SEL

Sinistra, per aprire le porte bisogna costruire una casa

segnalato da Barbara G.

Perché sarò al congresso di Sinistra Italiana. Civilizzati contro barbari non è uno schema di un nuovo centrosinistra e neppure un’idea di buon senso. Il dibattito nel Pd è rilevante ma riguarda un pezzetto di mondo politico.

di Luciana Castellina – ilmanifesto.it, 17/02/2017

Comincio da me, così si è più chiari. Proprio perché – come ha scritto Marco Revelli – bisogna «prendere le distanze dalle configurazioni del giorno» – una vera girandola – credo sia necessario non prendere le distanze dai processi più consistenti per avviare i quali molti compagni si sono impegnati.

Molti compagni e non questo o quel leader che si sente improvvisamente chiamato dal popolo a creare qualche “campo”. Per questo oggi andrò a Rimini per partecipare al Congresso costitutivo di Sinistra Italiana.

Ci vado innanzitutto perché sento che ho più che mai bisogno di stare assieme a compagni con i quali in questi anni abbiamo combattuto le stesse battaglie (non solo reduci, per fortuna anche tanti nati nei ’90) – per ultima quella del referendum – per ragionare con loro e tentare di indicare una prospettiva che mi/ci sottragga da questo “squilibrio di sistema”.

Perché più che mai sento che rischiamo di essere travolti se non costruiamo un luogo, un aggregato, che dia forza all’intenzione di rispondere a una domanda di senso e non solo di consenso immediato; se, soprattutto, non riusciamo a mettere in piedi una pratica politica che dia rappresentanza reale ai bisogni degli sfruttati e non sia, come sempre più è, solo comunicazione.

Per questo sento l’urgenza di relazionarmi con gli altri, di superare il maledetto isolamento individualista che ci ha tutti ammalato, di ritrovare il collettivo, senza il quale non mi resterebbe che il malinconico brontolio solitario. Un partito è questo, innanzitutto.

Provarci vuol dire “chiudersi”, “isolarsi”, mentre invece bisognerebbe aprirsi? Certo che bisogna aprirsi, ma per aprire una porta devo avere una casa, cioè un punto di vista organizzato, se no la porta sbatte e basta. E poi, per guardare a quello che c’è all’aperto, bisogna avere il cannocchiale, non la lente di ingrandimento che ti consente l’illusione ottica di vedere grandissimo quello che invece è piccolo.

Io credo, per esempio, che piccolo sia il dibattito che si sta svolgendo all’interno del Pd.

Non dico che non sia rilevante, anzi, dico solo che riguarda un pezzetto di mondo, mentre c’è un mondo più grande, fatto di movimenti, gruppi che operano sul territorio, reti, insomma una società italiana più ricca di fermenti di quanto generalmente si creda. Frantumata, certo, ma anche per questo penso sia giusto ricominciare a pensare ad un’organizzazione politica che sappia impegnarsi ad esserne parte, non solo vago referente esterno.

Del Pd mi interessa – e molto – il grande corpaccio della tradizione, che però non recupererò alla soggettività politica appiattendomi su uno dei leader della sua minoranza interna. Con i quali potrò, se ce ne saranno le condizioni, allearmi per combattere delle battaglie, forse, persino elettorali.

Ma tanto più efficacemente potremo farlo tanto più saremo capaci di imporre un confronto di merito, e non solo di posizionamento.

E’un azzardo puntare su Sinistra Italiana, un cavallo così fragile , pieno di difetti, che subisce prima ancora di nascere -. un vero record – una scissione corposa (e certamente dolorosa)? Sì, lo è.

Potrebbe non funzionare. E però penso che se perdiamo questa occasione il rischio di trovarci assai male sarebbe ben maggiore. Ci sono momenti in cui occorre rischiare, cioè scegliere (e francamente questo non è poi un rischio così grosso).

Ho scelto Sinistra Italiana perché chi la sta costruendo ha avuto il coraggio – per l’appunto – di aprirsi, e cioè di rinunciare alle certezze dei propri rifugi. Che è quanto di più efficace si possa fare se si vogliono davvero “aprire campi” più inclusivi, che non siano la somma di identità irrigidite.

Sel, decidendo di sciogliersi, proprio questo ha fatto: mettere in discussione se stessa, a partire dalla riflessione critica sull’esperienza del centrosinistra di cui era stata protagonista.

Saremo elettoralmente irrilevanti? Dipende da molte cose, ma – ed è questo che mi importa ribadire in questo momento – non tutto si gioca su quel terreno.

C’è un enorme lavoro da fare nella società per tradurre la disperazione in un protagonismo politico capace di dare al conflitto una prospettiva. Per rivitalizzare le istituzioni democratiche che Renzi ha cercato di sterilizzare bisogna cominciare di qui, altrimenti qualsiasi governo, anche un centrosinistra un po’ più di sinistra, sarà inutile.

Ci sono tempi in cui i risultati di quanto si fa si possono misurare solo nel lungo periodo.

Quanto sta bollendo in pentola non è affatto un nuovo bel centro-sinistra di sinistra.

Mi sembra di capire che, anzi, il nuovo scenario politico sia un nuovo bipolarismo: non il vecchio sinistra/destra, ma: da un lato i “barbari” (5Stelle, Salvini e c. più la plebe che protesta contro licenziamenti e povertà, gli immigrati); dall’altro i “civilizzati”, quelli che hanno capito che in momenti come questi si devono erigere trincee. (E cioè il Pd, i mozziconi di destra già da tempo imbarcati da Renzi, ma oramai anche Berlusconi, riammesso nel salotto buono da quando si è visto che, diciamocelo, non è brutto come Trump).

Eugenio Scalfari ad Ottoemezzo, giorni fa, l’ha detto con maggiore chiarezza di altri ricorrendo a toni persino apocalittici: chi è civilizzato deve capire che il castello della democrazia è assediato e senza fare tante storie ubbidire e combattere con chiunque si ingaggi.

A questo punto che lo schieramento invocato si chiami centro-sinistra, o larghe intese, non ha importanza, è questione solo nominale. Non è più tempo, insomma – ecco il messaggio – per occuparsi di dettagli cincischiando su quanto di sinistra potrebbe essere il centrosinistra.

Non siamo più, mi pare, al renzismo, siamo oltre, quello è stato – o meglio ancora è – l’apprendista stregone.

L’appello dei civilizzati avrà sicuramente chi lo ascolta, può apparire persino di buon senso. Anche perché i civilizzati hanno meno problemi: non il lavoro, non la povertà, non le miserie dei servizi pubblici che si restringono come pelle di zigrino.

Solo che le cose non stanno così: se le scelte dovessero ridursi a questa alternativa saremmo davvero fritti: il disagio sociale e il populismo che cresce in assenza di una forza che se ne faccia carico, potrebbe davvero dare fuoco alle polveri.

