Milano, Certi diritti, Collettivo AG!TAmente, Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni- Milano, Consultori Privati Laici – Milano, Coordinamento Genitori Democratici Milano, Donne Democratiche, Federazione dei Verdi – Milano, Movimento 5 stelle – Lombardia, Naga, Chiesa Pastafariana Italiana, Possibile – Lombardia, PRO-CHOICE – Rete Italiana Contraccezione e Aborto, Sinistra X Milano, UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.

Obiezione Vostro Onore

segnalato da Barbara G.

Abortire a Roma? Dimenticatevelo! Una docu-inchiesta sulla legge 194

di Giulia Quercini – left.it, 23 settembre 2015

«La legge 194 è una legge che ha quasi 40 anni ed è figlia di lotte e rivendicazioni, ci sembrava giusto raccontare cosa stesse accadendo». Dicono Claudia Torrisi, Filippo Poltronieri, Federica Delogu e Sebastian Viskanic, ex studenti della Fondazione Lelio Basso e autori dell’inchiesta-documentario, che Giovedì 24 settembre verrà trasmessa alle 21.20 su Rainews 24. La loro inchiesta Obiezione Vostro Onore, finalista della quarta edizione del Premio Roberto Morrione, si concentra sul tema del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella città di Roma, verificando quanto la legge 194 trova applicazione negli ospedali della capitale.

A Roma, secondo i dati raccolti dagli autori del documentario, 9 ginecologi su 10 sono obiettori di coscienza. Nonostante, quindi, la legge 194 sia applicata in Italia dal 1978, ancora non è facile per le donne che decidono di intraprendere un aborto portarlo a termine nelle strutture pubbliche ospedaliere, tenute per legge a offrire il servizio. Questo perché al diritto della donna di decidere del proprio corpo si sovrappone un altro diritto: quello del medico a esercitare l’obiezione di coscienza, non effettuando interruzioni di gravidanza. La facilità con cui l’obiezione di coscienza può essere posta, compilando un semplice modulo e revocata, senza dover addurre motivazioni, determina un dilagarsi del suo utilizzo.

Percentuale obiettori di coscienza a Roma

Dall’inchiesta emerge che solo nella città di Roma ci sono almeno tre ospedali che non garantiscono il diritto ad abortire: il Centro per la donna Sant’Anna, l’Ospedale Sant’Andrea e il Policlinico Tor Vergata, due dei quali sono policlinici universitari, dove vengono formati i nuovi ginecologi. Anche negli ospedali in cui si pratica l’interruzione volontaria di gravidanza i problemi a cui vanno incontro le donne sono molti: «Si ha la sensazione di un percorso a ostacoli, ci si sente invisibili e abbandonate in una scelta che richiederebbe agevolazioni e supporto» racconta Valentina, che alle 5 di mattina è insieme ad almeno altre dieci donne, in attesa del suo turno in un sottoscala dell’ospedale San Camillo, davanti ad una porta di vetro sbarrata.
C’è però un altro tipo di interruzione di gravidanza, di cui si parla pochissimo, ed è effettuata dopo il primo trimestre: l’aborto terapeutico. Questo è effettuato per legge dopo il primo trimestre, nei casi di pericolo per la vita della donna o se gli esami a cui si è sottoposta hanno evidenziato gravi malformazioni del feto. Se la donna sceglie di interrompere una gravidanza dopo il terzo mese si rende necessario ricoverarla per qualche giorno e indurre il parto. Per questo i medici non obiettori devono organizzare i loro turni per seguire la paziente, ma spesso negli ospedali i non obiettori sono così pochi che le donne devono attendere per ore, in locali non idonei. Roma è solo l’esempio di come questa legge, in tutta Italia, e in particolare al sud, fatica ancora a trovare una vera applicazione.
Obiezione vostro onore è un’inchiesta che denuncia e porta davanti agli occhi di tutti una cruda verità: la garanzia del diritto all’aborto non è ancora una realtà consolidata in Italia e per le donne non è facile usufruire di un diritto che dovrebbe essere già ampiamente affermato.

 

194: applicazione per decreto

ABORTO, NIENTE OBIEZIONE NEI CONSULTORI – LA RIVOLUZIONE DELLA REGIONE LAZIO

Un decreto dell’ente guidato da Nicola Zingaretti segna un passo importante a tutela della legge 194. Il ginecologo obiettore non potrà più sottrarsi al dovere di garantire a chi ne ha bisogno tutti i certificati necessari per abortire. E dovrà prescrivere i farmaci per la contraccezione, inclusa la pillola dei cinque giorni dopo.

da l’Espresso (24 Giugno 2014) – di Francesca Sironi

 

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Il medico ha il dovere di informare. Di garantire alla paziente che richiede un aborto tutti i certificati necessari, di dare i consigli adeguati. Non solo: è tenuto alla prescrizione dei contraccettivi, pure “post-coitali”. Insomma: se per legge può rifiutarsi secondo coscienza di operare un’interruzione volontaria di gravidanza, non può sottrarsi al suo compito di cura all’interno dei consultori familiari. Lo ha messo nero su bianco, per la prima volta, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, in un decreto da lui firmato sulla riorganizzazione dei servizi medici per la salute della donna.

Sembra una banalità, ma non lo è affatto per una regione come il Lazio dove gli obiettori di coscienza sono il 90 per cento dei medici . In un paese come l’Italia in cui al posto delle informazioni sulla contraccezione si possono trovare, nei consultori, i volantini-shock del movimento per la vita . In un sistema in cui i ginecologi arrivano a negare anche solo un’indicazione sul percorso e le strutture disponibili, come ha raccontato “l’Espresso” nello speciale ” Aborti impossibili “.

