Month: marzo 2015

La mafia uccide, il silenzio pure

Segnalato da barbarasiberiana

LICEO GALILEI, PRESIDE FERMA IL MURALES CON IMPASTATO. STUDENTI PROTESTANO: “IL SILENZIO LO UCCIDE DI NUOVO”

Di Luisa Santangelo – meridionews.it, 28/03/2015

Prima hanno dovuto togliere il volto di Peppino. Poi è stato chiesto loro di cambiare la frase, «troppo forte» per stare sul muro esterno dell’istituto, che si trova al villaggio Dusmet. «Alla fine ci hanno detto: “Fatelo da un’altra parte”», racconta un giovane promotore. Il caso arriverà presto in consiglio comunale.

«Senza mezze parole: ci sentiamo presi in giro. Intorno alla nostra proposta si è generato un muro di imbarazzante silenzio che sta uccidendo di nuovo Peppino Impastato e i suoi ideali». Gli studenti del liceo Galileo Galilei aspettano il della preside, la professoressa Gabriella Chisari, da mesi. Vogliono realizzare, sul muro esterno del loro istituto, un murales con il volto di Peppino Impastato, il giornalista e attivista di Cinisi ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Accanto al volto di Peppino, la frase scritta su uno striscione e portata in corteo dai suoi compagni il giorno del suo funerale: «La mafia uccide, il silenzio pure». «Ma la dirigente ci ha detto, cito testualmente, che un volto con una citazione accanto erano un’immagine “desueta” e che quindi andava cambiata», racconta Simone Dei Pieri, 22 anni, ex rappresentante del Galilei e responsabile dell’associazione giovanile Atlas, promotrice dell’iniziativa assieme al club service Interact Catania Ovest.

Il percorso per la realizzazione del dipinto è iniziato a luglio quando Simone Dei Pieri e il giovanissimo Riccardo Foti, 16 anni, studente del Galilei e rappresentante di Interact, sono andati al Comune di Catania a presentare la loro proposta. Nel loro immaginario, il muro esterno della scuola — frequentata da entrambi, anche se in anni diversi — avrebbe dovuto mandare un forte messaggio di antimafia. A realizzarlo sarebbe stato Vincenzo Magno, giovane artista etneo, adesso studente dell’accademia di Belle arti di Bologna. La prima risposta affermativa viene dall’assessore all’Urbanistica Salvo Di Salvo: è lui a concedere la prima approvazione, vincolata all’accettazione dell’idea da parte della dirigente del liceo Galileo Galilei. È a questo punto che, quasi prima ancora di iniziare, l’iter si ferma.

«Da sempre ci occupiamo del tema della legalità e avevamo pensato a un murales a scuola per dare un segnale forte agli studenti», continua Dei Pieri. «La zona, peraltro, non è delle migliori», prosegue il giovane. È il villaggio Dusmet, nella seconda circoscrizione. Che, da San Giovanni Li Cuti e Ognina, passa per Picanello e arriva fino a oltre la circonvallazione. «Ci è stato detto — spiega — che la frase era troppo forte, che non andava bene perché troppo diretta. E poi c’era quel problema di Peppino Impastato, la sua figura non andava bene». Così hanno cambiato tutto: niente Impastato. Al suo posto, i binari della ferrovia dove è stato fatto ritrovare il suo corpo, e un uomo — con coppola e lupara — con un giornale aperto: «La mafia uccide, il silenzio pure» è scritto sulle pagine del quotidiano. Ma neanche questa opzione è stata giudicata praticabile. Allora Vincenzo Magno, che avrebbe dovuto essere l’autore del murales, ha creato un’altra bozza: di nuovo i binari, ma al posto di un solo uomo ce ne sono tre, di spalle: due giovani e un professionista in giacca. «Ma anche la terza versione è stata rigettata. A questo punto la preside ci ha chiesto di cambiare il tema. Di fare un murales più educativo», ricorda il sedicenne Riccardo Foti. «Noi ci siamo rifiutati — sostiene — L’idea era di lanciare un messaggio, cambiando tema non sarebbe più stata la stessa cosa. Così la preside ci ha risposto: “Fatelo da un’altra parte“».