Il realismo dovrebbe indurre a privilegiare l’obiettivo di colmare questo vuoto.

La sinistra, la comunicazione, l’esserci

Triskel182

Paola Natalicchio e Marco Furfaro, di Sinistra Italiana, mi hanno gentilmente invitato, sabato, a un incontro che hanno organizzato a Roma. Mi hanno detto che potevo dire assolutamente tutto quello che volevo e io ne ho biecamente approfittato. Nonostante ciò, alla fine nessuno mi ha tirato ortaggi, anzi alcuni hanno perfino applaudito, cosa di cui li ringrazio. Qui di seguito, per chi è interessato, la scaletta in sintesi delle tre brevi sciocchezze che ho detto un po’ più a braccio.

Paola e Marco, nell’invitarmi gentilmente qui oggi, mi hanno chiesto di fare una “recensione alla sinistra che non c’è”, il che mi suggerisce due cose: la prima è che io mi sono fatto la fama di rompiscatole; la seconda è che l’obiettivo della sinistra oggi non è cambiare il mondo ma semplicemente esserci.

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Leopolda Bignardi (e il supercanguro)

di Marco Travaglio – FQ, 18 febbraio 2016

Ultime dal fronte dell’informazione all’italiana, casomai qualcuno ancora non capisse perché siamo sempre in fondo alle classifiche europee in materia, anche dopo la dipartita di B.

1) Il Pd di Renzi presenta la legge Cirinnà sulle unioni civili, contro cui manifestano al Family Day vari esponenti del Pd di Renzi, della maggioranza di Renzi e del governo Renzi.

Da Lepri in giù, i “catto-dem” sono quasi tutti renziani della prima ora, che infatti nel 2007 marciavano all’altro Family Day a braccetto con Renzi, il quale ora ha cambiato idea mentre gli altri no. Però Renzi lascia al Pd libertà di coscienza sulla legge del Pd di Renzi. A quel punto la lasciano anche i 5Stelle: ma solo su una parte della legge Cirinnà (la stepchild adoption), e anche se, diversamente dal Pd di Renzi, sono quasi tutti favorevoli alla legge del Pd di Renzi (stepchild adoption compresa).

Il Pd di Renzi e tutta la stampa strillano contro il presunto “voltafaccia” dei 5Stelle, che in realtà non hanno affatto cambiato idea e si dicono pronti a votare tutta la Cirinnà. Lo conferma quel che accade appena la legge arriva in aula: M5S compatto sul Sì e Pd spaccato con i catto-dem sul No, ben protetti da Mattarella sul Colle e da Napolitano nei paraggi.

Per occultare lo sfacelo Pd, che diverrebbe evidente votando gli emendamenti, il renziano Marcucci vuole incenerirli tutti con un supercanguro ultimo modello: un trucco antidemocratico, incostituzionale e vietato dai regolamenti parlamentari, che impedirebbe la discussione in aula.

I 5Stelle, come ogni opposizione che si rispetti, l’hanno combattuto quando fu usato contro di loro e contro la Costituzione per far passare l’Italicum e il nuovo Senato. Dunque restano fedeli a se stessi: annunciano il No al canguro e ribadiscono il Sì alla legge. Che va approvata rispettando le regole, esaminando e – si spera – bocciando gli emendamenti che la snaturano: ci vorrà una settimana in più, ma si arriverà in porto comunque. Già, ma così si spappolerebbe definitivamente il Pd.

Che infatti s’inventa un inesistente No dei 5Stelle alla Cirinnà, conferma il canguro e rinvia il voto di una settimana anziché usarla per discutere gli emendamenti e approvare la legge. Se esistesse una stampa libera, smaschererebbe l’impostura. Ma siamo in Italia.

Corriere: “Unioni civili, stop dei 5Stelle”. Repubblica: “Unioni, dietrofront di M5S “. Stampa: “Unioni civili, lo sgambetto di Grillo”. Messaggero: “No M5S , unioni civili a rischio”.

Nessuno, dicesi nessuno, racconta la verità: i No alle unioni civili sono nel Pd e nella maggioranza (sennò M5S sarebbe ininfluente), i soli compatti sul Sì sono Sel e 5Stelle.

2) Arrivano le nomine alla Rai. Siccome Renzi aveva promesso di departitizzarla, il suo Dg personale Antonio Campo Dall’Orto, noto desertificatore di ascolti quando dirigeva La7, nomina a Rai3 Daria Bignardi.

“Nomine basate su competenza, esperienza, merito e autonomia dai partiti, nel segno della valorizzazione delle risorse interne”, assicura. Come no: basta scorrere il curriculum della Bignardi. Quanto a “competenza, esperienza e merito”, dopo il rutilante debutto come presentatrice del Grande Fratello su Canale5, la Daria divenne una sfollagente che manco Cdo. Dove passa lei, non cresce più lo share.

Attila, al confronto, era un dilettante: da cui il titolo del suo programma su La7, Le Invasioni Barbariche, poi esportato a Rai2 identico in tutto, anche negli ascolti da prefisso telefonico, fuorché nel titolo (L’era glaciale), infine riesumato su La7 fino alla tragica chiusura per estinzione dei telespettatori. Il che fa ben sperare per la nuova Rai3. Anche perché l’arrivo della Daria a Rai3 chiude la lunga èra buia dei raccomandati, del familismo e delle lobby.

Leopolda Bignardi infatti è la nuora di Adriano Sofri, il che la rende invisa al giro di Lotta Continua; ha lavorato per Mediaset, Rai e La7, quindi ha nemici dappertutto; pubblica romanzi per Mondadori, ma in odio a B.; è amica di famiglia di Renzi; e scalpita nella scuderia del bravo e potente Beppe Caschetto, quindi conta meno della piccola fiammiferaia. Ma soprattutto è “autonoma dai partiti”.

Infatti nel maggio 2009, quando B. era al governo, tagliò d’intesa col direttore leghista di Rai2 Antonio Marano un’intera intervista a Vauro e Beatrice Borromeo perché osavano criticare B., dunque violavano la par condicio. Invece nel gennaio 2014, quando era al governo Letta, domandò al pentastellato Di Battista che cosa si provasse ad avere un padre fascista: avrebbe potuto raccontarlo benissimo anche lei, visto che anche suo padre era fascista; e, quando i 5Stelle le chiesero che cosa provasse ad avere un assassino come suocero, fu difesa nientemeno che da Letta in trasferta a Doha.

Mal ne incolse al povero Enricostaisereno (tweet lanciato da Renzi proprio alle Invasioni): la Daria era già passata armi e bagagli al renzismo. Le sue interviste-scendiletto, ma sempre molto barbariche, all’amico Matteuccio sono già leggenda: “Lei piace alle mamme delle fidanzate. Con le ragazze come andava?”, “E se la chiamasse Belén Rodriguez?”.

