Lodi

16 ottobre e dintorni

di Barbara G.

Discriminazioni, persecuzioni, repressioni, proteste, lotte.

Mobilitazioni, categorie che scendono in campo, metaforicamente ed anche fisicamente, per il rispetto dei diritti di tutti, soprattutto di quelli che sono meno uguali degli altri.

Storie note e meno note, avvenute attorno al 16 ottobre, ma non solo…

Perché ogni storia richiama un’altra storia che merita di essere ricordata, e di servirci come avviso o come una luce di speranza, visti i tempi non proprio brillanti nei quali viviamo.

16 ottobre 1943

Fonte: http://www.storiaxxisecolo.ithttp://www.16ottobre1943.it

La “soluzione finale” per gli ebrei romani arriva il 24 settembre 1943 con l’ordine da Berlino di “trasferire in Germania” e “liquidare” tutti gli ebrei “mediante un’azione di sorpresa”. Il telegramma riservatissimo è indirizzato al tenente colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma. Nonostante il colpo delle leggi razziali, gli ebrei a Roma non si aspettano quello che sta per accadere: Roma è “città aperta”, e poi c’è il Papa, sotto l’ombra della cupola di San Pietro i tedeschi non oserebbero ricorrere alla violenza. Le notizie sul destino degli ebrei in Germania e nell’Europa dell’Est sono ancora scarse e imprecise. Inoltre, la richiesta fatta il 26 settembre da Kappler alla comunità ebraica di consegnare 50 chili d’oro, pena la deportazione di 200 persone, illude gli ebrei romani che tutto quello che i tedeschi vogliono sia un riscatto in oro. Oro che con enormi difficoltà la comunità riesce a mettere insieme e consegnare due giorni dopo in Via Tasso, nella certezza che i tedeschi saranno di parola e che nessun atto di violenza verrà compiuto. Nelle stesse ore le SS, con l’ausilio degli elenchi dei nominativi degli ebrei forniti dall’Ufficio Demografia e Razza del Ministero dell’Interno, stanno già organizzando il blitz del 16 ottobre.

Alle 5,30 del mattino di sabato 16 ottobre, provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle famiglie ebree, 300 soldati tedeschi iniziano in  contemporanea la caccia per i quartieri di Roma. L’azione è capillare: nessun ebreo deve sfuggire alla deportazione. Uomini, donne, bambini, anziani ammalati, perfino neonati: tutti vengono caricati a forza sui camion, verso una destinazione sconosciuta. Alla fine di quel sabato le SS registrano la cattura di 1024 ebrei romani.

I tedeschi bussarono, poi non avendo ricevuto risposta sfondarono le porte. Dietro le quali, impietriti come se posassero per il più spaventosamente surreale dei gruppi di famiglia, stavano in esterrefatta attesa gli abitatori, con gli occhi da ipnotizzati e il cuore fermo in gola

Giacomo Debenedetti

(…) Alle 14 la grande razzia era terminata. Tutti erano stati rinchiusi nel collegio Militare di via della Lungara. Le oltre 30 ore trascorse al Collegio Militare prima del trasferimento alla Stazione Tiburtina furono di grande sofferenza, anche perché gli arrestati non avevano ricevuto cibo. Tra di loro c’erano 207 bambini.

Due giorni dopo, lunedì 18 ottobre, i prigionieri vengono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame in partenza dalla Stazione Tiburtina. Il 22 ottobre il treno arriva ad Auschwitz.

Dei 1024 ebrei catturati il 16 ottobre ne sono tornati solo 16, di cui una sola donna (Settimia Spizzichino). Nessuno degli oltre 200 bambini è sopravvissuto.