Per questo, le frasi contenute nell’allegato “uno” del decreto sui consultori familiari voluto dal governatore Zingaretti sono un segnale importante a difesa della legge 194, che dal 1978 dovrebbe garantire alle donne la possibilità di abortire in sicurezza ma che in realtà oggi è difesa e sostenuta solo grazie ai volontari . «In merito all’esercizio dell’obiezione di coscienza tra i ginecologi», si legge nel decreto: «si ribadisce come questa riguardi l’attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell’interruzione volontaria di gravidanza. Al riguardo, si sottolinea che il personale operante nel consultorio familiare non è coinvolto direttamente nell’effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare Ivg».

Il dovere di garantire le cure nei consultori riguarda anche la contraccezione. «Per analogo motivo», continua infatti il decreto: «il personale operante è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all’applicazione di sistemi contraccettivi meccanici», come la spirale. Scontato? Non tanto, come raccontava un’inchiesta de “l’Espresso” pochi mesi fa.

Il lavoro sporco

Il lavoro sporco è quello dei medici non obiettori, che fanno un lavoro che gli altri medici non vogliono fare, venendo pure penalizzati in termini di opportunità di carriera.

Al centro oggi come ieri c’è una battaglia sul corpo delle donne. In Italia, ma anche in Europa, nel vento di retroguardia che vuole ridimensionare la libertà femminile, l’autodeterminazione femminile, quell’autonomia di scelta, a volte anche così dolorosa, che sembra fare più paura di ogni diritto acquisito. C’è questo e molto altro dietro la nuova campagna contro la nostra legge sull’aborto, di fatto ancora una legge dello Stato, ma in realtà erosa da oltre vent’anni di boicottaggi, obiezioni e malasanità. Con il paradosso che quella che oggi si vuole demolire è stata invece una buona legge, straordinaria per certi versi, che ha portato a una decrescita di oltre il cinquanta per cento il numero degli aborti, e ci ha classificato agli ultimi posti in Europa nella statistica delle interruzioni volontarie di gravidanza. Perché le donne italiane (e anche molte immigrate) hanno imparato a non abortire, sanno quando e come pianificare una maternità, anzi il grande rimpianto delle ragazze di oggi assediate da incertezze e precariato è proprio quello di non poter affrontare una maternità. Ma l’aborto c’è, esiste, può accadere. E c’è anche il dramma dell’aborto terapeutico, quella scelta dolorosissima che una madre e un padre a volte fanno di fronte alla diagnosi di figli affetti da malattie senza speranza. Decisioni verso le quali l’unica risposta dovrebbe essere il rispetto, e un accompagnamento sanitario dignitoso ed efficace. Una compassione laica, che non vuol dire astensione dal pubblico servizio come invece fanno migliaia di obiettori di coscienza, ma un cammino insieme.

Per circa quindici anni la legge 194 ha garantito tutto questo. Poi negli ospedali è iniziato lo smantellamento. Il numero degli obiettori è aumentato a dismisura, ponendo forti interrogativi sulle reali motivazioni di queste scelte, quanto etiche o religiose, quanto di carriera. Di riflesso il lavoro dei medici che applicano la legge 194 è diventato sempre più duro: costretti a fare soltanto aborti, penalizzati nella professione, isolati. Tanti quelli che non ce l’hanno fatta e hanno obiettato, come unica via d’uscita. I direttori sanitari però, invece di riorganizzare i servizi, di contingentare o sostituire gli obiettori, hanno girato la testa dall’altra parte, violando una legge dello Stato. Oggi restano storie tremende di giovani abbandonate a se stesse, di aborti terapeutici effettuati in condizioni sub umane. E così è tornato a fiorire l’orrendo business delle interruzioni clandestine, non più cucchiai d’oro ma pillole abortive. Lo scenario ci riporta agli anni Settanta, quando ancora le legge non c’era: solitudine, soldi e donne che muoiono. Accade, ma non se ne parla.

Il resto nell’inchiesta di REPUBBLICA

La Legge e i Diritti

di barbarasiberiana

Legge 194: per l’Europa l’Italia viola i diritti delle donne

Lo dice un’importante sentenza del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, che ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che – alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Si tratta di un’importante vittoria, che arriva proprio l’8 marzo, data simbolica per la storia delle donne. 

L’associazione non governativa che ha presentato il ricorso contro l’Italia, International Planned Parenthood Federation European Network, è stata assistita da Marilisa D’Amico, co-fondatrice di Vox e da Benedetta Liberali, tra le voci di Vox.

La legge 194/1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale debba poter garantire sempre il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa dell’elevato numero di medici obiettori, alcune strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico medici che possano garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge. Il riconoscimento di violazione da parte dell’Europa mira a garantire la piena applicazione di una legge dello Stato, la 194, che la Corte costituzionale ha definito irrinunciabile. Il Comitato Europeo ha accolto tutti i profili di violazione evidenziati nel reclamo, in particolare si afferma:

[…]

– la documentazione prodotta da IPPF EN in merito ai casi e ai dati relativi alla disapplicazione della legge n. 194 dimostra l’esistenza di un problema serio in materia di interruzione volontaria di gravidanza;

– il Governo italiano non ha fornito alcun dato né depositato alcuna documentazione che dimostri l’infondatezza delle allegazioni di IPPF EN ;

[…]

– le informazioni fornite da IPPF EN non sono state smentite dal Governo italiano;

[…]

Un secondo reclamo è stato poi presentato al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro,  con Susanna Camusso assistita e difesa sempre da Marilisa D’Amico e da Benedetta Liberali. Si tratta di un analogo reclamo collettivo contro l’Italia in cui si intendono far valere non solo i diritti delle donne, ma anche i diritti lavorativi dei medici non obiettori di coscienza.

L’articolo completo

Il testo del reclamo e della sentenza li trovate QUI.