Al termine di una di queste il signor Bignardi, al secolo Luca Sofri, incontrò Renzi nel backstage e lo salutò virilmente: “Ciao, capo! Ottima, ottima!”. Intanto la Daria dichiarava di averlo quasi inventato lei: “Mi sento un po’ come Baudo. Si intuiva il desiderio di Renzi di cambiare le cose e ce l’ha fatta”. Ora ce l’ha fatta anche lei, grazie a lui. Che ha mantenuto la promessa: “Fuori i partiti dalla Rai”. Ora c’è solo lui. Ciao, capo.

Inceneritore e discariche nel segno del PD

Sardegna: a Macchiareddu un inceneritore brucerà 58 milioni di fondi pubblici

di Enrico Lobina – ilfattoquotidiano.it, 1 febbraio 2016

58.840.000 euro più Iva. Tanto costerà ai contribuenti sardi la inutile ristrutturazione totale (rudemente tradotta in “revamping”) dell’inceneritore di rifiuti della zona industriale cagliaritana.

Poteva essere l’anno della svolta: il bruciatore di rifiuti di Machiareddu da rottamare (obsoleto ed usurato, costretto a continue soste di riparazione – 25 nell’ultimo anno – con un costo medio annuo, per le fermate, di 750.000.000 euro), la pressione crescente dell’Unione Europea per una politica dei rifiuti più razionale (che dissuade l’incenerimento a vantaggio del riciclo), ma soprattutto una nuova sensibilità ecologica tra i sardi.

Le condizioni ideali per lanciare la raccolta differenziata integrale, sfruttare le belle esperienze di tanti comuni del territorio che applicano la differenziata da decenni (una decina ha superato il 75% di differenziata), con costi ridotti per i cittadini, meno residui da bruciare o buttare in discarica, il riutilizzo sistematico e razionale della mezza tonnellata scarsa di rifiuti che ogni sardo produce all’anno. Ed, infine, la realizzazione di impianti di smaltimento con tecnologie disponibili, efficaci e meno costose ed invasive per l’ambiente ed i cittadini, rispetto a quello di Macchiareddu.

La Regione, invece, con l’assenso silenzioso degli amministratori cagliaritani, ha deciso che bruciare i rifiuti non è demenziale. Un piano approvato dalla giunta nel 2014 mette sulla carta obiettivi ambiziosi (ridurre della metà i rifiuti urbani prodotti, aumentare le quote di riciclo, addirittura creare un marchio doc per il compost sardo), ma le risorse principali sono destinate proprio agli impianti di incenerimento. Alla faccia dell’Unione Europea, che ha rifiutato di finanziare l’operazione perché non conforme alle proprie direttive.

L’incenerimento, a prescindere dalla tecnologia e del materiale impiegato per la combustione, produce ceneri e fumi inquinanti contenenti polveri sottili.

Il piano Regionale prevede il potenziamento del brucia-rifiuti di Macchiareddu, capace di ridurre in cenere e liquami (un quarto del totale è da mandare in discarica) 124 mila tonnellate all’anno (delle 123 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotti nel cagliaritano nel 2013), cui vanno aggiunte le diecimila tonnellate di compost che nessuno vuole, e che il Tecnocasic brucia.

Poiché le percentuali di riciclaggio dovrebbero continuare a crescere, e la quantità di rifiuti indifferenziati ridursi, Macchiareddu servirà per bruciare rifiuti prodotti altrove, accrescendo magari i ricavi da energia elettrica (un sottoprodotto della combustione dei rifiuti) ma anche il pesante carico ambientale per il territorio del cagliaritano, oltre a disincentivare chi, responsabilmente, ha lavorato per aumentare le quote di rifiuti riciclati e l’educazione ambientale dei cittadini.

Nei 18 mesi di fermata degli impianti è poco evidente, ma certo, il destino in discarica delle 200.000 tonnellate non trattate da smaltire.

Assenti dalla discussione gli amministratori del Comune di Cagliari, maggiore azionista del Tecnocasic (gestore dell’impianto) e primi tributari che per cinque anni hanno, malgrado un chiaro ordine del giorno consiliare del 2011, prodotto chiacchiere sulla raccolta differenziata con il porta a porta. Zedda ed il Pd hanno accettato di far pagare ai propri cittadini la tassa sui rifiuti più alta in Italia, viziandoli alla raccolta indifferenziata con i cassonetti in strada. 

La giunta Zedda/Pd ha proseguito la politica di disinteresse delle precedenti giunte di centrodestra, non intervenendo sul bruciatore di Macchiareddu.

***

Cagliari, no alla discarica. Il progetto del PD non è credibile

di Enrico Lobina – ilfattoquotidiano.it, 31 gennaio 2016

A Cagliari il Pd e il suo candidato sindaco Zedda spingono per lennesima discarica, sita in unarea considerata Sin (Sito di interesse nazionale). Unarea altamente inquinata.

Però le popolazioni, e i consigli comunali di Capoterra ed Uta, comuni della futura area metropolitana, respingono il piano elaborato dalla Regione con la complicità dell’amministrazione comunale cagliaritana. Rifiutano di pagare, con l’umiliazione del proprio territorio, l’inefficienza ambientale del Comune di Cagliari.

I consigli comunali di Uta e di Capoterra si sono espressi così contro la nuova discarica da due milioni di metri cubi di rifiuti (Chiediamo al consiglio di amministrazione del Cacip il ritiro immediato e la revoca del progetto definitivo della discarica di S’Ottioni Mannu di Uta). Essa sorge in una zona a ridosso del carcere, che viene considerata poco sicura rispetto ai rischi di alluvione, con conseguente inquinamento delle falde idriche.

Uno sconto sulla Tari, e qualche assunzione in discarica, non convincono una cittadinanza che esprime seri dubbi sulla credibilità complessiva del progetto e dei suoi proponenti. Tecnocasic, che gestisce lo smaltimento dei rifiuti nel cagliaritano, è da sempre feudo della politica (“ci sono sempre state polemiche ha denunciato il rappresentante della Fiom Cgil Mariano Carboni- e i rapporti politici sono sempre stati trasversali, non c’è mai stata differenza tra destra e sinistra”). Ha un maleodorante inceneritore Macchiareddu, inefficiente e non del tutto pulito: le centraline di controllo non sono mai state messe in funzione, l’Arpas ha sempre agito a colpi di deroghe prendendo sottogamba la reale portata inquinante dell’impianto”, ha denunciato recentemente la parlamentare di M5S Giulia Moi.