Fummo ammassati davanti a S. Angelo in Pescheria: I camion grigi arrivavano, i tedeschi caricavano a spintoni o col calcio del fucile uomini, donne, bambini … e anche vecchi e malati, e ripartivano. Quando toccò a noi mi accorsi che il camion imboccava il Lungotevere in direzione di Regina Coeli… Ma il camion andò avanti fino al Collegio Militare. Ci portarono in una grande aula: restammo lì per molte ore. Che cosa mi passava per la testa in quei momenti non riesco a ricordarlo con precisione; che cosa pensassero i miei compagni di sventura emergeva dalle loro confuse domande, spiegazioni, preghiere. Ci avrebbero portato a lavorare? E dove? Ci avrebbero internato in un campo di concentramento? “Campo di concentramento” allora non aveva il significato terribile che ha oggi. Era un posto dove ti portavano ad aspettare la fine della guerra; dove probabilmente avremmo sofferto freddo e fame, ma niente ci preparava a quello che sarebbe stato il Lager

Settimia Spizzichino (da “Gli anni rubati”)

16 ottobre 1968 – 50 anni fa

Messico ’68, Black power revolution

Fonte: storiedisport.com

Siamo nell’anno dell’assassinio di Martin Luther King, della primavera di Praga, del Maggio Francese, del sangue di Bob Kennedy. Periodo storico eufemisticamente delicato, crocevia del novecento, quando il futuro chiamava a gran voce e ancora troppo spesso la violenza rispondeva.

Norman, Smith, Carlos

Olimpiadi di Città del Messico. L’Olympic program for human rights nacque l’anno precedente per raccogliere a sé gli atleti di colore portandoli a boicottare i Giochi, perché sarebbe stato inutile “correre in Messico per strisciare a casa”. Impresa troppo complicata; gli atleti decisero di partecipare ma vollero raccogliersi sotto una coccarda, un messaggio appeso alla tuta, simbolo di quella protesta.

A testa alta.

I duecento metri piani videro Tommie Smith trionfare; record del mondo, il primo uomo (uomo, non “bianco” o “nero”) al di sotto dei venti secondi. Un risultato entusiasmante, un muro abbattuto.

Non sarà l’ultimo.

La medaglia d’oro e quella di bronzo John Carlos sono vicini, nel sottopassaggio dello stadio, in attesa di mostrarsi al mondo non come atleti, ma come uomini. I due stanno per fare un gesto che la storia ricorderà per sempre; e che al tempo stesso brucerà irrimediabilmente le loro carriere.

Il secondo classificato, Peter Norman, australiano, bianco, è al loro fianco. Chiede loro la coccarda, quella coccarda, perché “sono solidale con voi, si nasce tutti uguali e tutti con gli stessi diritti”.

Carlos dimenticò i suoi guanti, neri come quella pelle che stava ribellandosi a una violenza troppo profonda per essere ancora sopportata, e Norman suggerì ai due di dividersi quelli di Smith. Fu questo il motivo per cui uno alzò il pugno destro e l’altro il sinistro.

Quel pugno alzato al cielo era in onore dei fratelli che stavano combattendo per i loro diritti, fratelli ghettizzati e massacrati, come a Selma. Il black power salute contro ogni tipo di razzismo.

Scesi dal podio la loro vita sarà un inferno, la loro carriera bruciata, finita.

Per sempre.

Ma ancora una volta lo sport fu portatore di qualcosa di unico, bello, rivoluzionario. Che ancora oggi, grazie a due uomini veri, uniti, scalzi, ricordiamo.

Di questa storia, però, ci ricordiamo solo i due protagonisti di colore. I protagonisti però erano tre, come si intuisce dal testo sopra riportato, ed è il caso di dare il giusto riconoscimento anche a Peter Norman, anche lui “ghettizzato” dopo quel podio. Un riconoscimento che in patria è arrivato tardissimo, postumo (Norman, tuttora recordman nazionale sui 200, è morto nel 2006), con le scuse del Parlamento arrivate sei anni fa e la concessione da parte del Comitato Olimpico dell’Ordine al Merito.

Ecco la sua storia.

Sono uguale a voi. Quel volto bianco accanto ai pugni neri

di Gianni Mura – repubblica.it, 28/06/2018 

Bisogna sforzarsi di non guardare i due a testa bassa, il pugno chiuso alzato in un guanto nero, calze nere e niente scarpe, sul podio.