Del murales antimafia Gabriella Chisari, preside del Galileo Galilei, preferirebbe non parlare. «Io non mi sono opposta — replica — Ma bisogna capire che devo discutere tutto con lo staff e trovare una soluzione condivisa. Abbiamo avviato un dialogo con uno studente, ma non siamo riusciti a trovare un punto d’incontro. Quindi la situazione è in stand-by». «Cerchiamo di fare delle cose adeguate alla scuola e al contesto in cui operiamo», conclude Chisari. «Se partiamo dall’idea che la zona, perché è difficile, è inadeguata a un messaggio antimafia stiamo proprio sbagliando tutto, stiamo proprio dimenticando il senso dell’antimafia», risponde Riccardo Foti. «Nel murales ci sarebbero stati i segni di tante mani, volevamo che fossero quelle dei ragazzi del villaggio Dusmet. Ci sarebbe piaciuto coinvolgerli all’inaugurazione. Con questo rifiuto e questo silenzio stiamo uccidendo Peppino Impastato per la seconda volta, uccidiamo la sua memoria e il suo lavoro. E senza neanche un motivo», continua lo studente. «Partire dai giovani non è importante solo a parole, è una cosa oggettiva: non cambi il modo di pensare di un cinquantenne — commenta il giovane — Puoi cambiare, invece, il modo di pensare di un ragazzo come me, che a sedici anni ha ancora tutto da imparare. Che poi è quello che ha fatto Peppino, no? Ha costruito il suo pensiero e le sue battaglie da giovanissimo, ha vissuto la sua vita rinnegando il mondo in cui era cresciuto».

Il caso del murales negato arriverà martedì in consiglio comunale. A portarcelo il consigliere Agatino Lanzafame, che ha seguito gli studenti sin dalle fasi iniziali di progettazione del dipinto: «È sconcertante che, di fronte a un’iniziativa che tiene viva la memoria, qualcuno si preoccupi del contesto e della forma», si accalora Lanzafame. Che annuncia un intervento direttamente a Palazzo degli elefanti: «Farò un’interrogazione per chiedere all’amministrazione di intervenire con forza, perché quel murales va fatto. E senza tentennamenti. Non voglio risposte da burocrati, né rimpalli di responsabilità. Quei ragazzi si sono impegnati su un argomento che avrebbe dovuto raccogliere il plauso di tutti. Certi no, invece, non fanno altro che mettere distanza».

QUI i bozzetti per il murales

E lo chiamano lavoro

segnalato da barbarasiberiana

E LO CHIAMANO LAVORO – UN LIBRO SUL PERCORSO DEL JOBS ACT – INTERVISTA A RITA SANLORENZO

Intervista ad Rita Sanlorenzo (una delle due autrici) – consigliere sezione lavoro della Corte d’appello di Torino

da http://www.libera.tv

L’età di Marchionne, oltre alla contrazione del numero di auto prodotte e alla fuga della Fiat dall’Italia, ha un marchio di fabbrica univoco. Il lavoro non c’è, e quando c’è, è sottopagato, precario, privo di diritti e di garanzie. Il numero dei disoccupati è in continua crescita e non bastano, a invertire la tendenza, il moltiplicarsi di tipologie contrattuali sempre meno garantite e gli ottimistici annunci di ripresa di un premier specializzato in promesse.

La situazione è determinata, certo, da ragioni economiche ma ad esse si accompagnano, nel definirla, ragioni culturali e politiche altrettanto profonde. La classe operaia – è noto – non va più in paradiso (e quella, sempre più ristretta, dei contadini non ci è mai andata). Non per caso, ma per scelta. Contrapporre il lavoro ai diritti, quasi che fossero questi ultimi a ostacolare la crescita del primo, infatti, non ha nulla a che fare con l’occupazione ma serve a ridefinire l’organizzazione della società e le sue gerarchie. Lo dice in modo evidente la parabola del diritto del lavoro, dallo Statuto del 1970 al jobs act. In poco più di quarant’anni è cambiato tutto e lo Statuto sembra, oggi, un guscio vuoto: il dilagare del mito della flessibilità, dipinto come risorsa per distribuire meglio tempi di vita e risorse economiche, non ha favorito lo sviluppo dell’occupazione, ma ha determinato impoverimento e insicurezza. Indietro, peraltro, non si torna. E si apre, dunque, il problema del che fare.