Sotto accusa è la politica di smaltimento dei rifiuti decisa dalla Regione e dal governo Renzi, che favorisce gli inceneritori dei rifiuti e le discariche, in controtendenza rispetto alla prevenzione, al riuso, alla raccolta differenziata ed al riciclo. L’Unione Europea si è rifiutata di finanziare queste politiche, perché si disinteressano delle sue raccomandazioni, e la Regione ha deciso di pagare con fondi propri, ossia dei contribuenti sardi. Le alternative ci sono. In questo caso, seguiamo la direttive europee.

La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (per i quali i cagliaritani pagano la tassa più alta in Italia) sono un ottimo business per la politica: un servizio che i cittadini sono costretti a pagare caro a prescindere dalla qualità ed efficienza ambientale ed economica.

La discarica di Uta dovrebbe ospitare i residui della combustione dei rifiuti, ma anche i rifiuti indifferenziati e non trattati, oltre a rifiuti speciali, ma sopratutto si riempirà di rifiuti non trattati nel periodo in cui l’impianto di Machiareddu verrà chiuso per i lavori di ristrutturazione.

Malgrado le rassicurazioni di Tecnocasic, le relazioni tecniche non escludono rischi per l’ambiente e per gli abitanti delle zone interessate dalla discarica.

Studi condotti su discariche apparentemente ben gestite concordano sugli eccessi di mortalità, oltre che per neoplasie, anche per malattie cardiovascolari, respiratorie, dellapparato digerente e del sistema nervoso. È stato inoltre riportato un aumentato rischio di malformazioni congenite in popolazioni residenti in prossimità di discariche. Rimangono aperti ed irrisolti i problemi legati all’inquinamento delle falde idriche

Né dalle discariche e dall’incenerimento dei rifiuti tra Uta e Capoterra trarranno vantaggio i cittadini di Cagliari: il Sindaco Zedda, malgrado una mozione approvata in Consiglio Comunale nel 2011, ha continuato a favorire la politica di Renzi e del PD, suoi attuali sponsor, tirando tardi sia sullestensione della raccolta differenziata (accumulando multe su multe) e favorendo il rinvio sine-die dell’appalto sulla raccolta dei rifiuti. Cagliari Città Capitale ha un altro progetto.

Non è Leopolda

Civati e Possibile: «Non una Leopolda»

Sinistra. A Bagnoli gli stati generali del nuovo partito-movimento. «Nessuno problema con Sel, ma servono facce nuove, non basta mettersi d’accordo fra noi».

Pippo Civati, leader dell’associazione Possibile © Foto La Presse

di Adriana Pollice – ilmanifesto.info, 22 novembre 2015

L’Arenile reloded, un locale sul mare di Bagnoli, il luogo scelto da Pippo Civati per avviare l’iter congressuale (che si concluderà il 7 febbraio), varare regolamento e comitato di garanzia di Possibile: «Avevo promesso il 21 giugno che avremmo seguito un processo di condivisione dal basso per creare il nostro movimento o partito, non importa l’etichetta» spiegava ieri Civati. A Napoli, nell’arco dell’intera giornata, sono arrivati un migliaio di iscritti da tutta Italia (5mila i tesserati totali, secondo le cifre degli organizzatori), il contingente più numeroso dalla Lombardia, seguito da Lazio e Campania.

I lavori iniziano con un minuto di silenzio per gli attentati di Parigi. Poi avanti con i lavori. «Non è un evento, non è una Leopolda, oggi parleremo poco di Renzi e delle sue trovate — attacca Civati -. È un momento programmatico pure serioso, una volta approvata la parte legislativa discuteremo di progetti e impegni, anche in campo sociale come fa Maurizio Landini con la sua Coalizione».

Possibile dovrebbe funzionare così: i comitati territoriali decidono un progetto da portare avanti, che viene condiviso e votato sulla piattaforma internet, «una piattaforma democratica — sottolinea -, non come Casaleggio. La nostra sarà davvero una piramide rovesciata: ogni tre mesi si vota sul web ma prima si sta sul territorio a discutere. Non è un ’like’: facebook senza i banchetti non funziona, ci vuole la pratica politica».

Possibile come via d’uscita dalla struttura partito: «Ideiamo un modello nuovo, lo statuto lascia margini aperti, abbiamo solo due punti fermi: il comitato locale e l’assemblea permanente. Ma non vogliamo fare da soli: offriamo un modello per riorganizzare il campo largo del sinistra. È una formula per tutti quelli che non si riconoscono nel Partito della Nazione, visto che l’Ulivo si è essiccato, ha preso la xylella».

In sala l’età media è intorno ai trent’anni, qualcuno viene dal Pd o dai 5Stelle ma molti sono alla prima esperienza. Nel pomeriggio arriva il segretario del Prc, Paolo Ferrero. Resta aperto il tema dei rapporti a sinistra, spesso descritti come difficili. Con il leader della Fiom, ad esempio, c’era stata tensione sui referendum abrogativi proposti da Possibile: «Con Landini i rapporti sono ottimi — spiega oggi Civati -, certo lui fa un altro mestiere, sono curioso di sapere se la sua Coalizione sociale ha fatto passi avanti: è un modello simile al nostro a cui guardo con interesse. Per quanto riguarda Sinistra Italiana, sono le stesse persone che stimavo prima, non ho alcuna avversità nei loro confronti. È solo che non si tratta di metterci d’accordo tra di noi. Così non si liberano energie nuove. Voglio vedere anche facce diverse dalle nostre. Proviamo a fare un viaggio in Italia come fece Prodi: il suo manifesto è ancora attuale e se Renzi lo leggesse qualche dubbio, secondo me, comincerebbe a porselo».

Stefano Fassina e la pattuglia di Sel ieri erano a Roma alla manifestazione della Fiom: cosa li divide da Civati? «La formazione in Parlamento del gruppo — la replica — che è già un gruppo-partito. Ma la discussione resta aperta, a sinistra abbiamo l’esigenza di non rimanere schiacciati tra Grillo, Renzi e Salvini, modelli molto prepotenti. Se anche noi ci preoccupiamo subito dell’egemonia finiremo sopraffatti dalle formazioni più grandi. Ci sono molte contraddizioni anche nel Partito democratico che primo o poi verranno a galla. La dialettica tra destra e sinistra, che i dem cercano di negare, alla fine spunta fuori: qualche sospetto ce l’avevo dall’inizio, ma se avessi detto ai tempi della prima Leopolda ’Renzi farà le riforme del centrodestra’ mi avrebbero preso per un cretino. Oggi però parla di Ponte sullo stretto, Jobs Act e Sblocca Italia».