Bisogna concentrarsi sull’atleta di sinistra, bianco, lo sguardo dritto, le braccia lungo i fianchi.

Bisogna ricordare alcune cose, di quel 1968 perennemente associato al Maggio francese. Il 16 marzo il massacro di My Lai, il 4 aprile l’assassinio di Martin L. King, il 5 giugno tocca a Bob Kennedy. Aggiungiamoci il Biafra, i carri armati sovietici sulla primavera di Praga, la strage di piazza delle Tre Culture poco prima che cominci l’Olimpiade messicana.

Bisogna sapere che la finale dei 200 metri la vince Tommie Smith in 19″83 (primo a scendere sotto i 20″) davanti a Norman (20′ 06″) e Carlos (20′ 10″). Carlos parte forte, troppo forte. Smith lo passa a 30 metri dalla linea e corre gli ultimi 10 a braccia alzate. Norman ai 100 metri è solo sesto, viene fuori nel finale, supera Carlos negli ultimi metri.

Bisogna sapere che nel ’67 Harry Edwards, sociologo a Berkeley, voce baritonale, discreto discobolo, ha fondato l’Ophr, Olympic program for human rights. L’idea è che gli atleti neri boicottino i Giochi, ma è difficile da realizzare. Chi aderisce porta il distintivo, una sorta di coccarda, ed è libero di manifestare la sua protesta come crede. Smith e Carlos, accolti alla San José perché bravi atleti, a loro volta studenti di Sociologia, portano il distintivo e vogliono manifestare.

Bisogna anche avere un’idea sull’età dei tre sul podio. Tutti nati nel mese di giugno. Smith nel Texas, settimo di undici figli. Ha 24 anni. Suo padre raccoglie cotone. Norman è il più anziano, ha 26 anni, suo padre è macellaio, famiglia molto credente e vicina all’Esercito della salvezza. Carlos ha 23 anni, è figlio di un calzolaio, nato e cresciuto ad Harlem. Appena giù dal podio la loro carriera sarà finita, bruciata, e la vita un inferno. Ma loro non lo sanno e, se lo sanno, non gliene importa.

Nel sottopassaggio che va dagli spogliatoi al podio Norman assiste ai preparativi dei due americani. Tutto è fortemente simbolico, dalla mancanza di scarpe (indica la povertà) alla collanina di piccole pietre che Carlos mette al collo (ogni pietra è un nero che si batteva per i diritti ed è stato linciato). Smith e Carlos spiegano. E Norman dice: «Datemi uno dei distintivi, sono solidale con voi. Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti». Così anche Norman sistema la coccarda sulla sinistra della tuta. C’ è un problema, Carlos ha dimenticato i suoi guanti neri al villaggio, mentre Smith ha con sé quelli comprati da Denise, sua moglie. «Mettetevene uno tu e l’altro tu», consiglia Norman.

Così fanno. Smith alza il pugno destro e Carlos il sinistro. «Se ne pentiranno tutta la vita», dice Payton Jordan, capo delegazione Usa.

Vengono cacciati dal villaggio, Smith e Carlos. Uno camperà lavando auto, l’altro come scaricatore al porto di New York e come buttafuori ad Harlem. Sono come appestati. A casa di Smith arrivano minacce e pacchi pieni di escrementi, l’esercito lo espelle per indegnità. A casa di Carlos minacce telefoniche a ogni ora del giorno e della notte. Sua moglie si uccide. Solo molti anni dopo li riprenderanno a San José, come insegnanti di educazione fisica. E nel 2005 Norman sarà con loro, per l’inaugurazione di un monumento che ricorda quel giorno in Messico.

