Coltiva la memoria

Umberto Eco: “Caro nipote, studia a memoria”

Il semiologo e scrittore scrive al nipotino. Con una riflessione sulla tecnologia e un consiglio per il futuro: mandare a mente ‘La vispa Teresa’, ma anche la formazione della Roma o i nomi dei domestici dei tre moschettieri. Perché Internet non può sostituirsi alla conoscenza né il computer al nostro cervello

di Umberto Eco – espresso.repubblica.it, 03 gennaio 2014
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Umberto Eco: Caro nipote, studia a memoria

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Caro nipotino mio,

non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.

Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).

Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’Università: la perdita della memoria.
È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, il dottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.

Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.

Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene – a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.

Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’Università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse – e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.

Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.

Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria.

Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino?

Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.

Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.

43 comments

  1. La canea latrofonica, autocompiaciuta che induce una tristezza incomparabile ed allo stesso tempo riproduce nella piazza virtuale di Twitter le grida del popolino, autoassolutorie e festanti per essere scampati alla forca, sono l’esempio più pertinente del valore scientifico dell’opera di Eco. A mo’ di glossa marginale vale anche la pena di sottolineare come l’infido sottoproletariato si sia trasferito in massa su ciò che oggi chiamiamo “social media”.
    La conclusione, inevitabile, di questo commento che non avrei potuto scrivere senza essere passato per le strettissime crune di “Opera Aperta” e la “Struttura Assente” può, ancora, essere trovata, nella frase finale di “Opera Aperta”:
    “Ma c’è del metodo in questa follia, Adamo ci ha insegnato che, per ristrutturare i codici, bisogna anzitutto provare a riscrivere i messaggi”.

    My Dearest Dodos..

    PS No. non ho letto nessun romanzo di Eco perlo stesso motivo per cui non ho mai letto “Selezione dal Reader’s Digest”.

    1. …..non ho letto nessun romanzo di Eco per lo stesso motivo per cui non ho mai letto “Selezione dal Reader’s Digest”….

      Beh, Boka, non tutti abbiamo i tuoi strumenti….

      PS Dodo mi va benissimo, il panda è ancora costretto a vivere.

        1. io, ad esempio, non ho letto mai un romanzo di eco, ma ho letto (sfogliato, va’) il reader’s digest. non so nemmeno a chi arrivasse, lo trovavo nella casa di mia nonna. non ho mai capito che caspita di rivista fosse. e come mai potesse avere una chance nel mondo italico (non bastava grand hotel, che infatti ho letto con maggior consapevolezza?)

        2. Mi spiace Bo anche l’hardware (nel senso di materia grigia) conta. se non c’è non c’è.
          E per citare Eco, anche le mininature ed i marginalia possono aiutarti a capire l’aria che tira.

      1. In maniera più esplicita. Non ho letto i romanzi di Eco non per “snobismo” ma perchè sono un’appicazione pratica degli strumenti da lui posseduti e divulgati. Allo stesso modo preferisco cucinare piuttosto che assistere alle perfomances sguaiate dei cuochi in televisione.

            1. Ovviamente.
              Ciò non toglie che un romanzo, anche quelli meno degni, siano costruiti con strumenti e regole.

              Quello fa un romanzo godibile è il saper combinare, mescolare e dosare gli elementi e il risultato finale che ne consegue. No?

              Come dire: mi immagino e mi scrivo una storia da solo,
              dato che conosco gli strumenti di cui si serve…
              (senza polemica, eh…)

              1. Quello che fa la differenza è la qualità degli elementi che combini, in cucina come nella scrittura. E di nuovo siamo alla qualità del cibo (per la mente).
                Prendi due esempi. Il primo è Wilbur Smith, milioni di copie vendute e inesauribile capacità di costruire trame. Il secondo è Marguerite Yourcenair, in specifico “Le memorie di Adriano”. Puoi onestamente dire che siano la stessa cosa? Anche se entrambi hanno combinato e dosato gli elementi e alla fine hanno scritto una storia.