Durante la prima sessione di lavori arriva la notizia della candidatura di Antonio Bassolino alle primarie di coalizione del Pd per le comunali di Napoli: «Bassolino e il governatore Vincenzo De Luca sono la prova che Renzi non ha classe dirigente sui territori — il commento di Civati -. Quella di Renzi è proprio una modernizzazione impetuosa e sconvolgente: ha scambiato il futuro con il passato. Non discuto mai le vicende giudiziarie, ma De Luca non bisognava candidarlo, anche perché ha costituito una sorta di Partito della regione, in anticipo sull’intesa nazionale tra dem e Verdini». Da Fassina è già arrivato l’endorsement a Luigi de Magistris: «Il sindaco di Napoli — conclude Civati — cerca un po’ tardivamente il rapporto con i partiti. I comitati locali potranno confrontarsi, ragionare insieme sul tema. Non è una pregiudiziale ma la discussione va fatta. Nel 2011 consigliai il Pd di votarlo, allora la sua candidatura fu interessante perché saltò il Partito della nazionale ante litteram, cioè il blocco che si stava creando, ma è mancato un lavoro di relazione. È stato un sindaco molto ’demagistrisiano’».

Tutti insieme appassionatamente (?)

di Barbara G.

Muoviamoci tutti insieme. Ma anche no. C’è un po’ di confusione a sinistra del PD. Diciamo a sinistra, punto (cit.), perché il Pd….vabbè…lasciamo perdere…

Proviamo a mettere in fila le informazioni e vediamo di capirci qualcosa.

PROVE TECNICHE DI TAVOLO COMUNE

Dell’assemblea di giovedì 5 avevamo parlato qui, dove riportavamo una traccia “di lavoro”. Traccia che è sostanzialmente stata confermata nel comunicato ufficiale, che porta le firme di ACT!, SEL, PRC, Altra Europa per Tsipras, Possibile, Futuro a sinistra (al tavolo hanno partecipato Andrea Ranieri e Sergio Cofferati). Nel documento viene stabilita una road map, ovvero il punto 4 (trascrivo integralmente):

Al fine di avviare il processo Costituente di questo soggetto politico, convochiamo per 15-16-17 gennaio 2016 una assemblea nazionale aperta a tutti gli uomini e le donne interessati a costruire questo progetto politico. Da lì parte la sfida che ci assumiamo e li definiremo la nostra carta dei valori.

L’assemblea darà avvio alla Carovana dell’Alternativa, individuando le forme di partecipazione al progetto politico. Si tratta di definire il nostro programma, le nostre campagne e la nostra proposta politica in un cammino partecipato e dal basso che con assemblee popolari e momenti di studio e approfondimento coinvolga movimenti, associazioni, gruppi formali e informali unendo competenze individuali e collettive.

Entro l’autunno del 2016 ci ritroveremo per concludere questa prima fase del processo e dare vita al soggetto politico della sinistra.

E dal Manifesto (gli altri quotidiani non ne parlano granché):

La corsa parte, dunque. Presto partirà anche la «Carovana dell’alternativa» per «innervare il processo nei territori, per portare in tutte le città i nostri contenuti, con una logica capillare», come spiega il professore Marco Revelli a nome dell’Altra Europa. Il primo passo è fatto. Anche se non tutte le tessere del mosaico sono già al loro posto. Su come si presenterà quest’area alle amministrative del 2016, per esempio, c’è ancora un pezzo di strada da fare. Secondo il testo approvato ci sarà una «valutazione in comune» e «ovunque» della «possibilità di individuare candidati, di costruire e di sostenere liste nuove e partecipate in grado di raccogliere le migliori esperienze civiche e dal basso e di rappresentare una forte proposta di governo locale in esplicita discontinuità con le politiche dell’attuale esecutivo». Non è detto però che in tutte le città questa valutazione comune porti a candidati unitari: ma ogni giorno ha la sua pena, si vedrà più avanti.

Ok, le intenzioni sembrano buone. Però mi scappa una domanda. Perché ho fatto fatica a trovare il testo dell’accordo sui siti dei firmatari?

Inoltre, qualcuno (vedi Possibile) fa giustamente qualche osservazione:

Sulle date si registra la perplessità del civatiano Gianni Principe: il periodo coincide con la campagna per le primarie del centrosinistra in alcune importanti città. Come Milano, sulla quale fin qui gli orientamenti di Sel non coincidono con quelli del Prc e di Civati.

In effetti, potrebbe essere un problema essere nella fase costituente di un nuovo soggetto e andare separati alle amministrative.

I GRUPPI PARLAMENTARI

Sabato c’è stato il lancio ufficiale dell’operazione Sinistra Italiana in Parlamento. In sostanza, SEL più qualche innesto ex PD. Al Quirino però c’erano anche altre persone, i rappresentanti dei movimenti NoTriv, dell’Arci, sono stati letti i messaggi della Boldrini e di Max Fanelli. In platea, venuti ad ascoltare, uomini e donne della «sinistra italiana»: l’archeologo Salvatore Settis, il costituzionalista Massimo Villone, il fondatore del manifesto Valentino Parlato, Aldo Tortorella, la portavoce della coalizione sociale di Landini Francesca Redavid, Rosanna Dettori, segretaria della Cgil Funzione pubblica. L’avvocato FeliceBesostri, autore del ricorso che ha smontato il Porcellum. E Vincenzo Vita, Michele Prospero, Giuliana Sgrena, Franco Giordano, Pietro Folena, Riccardo De Fiores, Andrea Ranieri.

Una cosa, forse banale, mi ha colpito (e voi capirete perché): D’Attorre che dopo il mini comizio all’aperto dice “non ho più voce, non ci sono più abituato”. Ecco, forse c’è bisogno di ricominciare a parlare con le persone, andare in piazza (non c’è bisogno di piazza San Giovanni, forse basta meno…).

Questa operazione ha causato però parecchia maretta. Leggo sul Manifesto:

Tra i parlamentari di Sel circola anche qualche scetticismo sulla nascita di Sinistra italiana. Il senatore Dario Stefàno (che da tempo dice che bisogna «ritrovare l’unità del centrosinistra») potrebbe non essere della partita, si sussurra. Mentre il deputato Adriano Zaccagnini, che è arrivato a Sinistra e libertà dai 5 Stelle e che ieri era alla manifestazione romana, dice: «Non condivido le scelte fatte. Confondere un’operazione parlamentare con il lancio di un partito politico tutto da costruire non è un presupposto positivo. Partire va bene, ma sovrapporre con consapevolezza i percorsi non funziona». Secondo Zaccagnini, «dai caminetti di queste settimane» non sarebbe stato «allargato il coinvolgimento», a partire «dalla scelta del nome che rifugge dal campo europeo». Conclusione: «Queste dinamiche sono troppo vicine a un’operazione di riproposizione di ceto politico escluso dall’Italicum» e «senza una spinta popolare vecchie volpi della ’sinistra perdente’ avranno la meglio». Per ora non entreranno nel gruppo parlamentare di Sinistra italiana i senatori Fabrizio Bocchino e Francesco Campanella dell’Altra Europa con Tsipras, che pure partecipano alla costituzione del nuovo soggetto politico unitario. «La scelta — spiegano — è mantenere una posizione aperta per favorire l’ingresso di chi per ora sta a guardare anche se ha firmato il documento per la comune assemblea del 15–17 gennaio». Dunque «l’atto di iscrizione al gruppo avverrà in un secondo momento». «Mi auguro — dice Campanella — che presto saremo tutti insieme, anche con Civati».