Norman in Australia viene cancellato. Supera 13 volte il tempo di qualificazione per i 200 e 5 quello per i 100, ma a Monaco ‘ 72 non lo mandano. Nessuna spiegazione. Gioca a football ma smette per un infortunio al tendine d’Achille, rischia l’amputazione di una gamba. Insegna educazione fisica, svolge attività sindacale, arrotonda in una macelleria. Il più grande sprinter australiano non è coinvolto in Sydney 2000 né tantomeno invitato (col suo 20″06 avrebbe vinto l’oro). Sofferente di cuore, muore il 3 ottobre 2006. Smith e Carlos vanno a reggere la bara, il 9 ottobre. La banda suona “Chariots of fire”. Il 9 ottobre diventa, su iniziativa Usa, la giornata mondiale dell’atletica. Il nipote Matt ha girato un lungometraggio sul nonno, intitolato “Salute”, trovando pochi finanziatori in patria («È una storia che riguarda due atleti neri»).

Non erano due neri e un bianco a chiedere rispetto e giustizia su quel podio, erano tre esseri umani. «Sono affari vostri», poteva dire Norman, ma non lo disse e non si pentì mai, e gli altri due nemmeno. Tutte cose che la foto non dice.

Primavera di Praga e Olimpiadi di Città del Messico

Sempre alle olimpiadi di Messico ’68 c’è stato un altro gesto di protesta, meno noto rispetto a quello di Smith e Carlos, ma comunque significativo.

La ginnasta ceca Vera Cáslavská, salita sul podio più volte durante la competizione, durante le premiazioni delle gare vinte da atlete sovietiche al momento dell’inno nazionale si volta dall’altra parte e abbassa lo sguardo, in segno di protesta contro la repressione della Primavera di Praga, e ciò la rende persona non gradita dal nuovo regime.

Vera, Tommie, Peter, John… e gli altri

Non ci sono solo queste storie con protagonisti atleti. Spesso il mondo dello sport si è fatto portatore di battaglie in difesa dei diritti di tutti. Gli atleti statunitensi contro le violenze sui cittadini di colore, i calciatori greci contro le stragi nel mediterraneo. Alcuni di questi episodi sono raccolti nel video che Repubblica.it ha dedicato ai “50 anni di sport ribelle“.

16 ottobre… padano

La vicenda di Lodi e delle agevolazioni mensa negate ai figli di immigrati può sembrare a qualcuno un fatto “minore”, compensabile (anche se non è giusto) dalla solidarietà altrui, ma sono anche tutti questi “fatti minori”, le discriminazioni quotidiane e diffuse, a generare un clima di insofferenza, diffidenza, odio, esclusione sociale. Una brutta aria che aleggia intorno a noi, e negli sguardi, nelle parole, nelle azioni vediamo 50 sfumature di un nero che non piace. Casi simili si sono verificati anche in altre città e regioni, ed è notizia recente che, con lo stesso…”stratagemma”, si sta cercando di escludere i figli dei migranti dalle agevolazioni per acquisto dei libri scolastici.

La cosa che fa incazzare (e che, una volta tanto, fa storcere il naso anche a qualche destrorso) è il fatto che si utilizzino i bambini come strumento per fare del male, loro che sono i più vulnerabili, e che sono i semi per una futura integrazione, per una società che, piaccia o meno, è destinata a diventare multietnica.

Ma la società civile in questo caso ha dato un esempio fantastico, reagendo prontamente con numerose iniziative finalizzate a sensibilizzare la cittadinanza sul problema. La colletta organizzata per coprire i maggiori costi dei buoni mensa ha raccolto, in due soli giorni, ben più della somma necessaria. E ieri, 16 ottobre, in piazza Broletto (davanti alla sede del Comune), si è tenuta una manifestazione che è durata tutto il giorno, con panini e merende solidali, spettacoli per i bambini, alla presenza di famiglie di tutti i colori e con vestiti sgargianti, nonne che spiegavano ai nipotini il significato della manifestazione, insegnanti che si sono impegnati attivamente in difesa dei propri alunni.

Sperando di spingere l’Amministrazione a rivedere la decisione, ma non solo: bisogna cogliere ogni occasione per far vedere che non si piega la testa davanti alle discriminazioni.

