manager

Dirigente

segnalato da Barbara G.

di Giovanni De Mauro, direttore internazionale

Per chi si fosse perso il video, è un discorso interessante:

Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando a essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce, perché alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile.

Chi parla è Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel, che risponde a una domanda di uno studente su quale sia “la ricetta di successo del cambiamento in un’organizzazione come l’Enel”. Il contesto è un incontro alla Luiss Business School di Roma, il 14 aprile, per un ciclo di conferenze dal titolo “Ad esempio, i giovani incontrano la classe dirigente del paese”, in cui manager e amministratori delegati raccontano le loro esperienze personali.

L’Enel è una delle più grandi aziende italiane per fatturato e ha quasi settantamila dipendenti. Il principale azionista è lo stato, che attraverso il ministero dell’economia controlla il 23,5 per cento del capitale sociale.

È naturale che il suo amministratore delegato sia un esempio per tutti, non solo dentro l’azienda. In questo senso la risposta di Starace è illuminante, perché senza nessuna ipocrisia dà un’idea chiara di cosa il dirigente di un’importante società pensi sia giusto fare per cambiare un’organizzazione, di come interpreti le relazioni aziendali, il clima in un luogo di lavoro, i rapporti tra dipendenti: colpire, distruggere fisicamente, creare malessere, ispirare paura, far soffrire.

Sembra quasi di sentire le parole di Jason Gould, costruttore di ferrovie statunitense vissuto alla fine dell’ottocento: “Posso sempre assumere una metà dei lavoratori perché uccida l’altra metà”.

 

 

Condanna fantasma

Segnalato da Barbara G.

Il manager più pagato dell’Expo 2015 è un condannato per bancarotta fraudolenta

Uno dei dirigenti dell’evento milanese, P. G., ha alle spalle una sentenza definitiva a due anni. Ma non lo ha detto a nessuno. Scoperto da Cantone, è rimasto comunque in carica

Di Paolo Biondani – espresso.repubblica.it, 27/08/2015

Il manager più pagato dell’Expo ha alle spalle una condanna definitiva per bancarotta fraudolenta, ma non lo aveva dichiarato alla società milanese, che lo ha comunque riconfermato. Lo scrive “l’Espresso”, che nel prossimo numero ricostruisce il caso che ha coinvolto P. G. direttore generale delle vendite, marketing e gestione dell’evento di Expo 2015 spa, con responsabilità diretta su tutti i contratti per i biglietti, licenze e sponsorizzazioni.

P. G. è stato condannato in tutti i gradi di giudizio per la bancarotta della società Digitalia del gruppo Cameli-Gerolimich. La sentenza è diventata definitiva nel 2005 con il verdetto finale della Cassazione. Nel curriculum presentato a Expo, il manager ha dichiarato di aver lavorato tra il 1987 e il 1992 come «assistente dell’amministratore delegato del gruppo Gerolimich», senza però parlare della condanna. La sentenza definitiva risulta cancellata anche dall’archivio informatico della Cassazione, in data imprecisata, come può accadere su richiesta degli interessati.

La condanna del manager è stata però scoperta dall’Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, che ha informato la società Expo e segnalato il caso anche alla Procura di Milano. A quel punto il commissario e amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala, ha potuto esaminare la sentenza e, dopo aver chiesto chiarimenti a P. G., ha deciso di riconfermargli la sua fiducia. Una scelta che secondo fonti di Expo si spiega con il fatto che la bancarotta risaliva all’ottobre 1993 e non riguardava grosse cifre, tanto che la pena è stata ridotta in appello a due anni con la condizionale.

P. G. riceve da Expo uno stipendio fisso di 200 mila euro lordi, più 40 mila di bonus in base ai risultati: la sua è la paga più alta tra i venti manager premiati con «incarichi amministrativi di vertice». Il suo ruolo era stato contestato in seguito alle polemiche sugli incassi di Expo, in particolare sul numero effettivo di visitatori e di biglietti venduti.

LA VERSIONE INTEGRALE SULL’ESPRESSO IN EDICOLA DA VENERDI’ 28 AGOSTO E ONLINE SU ESPRESSO+