CIVATI: IL SOLITO GNE’ GNE’ O HA RAGIONE?

Anche se già segnalata, vi ripropongo l’intervista rilasciata da Civati a Radio Popolare. Il punto principale del discorso è, per me, quello sulle alleanze alle amministrative, in primis le Primarie a Milano. In alcune città il partito di Vendola non ha ancora le idee chiare a proposito del rapporto con il PD e i suoi candidati, e a Milano, in vista della “probabile” candidatura di Giuseppe Sala

(…) lo spazio per una candidatura di sinistra è ampio. “Possibile” ci sarà, e se Sel si libererà dell’ “abbraccio” con il PD di Renzi sarà possibile arrivare a un candidato comune.

Gli stessi concetti espressi nell’intervista vengono ribaditi qui:

Per Civati, quella di ieri era un’assemblea di vecchi politicanti: “Bisogna rivolgersi anche ai giovani, fare alleanze senza Pd e costruire il programma con lo sguardo largo di un movimento politico e non di un gruppo parlamentare”.

Il fondatore di Possibile spiega di non aver raccolto l’invito al Quirino “perché non faccio parte del gruppo parlamentare che nasce. Non mi piace il metodo, è una operazione di vertice. Con loro – dice Civati sulle pagine della Stampa – collaborerò sempre con grande disponibilità. Ma quella platea non è la mia. Cos’è il popolo della sinistra? Chi milita in un partito o in un sindacato?”.

“Non so se era ceto politico ma di certo era un ceto molto politicizzato. C’era molto Pd in transito. Noi invece – sottolinea Civati – lanciamo la sfida a diverse generazioni di persone, a diversi tipi di elettori”. Spiega che Possibile e il gruppo nato ieri sono differenti “nell’approccio. Sinistra Italiana è un gruppo parlamentare che diventa un partito. Per me è un errore. Tutti dicono che bisogna partire dal basso, io ci sto provando a costruire una sinistra che parte dalla società e si rivolge alla società”.

Non so a voi, ma a me sembra un discorso sensato. Non un piagnisteo (perché lo so che qualcuno parte da questo presupposto), ma considerazioni sul percorso da seguire: partenza, itinerario, arrivo.

QUINDI…

…la “Cosa Rossa” si fa, almeno pare. Ma non mi sembrano ancora tutti convinti sul chi e sul come. Perché in effetti quelli che sono già strutturati a partito hanno metodi e motivazioni diversi da chi invece ha una struttura diversa. Sia l’Altra Europa che Possibile ne fanno più una questione di movimento dal basso verso l’alto, mentre SEL (a proposito, non doveva sciogliersi mesi fa?) sembra che stia cercando un modo per sopravvivere. E la questione delle alleanze non penso sia una fissazione di Civati… Se questi partiti hanno effettivamente intenzione di compiere un percorso comune, sarebbe cosa buona e giusta cercare fin da subito una convergenza sulle candidature per le amministrative. Ma il “patto” per primarie a Milano sottoscritto da SEL e linkato da T9 non sembra essere di buon auspicio (mica puoi dire “faccio le primarie, ma se vince Sala mi alleo con la sinistrasinistra”…).

Possibile poi si trova in piena fase costituente, non so fino a che punto possa sposare in modo incondizionato questa proposta.

Progetti sinistri

segnalato da Barbara G.

La sinistra si organizza: ecco il documento della nuovo progetto alternativo al Pd

huffingtonpost.it, 04/11/2015

È tutto pronto per la nascita del nuovo gruppo parlamentare a sinistra del Partito democratico. A farne parte, come riporta un articolo pubblicato sul Manifesto, saranno in tutto 31 deputati: ai 25 componenti di Sel si aggiungeranno Stefano Fassina, Monica Gregori, Claudio Fava, Alfredo D’Attorre, Vincenzo Folino e Carlo Galli. Il gruppo verrà battezzato sabato 7 novembre al Teatro Quirino di Roma.

Intanto HuffPost pubblica in esclusiva un documento che ha come orizzonte una costituente di un nuovo soggetto politico di sinistra. Giovedì 5 novembre alle 14 ne discuteranno, per fissare una data, Sel, Stefano Fassina, Sergio Cofferati, Andrea Ranieri, Rifondazione Comunista, Altra Europa con Tsipras, Act, Possibile con Civati.

1. NOI CI SIAMO, LANCIAMO LA SFIDA
Riteniamo non solo necessario ma non più procrastinabile avviare ORA il processo costituente di un soggetto politico di sinistra innovativo, unitario, plurale, inclusivo, aperto alle energie e ai conflitti dei movimenti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei movimenti sociali, dell’ambientalismo, dei movimenti delle donne, dei diritti civili, della cittadinanza attiva, del cattolicesimo sociale.

Un soggetto politico in grado di lanciare in modo autorevole e credibile la propria sfida al governo Renzi e a un PD ridotto sempre più chiaramente a “partito personale del leader”, in rappresentanza del variegato universo del lavoro subordinato e autonomo, degli strati sociali che più soffrono il peso della crisi, dei loro diritti negati e delle loro domande inascoltate, orientato a valorizzare la funzione dei governi territoriali e dei corpi intermedi. Dobbiamo rispondere in modo adeguato – con la forza, il livello di unità e la chiarezza necessarie – alla domanda sempre più preoccupata di quel popolo di democratici e della sinistra che non si rassegna alla manomissione del nostro assetto democraticocostituzionale, alla liquidazione dei diritti del lavoro e alla cancellazione del residuo welfare.

L’obbiettivo è lavorare fin d’ORA, in un contesto di dimensione europea contro le politiche neoliberiste, all’elaborazione di un programma comune con cui candidarsi alle prossime elezioni politiche alla guida del Paese, con una proposta politica autonoma e in competizione con tutti gli altri poli politici presenti (la destra, il M5S e il PD), nella consapevolezza che in Italia la stagione del centro-sinistra è finita. In Europa è evidente la crisi profonda delle tradizionali famiglie socialiste.