Lodi, piazza Broletto, 16/10/2018

I trucchi del potenziale senatore

segnalato da Barbara G.

So che qualcuno si incavolerà, ma lo scrivo lo stesso. Uno degli aspetti inquietanti di questa vicenda è che personaggi del genere potrebbero finire a fare i senatori part time senza che nessuno possa decidere se votarli o meno. Perché non è vero, come è stato chiesto in alcuni sondaggi mandati in onda in tv senza che nessuno evidenziasse l’errore, che il Senato sparirà. Giusto per puntualizzare le cose.

Di seguito potete trovare la denuncia dell’impiegata del Comune.

20160504primailfattoquotidiano

Simone Uggetti, “il bando truccato davanti a me”. Il racconto della funzionaria che ha denunciato il sindaco

Ecco la testimonianza integrale, agli atti dell’inchiesta che ha portato all’arresto del primo cittadino Pd di Lodi, di Caterina Uggè, la funzionaria comunale che ha dato il via all’inchiesta. Una cronaca dal vivo di come il sindaco, insieme all’avvocato Marini, secondo l’accusa ha truccato la gara per la gestione delle piscine estive. Rivolgendole anche una proposta indecente: coinvolgere nell’affare la società sportiva di sua sorella

di Mario Portanova – ilfattoquotidiano.it, 03/05/2016

In questa testimonianza agli atti dell’ordinanza del gip che ha portato all’arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti, la funzionaria comunale Caterina Uggè racconta in presa diretta una improvvisa riunione nell’ufficio del primo cittadino. L’oggetto è il bando per l’assegnazione della gestione delle piscine estive, al cento dell’inchiesta, sul quale la Uggè aveva sollevato forti perplessità. Con sua grande sorpresa, la funzionaria trova nell’ufficio anche l’avvocato Cristiano Marini, poi finito in carcere insieme al sindaco Pd, consigliere della società Sporting Lodi, secondo l’accusa beneficiaria del bando truccato. Non solo: i due, accusati di turbativa d’asta, stanno correggendo insieme la bozza del bando. Il sindaco propone inoltre di coinvolgere nell’affare anche la società sportiva della sorella della funzionaria. Che però, nonostante il panico, registra tutto e, uscita dalla stanza, si rivolge al responsabile anticorruzione del Municipio. Dalla sua denuncia in procura partirà l’inchiesta che ha portato agli arresti di oggi.

La scena che mi si presenta mi è subito chiara. Questa volta l’incontro non sarà come al solito a due, ma a tre. Il terzo interlocutore mi viene presentato comel’avvocato Marini, consigliere del cda diAstem e di Sporting Lodi. Vorrei andarmene, ma non trovo il coraggio. Vedo sulla scrivania la copia del mio bando e del mio capitolato e capisco di aver interrotto una riunione in cui lo stavano esaminando e correggendo insieme.

Il mio stato confusionale è totale. Quando Marini con il fare più naturale del mondo comincia a leggermi un articolo del bando riguardante l’offerta economica e il sindaco mi invita a spiegare meglio quanto ho scritto, riesco solo a chiedere che Marini esca dall’ufficio. Capisco che la mia reazione ha infastidito il sindaco e questo atteggiamento mi matte in una condizione di vulnerabilità ancora più forte. Durante gli oltre 20 minuti di registrazione, cerco di reggere alle insistenze del sindaco che mi chiede un cambiamento dopo l’altro alternando dinieghi a rassegnate accettazioni. Cerco sempre, in uno stato di panico mentale, di trovare spiegazioni logiche alle sue proposte, di incanalarle in ciò che potrebbe essere comunque accettabile. Fingo di essere disposta a rimettere in discussione ancora tutto, per paura della reazione, sapendo ormai dentro di me che quel bando non lo avrei mai più firmato perché veniva totalmente snaturato nel suo equilibrio, perché chissà da quante mani era già passato, perché da quel procedimento di cui dovevo essere l’unica responsabile ero ormai completamente estranea.