                1. P.s. Ti citerò Milan Kundera. L’obbiettivo di uno scrittore, dice Kundera, è “svelare una cellula dell’esistenza umana”. Una sola, autentica cellula di quel che ci rende umani basta a fare un grande scrittore.
                  La maggior parte della roba che viene scritta oggi non svela proprio niente, anzi contribuisce solo al rumore di fondo che confonde le persone.

                2. Non stiamo dicendo nulla di diverso.

                  Per Boka i romanzi di Eco sono una semplice applicazione dei suoi strumenti, un esercizio stilistico “automatico”, e questo lo dispensa da una lettura che ritiene inutile.

                  Per me contengono comunque un’IDEA , che è quello che fa la differenza.

                  Oltre alla capacità di dosare e combinare sapientemente tutti gli ingredienti con padronanza e maestria (che già fa la differenza tra un romanzo di Wilbur Smith e una ciofeca) e ne fanno un buon prodotto finale.

                  Poi ognuno ha la sua classifica personale dove collocare o meno Eco.
                  (io leggo anche Topolino oltre a Kundera e Yourcenair, per dire, mentre non conosco Wilbur Smith.)

              1. Esistono, in ordine di domanda e di offerta, la produzione industriale, l’artigianato e l’arte.
                Non sono la stessa cosa.

                (Escludo i pastrocchi dei ‘vorrei ma non posso’ e presuppongo, sperando non si avviino discussioni interminabili, che tutti sappiamo, almeno alla buona, almeno per intuizione, distinguere un prodotto dall’altro).

        1. Tra le due cose c’è anche la buona ristorazione, caro Boka. Io non ho mai visto la pornocucina televisiva ma ho avuto il piacere di avere dei consigli da alcuni cuochi (non chef, cuochi serii) che hanno migliorato sia la mia cucina che la maniera di intendere e rispettare la materia prima (a volte poverissima) che vuoi mettere in tavola.

  2. Di Eco ho letto il Pendolo di Foucault,
    con una certa presunzione dato che presuppone una buona conoscenza della storia (che non ho) per goderlo appieno.
    La dimostrazione di come basti poco – qualche omissione, qualche invenzione da infilare sapientemente nei fatti storici – per montare una “teoria del complotto” plausibile che attraversa i secoli (penso ai complottisti del web nostrani e conseguenti manipolazioni).

    Quando leggevo l’Espresso, non mancavo di leggere le bustine di Minerva

    1. Il libero mercato è solo per noi gonzi. Per i maiali (che sono sempre gli animali più uguali degli altri) invece c’è sempre un aiutino (o aiutone) dello stato.

  3. “Quali tempi sono questi, quando
    un dialogo sugli alberi è quasi un delitto,
    perchè su troppe stragi comporta il silenzio”

    Da qualche parte tra le pagine di “Opera Aperta” capitato per caso tra le mani di un adolescente simile ad un topo di laboratorio in un labirinto prossimo all’uscita solo per scoprire che il significato giaceva nel perdersi per sempre nelle innumerevoli combinazioni di angoli, pareti ed il cielo da cui grandinavano libri in una “tempesta” senza riparo (il cammello era solo un figmento di un’immaginazione che avrebbe richiesto tempo ed una voce amica) che sembrava dare un’estensione senza fine ad una vita che non poteva essere altro che un “modo di formare come impegno sulla realtà”. Poi irruppe “tutto ciò che è razionale è reale e ciò che è reale e razionale” e la ricerca della totalità l’unico modo per affrontare la tempesta cancellandone persino la remota possibilità di una improbabile fine nella speranza mai sopita del futuro sussurrato dalla talpa, l’unica possibilità di rifugio dagli spettri trasversali al tempo che impedivano di cogliere la distinzione tra il dolore della memoria e l’oblio del futuro.

    My dearest dodos….

    1. Ho apprezzato Eco scrittore saggista e scrittore (non tutto). Ho sempre ammirato il suo impegno civile e la sua coerenza fino all’ultima avventura della “Nave di Teseo”.
      La cosa divertente è che mi accorsi della esistenza di tal Umberto Eco leggendo Linus. (sembra un secolo fa).

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