Ogni giorno che passa aumenta il disagio e il disastro nel Paese. Renzi ha declinato il tema della vocazione maggioritaria come politica dell’uomo solo al comando, alibi per un partito trasformista pigliatutto in realtà dominato dall’agenda liberista dell’Eurozona. Noi vogliamo al contrario costruire una sinistra in grado di animare un ampio movimento di partecipazione popolare e di realizzare alleanze sociali e politiche che mettano radicalmente in discussione le “ricette” nazionali ed europee che hanno caratterizzato il governo della crisi da parte di Popolari e Socialisti. Sappiamo perfettamente che non è sufficiente unire quel che c’è a sinistra del Partito Democratico, o autoproclamarsi alternativi, per costruire un progetto all’altezza della sfida, davvero in grado di cambiare la vita delle persone. Ma siamo altrettanto convinte/i che senza questa unità il processo nascerebbe parziale, o non nascerebbe affatto. Per questo noi questa sfida la lanciamo oggi. Insieme.

2. DEFINZIONI DEL SOGGETTO
Il Soggetto politico che vogliamo sarà: DEMOCRATICO, sia nel suo funzionamento interno (una testa un voto regola guida, strumenti e momenti di partecipazione diretta e online, pratiche di co-decisione tra rappresentanti istituzionali e cittadini, costruzione dal basso del programma politico) sia perché deve essere il punto di riferimento e di azione di tutte/i i democratici italiani DI TUTTE E TUTTI, perché deve essere il luogo in cui tutte/i coloro che si contrappongono alle politiche neoliberiste, alla distruzione dell’ambiente e dei beni comuni, alla svalutazione del lavoro, alla crescente xenofobia, alle guerre, all’attacco alla democrazia possono ritrovarsi e organizzarsi in un corpo collettivo capace di superare antiche divisioni nell’apertura e nel coinvolgimento delle straordinarie risorse fuori dal circuito tradizionale della politica. ALTERNATIVO e AUTONOMO rispetto alle culture politiche prevalenti d’impronta neoliberista che ci condannano al declino sociale e culturale, di cui oggi il PD tende ad assumere il ruolo di principale propulsore e diffusore. INNOVATIVO sia nelle forme sia per la rottura con il quadro politico precedente, così come sta avvenendo in molti paesi europei. Differente dal sistema politico corrotto e subalterno di cui siamo avversari. EUROPEO in quanto parte di una sinistra europea dichiaratamente antiliberista, che, con crescente forza e nuove forme, sta lottando per cambiare un quadro europeo insostenibile.

3. L’ANNO CHE VERRA’ – IL 2016
Il 2016 ci presenta passaggi politici di grande importanza: le amministrative che coinvolgono le principali grandi città, il referendum sullo stravolgimento della Costituzione e la possibile campagna referendaria contro le leggi del governo Renzi.
In coerenza con il nostro obbiettivo principale per la scadenza delle amministrative vogliamo lavorare alla rinascita sociale, economica e morale del territorio, valutando in comune ovunque la possibilità di individuare candidati, di costruire e di sostenere liste nuove e partecipate in grado di raccogliere le migliori esperienze civiche e dal basso e di rappresentare una forte proposta di governo locale in esplicita discontinuità con le politiche dell’attuale esecutivo. Fondamentale è la costruzione di una forte campagna per il NO nel referendum sulla manomissione della Costituzione attuata dal governo Renzi e il sostegno alle campagna referendarie in via di definizione contro le leggi approvate in questi 2 anni.

4. QUINDI…
Al fine di avviare il processo Costituente di questo soggetto politico, convochiamo per il XX xx dicembre 2015 una assemblea nazionale aperta a tutti gli uomini e le donne interessati a costruire questo progetto politico. Da lì parte la sfida che ci assumiamo e li definiremo la nostra carta dei valori. L’assemblea darà avvio alla Carovana dell’Alternativa, individuando le forme di partecipazione al progetto politico. Si tratta di definire il nostro programma, le nostre campagne e la nostra proposta politica in un cammino partecipato e dal basso che con assemblee popolari e momenti di studio e approfondimento coinvolga movimenti, associazioni, gruppi formali e informali unendo competenze individuali e collettive.
Entro l’autunno del 2016 ci ritroveremo per concludere questa prima fase del processo e dare vita al soggetto politico della sinistra.

Smontiamo l’Italicum

Italicum, 15 ricorsi in Corte d’appello su premio di maggioranza e ballottaggio. Due quesiti referendum in Cassazione

L’iniziativa è stata promossa dal Coordinamento democrazia costituzionale ed è guidata dall’avvocato che smontò il Porcellum. Tra i firmatari anche esponenti della minoranza Pd.

di F. Q. | 26 ottobre 2015

Ricorsi in quindici corti d’Appello e due quesiti per altrettanti referendum abrogativi depositati in Cassazione. La guerra all’Italicum è iniziata e a guidarla è il Coordinamento democrazia costituzionale che ha scelto di affidarsi all’avvocatoche già vinse una volta contro il Porcellum: Felice Besostri. Il legale, ex candidato M5S alla Consulta, a dicembre 2014 insieme al collega Aldo Bozzi riuscì ad ottenere la bocciatura da parte della Corte costituzionale della precedente legge elettorale. Al centro delle contestazioni sul nuovo sistema di voto: ancora una volta il premio di maggioranza, il metodo del ballottaggio e le norme sulle minoranze linguistiche.

Tra i firmatari dell’iniziativa ci sono diversi esponenti della minoranza Pd (Alfredo D’Attorre, Paolo Corsini, Lucrezia Ricchiuti, Corradino Mineo, Felice Casson e Walter Tocci). Poi i giuristi Gustavo Zagrebelsky, Nadia Urbinati e Sandra Bonsanti e rappresentanti dell’opposizione in Parlamento: l’ex Pd Stefano Fassina, gli esponenti Sel Loredana De Petris e Giorgio Airaudo. Il Movimento 5 Stelle ha annunciato di volersi accodare all’iniziativa. Da Palazzo Chigi fanno sapere di essere tranquilli e di valutare i ricorsi “prematuri” in quanto la legge, approvata a maggio 2015, entrerà in vigore a luglio 2016. “Sono un’iniziativa assolutamente rispettabile”, ha commentato il capogruppo Pd Ettore Rosato, “ma non siamo preoccupati rispetto alla tenuta del testo della legge elettorale, che è coerente con i principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum”.