Fingo di prendere appunti e mi rendo conto che sto lavorando sulla copia del bando di Marini. Leggo in stampatello la parola Sportime scritta da Marini come appunto e chiedo spiegazioni. E’ casualmente la società sportiva gestita da mia sorella, che tra l’altro è stata da sempre esclusa dalla nuova piscina coperta poiché in concorrenza con Sporting Lodi. Il sindaco mi spiega che lui stesso aveva pensato che Sporting Lodi potesse chiedere Sportime di collaborare poiché i suoi tanti iscritti avrebbero fatta massa critica per l’assegnazione dei punteggi (nel bando di gara, ndr). Da società concorrente di Sporting Lodi nella piscina coperta, Sportime poteva ambire a diventare un partner strategico per le estive. Parlo, parlo senza nemmeno sentirmi e capisco subito chiaramente che il tentativo di coinvolgimento della società di mia sorella non è per niente casuale, ma è il modo con cui farmi sentire parte della partita.

Prima di uscire, porto via il bando su cui Martini stava lavorando. Lui è restato tutto il tempo fuori dalla porta. Quando lo saluto, rientra tranquillo nell’ufficio del sindaco. Quel bando da me ormai non verrà più firmato e, come insegnatoci nei recenti corsi dell’anticorruzione, decido di andare segnalare quanto accaduto alla persona indicata nel Piano Anti Corruzione Comunale, ovvero il mio Dirigente G. D. E’ tardi e non lo trovo in ufficio

 

Il cibo che uccide

segnalato da Barbara G.

Festival della Fotografia Etica

Alicia Baja – Colonia Aurora, Provincia di Misiones.
Lucas Techeira ha tre anni ed è nato con l’ittiosi, una malattia della pelle che causa screpolature e secchezza. Il piccolo è conosciuto nella zona come “il bambino di cristallo”. Suo padre Arnoldo ha dovuto abbandonare il lavoro nelle piantagioni di tabacco quando è nato il figlio. Sua madre, Rosana Gaspar di 32 anni, durante la gravidanza utilizzava sempre il glifosato nel suo orto. Lucas è l’ennesima inerme vittima di un’emergenza umanitaria che in ‪#‎Argentina‬ colpisce 12 milioni di persone, un terzo della popolazione nazionale.
Gli scatti di “El costo humano de los agrotóxicos” (http://bit.ly/1JApy9P) documentano gli effetti devastanti dell’utilizzo delle colture geneticamente modificate e il conseguente impiego indiscriminato di diserbanti. L’autore, Pablo Piovano, sarà presente domenica alle 16:30 presso l’ex Chiesa di San Cristoforo di ‪#‎Lodi‬, in occasione dell’ultima giornata di ‪#‎FFE2015‬, per raccontare la genesi e lo sviluppo del suo fotoreportage. Un lavoro che mostra il tragico presente del Paese sudamericano, ma capace di porre anche scomodi interrogativi sul futuro della sicurezza alimentare globale.

Fotografia Etica

segnalato da barbarasiberiana

La fotografia sposa il sociale e diventa racconto morale fatto immagine, questo il riassunto del Festival della Fotografia Etica che dal 17 ottobre 2014 (per due weekend) riapre a Lodi. La kermesse arrivata alla sua quinta edizione nasce da un’idea del Gruppo Fotografico Progetto Immagine e intende approfondire contenuti di grande rilevanza sociale attraverso un ricco programma di mostre di fotoreporter di livello internazionale e l’organizzazione di dibattiti, incontri, workshop, letture portfolio, videoproiezioni e numerosi altri eventi tesi a indagare la relazione che intercorre tra etica, comunicazione e fotografia. Interessante quest’anno il focus dello “Spazio tematico”: le problematiche dell’universo femminile nel mondo. Così dalle donne saudite ai concorsi di bellezza per le bambine esplosi negli Usa, passando per le strorie di quattro donne sopravvisute ad aggressioni, anche il racconto per immagine declinato al femminile diventa etico e si mette in mostra.

Il programma QUI