Obiettivo dell’azione giudiziaria: veder dichiarate incostituzionali parti del sistema di voto, seguendo un iter analogo a quello che portò allo stesso risultato rispetto al cosiddetto Porcellum. Destinatari dei ricorsi i 26 distretti di Corti d’Appello, ma anche singoli Tribunali civili. “Non possiamo aspettare 7 anni come l’altra volta”, aveva detto Besostri a maggio scorso a ilfattoquotidiano.it, “e speriamo che almeno un giudice faccia ricorso alla Consulta. Sono interventi riservati al singolo cittadino elettore”. Secondo l’avvocato i tempi questa volta potrebbero essere più rapidi: “Dipende dal magistrato: ma la questione si potrebbe risolvere anche in pochi mesi. Nel precedente del Porcellum si è perso tempo perché il tribunale e la Corte d’appello non avevano accettato il ricorso e abbiamo dovuto aspettare la Cassazione. Ma poi tra il deposito e la sentenza sono passati pochi mesi”. La seconda strada su cui intende muoversi il Coordinamento è quella del referendum abrogativo. In mattinata una delegazione ha depositato due quesiti sulla cui ammissibilità dovrà esprimersi la corte di Cassazione: questi riguardano la cancellazione della priorità assegnata alla figura dei capilista nei vari collegi con la facoltà loro concessa di candidature plurime e l’abbandono del meccanismo del premio e del ballottaggio.

Secondo Besostri sono 5 i punti di criticità che presenta l’Italicum. Innanzitutto “delegittima la Corte costituzionale“. Poi il premio di maggioranza: “Espresso in una percentuale minima di seggi, anche se prevede una soglia, non supera la contraddizione fondamentale che è tanto più consistente quanto minore è il consenso elettorale della lista beneficiaria”. Sotto accusa anche “la distribuzione del premio nelle circoscrizioni” perché sarebbe affidata a un algoritmo influenzato dalla partecipazione elettorale e dall’entità dei voti per liste sotto soglia nei collegi e nelle circoscrizioni. Inoltre il ballottaggio che “costituisce un modo di aggirare la necessità di una soglia minima per l’attribuzione del premio”. Infine le minoranze linguistiche: “Eleggono i loro rappresentanti al primo turno, ma contano ai fini del premio di maggioranza e partecipano al secondo turno, mentre gli italiani all’estero no”.

La nuova legge elettorale è stata impugnata con una serie di ricorsi analoghi, depositati in contemporanea, tra cui compaiono le sedi di Roma, Milano, Napoli, Venezia, Firenze, Genova, Catania, Torino, Bari, Trieste e Perugia. Ora spetta ai giudici valutare se accogliere le istanze. La vicenda ricorda quello che successe solo due anni fa con la precedente legge elettorale. La Consulta infatti a dicembre 2014 stabilì che il “Porcellum” era incostituzionale. I giudici hanno bocciato il premio di maggioranza del vecchio sistema perché, come si legge nelle motivazioni della sentenza, “foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione e può produrre una distorsione, perché non impone il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”. Ma nel mirino c’erano anche le liste bloccate “lunghe“, senza però escludere la possibilità di fare ricorso a delle liste “corte” che prevedono un “numero dei candidati talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi”.

È MOVIMENTO SOLO SE SI MUOVE

segnalato da Ciarli P.

Esclusiva, Casarini da Francoforte: “Landini guardi a Blockupy per un’Italia contro i potenti”

di Andrea De Angelis – intelligonews.it, 18 marzo 2015

IntelligoNews ha intercettato Luca Casarini, storico esponente dei movimenti di sinistra italiani e già candidato con la Lista Tsipras alle ultime europee, in strada a Francoforte, durante la protesta dei movimenti nel giorno dell’inaugurazione dei nuovi uffici della Bce…

Casarini, perché in questo momento sta manifestando a Francoforte?

«C’è una situazione di grande protesta da questa mattina alle sei. Oggi è il giorno dell’inaugurazione della Bce e migliaia di persone stanno manifestando per sottolineare l’assurdità di grandi festeggiamenti nei confronti di un’Europa in cui aumenta la povertà dal punto di vista sociale».

Si parla di una decina di feriti e di una città messa a ferro e fuoco…

«Ci sono state barricate, vari tentativi di bloccare gli ingressi della Bce e naturalmente la polizia era presente e ha fatto cariche oltre ad utilizzare gli idranti».

Dove si trova adesso?

«Sono in un blocco di oltre duecento italiani che sono stati fermati e adesso vengono presi ad uno ad uno dai reparti di polizia per l’identificazione».

Ci sono delle delegazioni con lei?

«Sì, c’è sia quella dei parlamentari europei de L’Altra Europa con Eleonora Forenza, che quella dei parlamentari di Sinistra Ecologia e Libertà con Fratoianni e Zaccagnini. Di certo oggi non si potrà dire che l’Europa è un luogo pacificato in cui i potenti possono fare le loro grandi feste di apertura di palazzi e le persone non protestano».

In rete si vedono filmati di ragazzi mascherati. C’è divisione tra i gruppi?

«Non c’è nessun tipo di divisione tra le persone, ci sono tanti modi diversi e creativi di fare blocchi e la protesta è molto dura perché fatta in un luogo in cui teoricamente oggi non doveva esserci nulla se non le sfilate di macchine blindate dei vari potenti della finanza e delle banche. C’è tensione perché la gente vuole protestare, ma nessuna divisione tra parti».

Tutto sommato mi sembra di capire che la situazione è comunque sotto controllo, non c’è il rischio di una escalation?

«Sì, l’obiettivo politico di questa protesta è stato pienamente raggiunto, ovvero quello di chiedere con forza un’Europa democratica dove la questione aperta dalla Grecia diventi una questione politica per tutti i governi europei. Ridiscutere insieme che tipo di Europa vogliamo. Adesso bisogna evitare l’escalation da parte della polizia e su questo credo sia importante anche il ruolo dei media».

Venendo alla coalizione sociale di Landini, oggi a Francoforte è presente anche la Fiom?

«Sì, ci sono dei pullman di persone della Fiom che manifestano. Ci sono reti sociali, studenti, precari, insomma tutta la coalizione sociale europea, Blockupy, che ha realizzato questo evento. Anche questa in Europa è già una coalizione sociale».

Dunque la coalizione sociale in Italia guarda anche a questo modello?

«Spero e penso di sì, credo che sia il modo giusto di affrontare il tema di come organizzarci per cambiare la storia di un’Europa fatta fino ad ora di povertà sempre più grandi da una parte e ricchezze di pochi dall’altra».

Eppure su molti giornali si scrive che i movimenti identitari in Italia non hanno mai funzionato, quasi preannunciando un flop di Landini. Come risponde?

«Non credo che Landini intenda la coalizione sociale come movimento identitario, ma che ponga il problema di mettere insieme ciò che l’austerity divide. Oggi purtroppo la crisi, la miseria e la povertà tendono a costruire guerre tra poveri piuttosto che prendersela con i veri potenti. Oggi si vedrà chi sta con i potenti e chi invece con le persone che vogliono riprendersi in mano il proprio destino».

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«È movimento solo se si muove. Se sta fermo, potrebbe trattarsi di fermento, ma il fermento è quasi sempre cattiva digestione». Ciarli P.