Carla Ponterio, magistrato dal 1987, ha svolto la sua attività a Modena, prima nel settore penale (come pretore e come giudice) e, dal 2004, come giudice del lavoro. E’ attualmente consigliere presso la sezione lavoro della Corte d’appello di Bologna.

Rita Sanlorenzo, astigiana, è entrata in magistratura nel giugno del 1986. Da oltre vent’anni è giudice del lavoro (in Pretura, in Tribunale e, ora, in Corte d’appello a Torino). Dal 2007 al 2010 è stata – prima donna nella storia del gruppo – segretario nazionale di Magistratura Democratica.

Ai lavoratori di Pozzuoli

segnalato da Antonio “Boka”

“Ai lavoratori di Pozzuoli”

Discorso di Adriano Olivetti

per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli, 23 aprile 1955

Tratto da: A. Olivetti, “Città dell’uomo”, Edizioni di Comunità, Milano 1959

Quando, quattro anni or sono, fu decisa la costruzione di questo stabilimento, la battaglia iniziata dalla fabbrica di Ivrea per diventare un’impresa internazionale era in pieno sviluppo. Il problema del Mezzogiorno era già entrato da tempo nel nostro animo in tutta la sua dolorosa grandezza e quando ci pervenne un preciso invito da parte del Ministro dell’Industria, on. Campilli, oggi Ministro per il Mezzogiorno, questi non ebbe a trovare in noi troppe difficoltà nella sua generosa fatica.

Ma il problema non era nel nostro stabilirsi nel Mezzogiorno, esso consisteva piuttosto nella deviazione, impegnativa ed improvvisa, che ci avrebbe potuto distrarre dalla lotta durissima che avevamo intrapresa in Europa, nelle due Americhe, in Sud Africa.

Accettammo di buon grado il nuovo fardello. Fu un atto di fede nell’avvenire e nel progresso della nostra industria, ma soprattutto un meditato omaggio ai bisogni di queste regioni. E non si trattò soltanto di un contributo in denaro, ma anche di un autentico sacrificio dei nostri lavoratori. Perché l’Italia è tutta colpita dalla dolorosa malattia della disoccupazione. Se le condizioni generali delle popolazioni che vivono nel Nord possono essere considerate obiettivamente di gran lunga migliori di quelle prevalenti nel Mezzogiorno, è pur vero che talune sciagure sono andate abbattendosi anche nelle nostre zone un tempo prosperose.

La crisi dei tessili e di taluni settori dell’industria meccanica ha fatto precipitare negli scorsi anni e negli scorsi mesi la situazione nella zona di Ivrea.

Cinquecento meccanici perdevano il lavoro alla Zanzi di Ivrea, mille operai tessili ad Agliè, qualche centinaio ancora a Castellamonte, per giungere alla recente chiusura del Cotonificio di Caluso che ha colpito quattrocento famiglie.

Così la fabbrica di Ivrea, che usava assumere centinaia di operai ogni anno, si vide costretta, tra il ’52 e il ’54, per trasferire al Sud il suo potenziale di incremento produttivo, a ridurre o praticamente interrompere il ritmo delle sue assunzioni. Molti giovani non trovarono lavoro, molti padri dovettero attendere e ancora attendono che i figli possano conseguire una sistemazione, là dove essi stessi avevano passato gli anni migliori della loro vita. Ma nessuno ebbe a lamentarsi, nessuno indicò quale causa della sua condizione insoddisfatta, la creazione di questo stabilimento.

Perché nella coscienza dei nostri operai del Canavese è vivo il senso di solidarietà con i fratelli della Campania, della Calabria, della Lucania.

Nessuno ebbe a lamentarsi, adunque. E alla fine dell’anno scorso una politica audace nel piano, minuziosa nell’esecuzione, implacabile contro gli ostacoli, la politica della nostra direzione commerciale, ha creato le premesse per un altro balzo in avanti, che oggi la fabbrica, con ingente sforzo di uomini e di mezzi, sta realizzando in tutti i suoi settori.

I fatti salienti nella storia della nostra industria sono quest’anno, nel campo commerciale, l’apertura di una nuova organizzazione di distribuzione nel Canadà e nel campo produttivo, il definitivo assetto, la piena efficienza di questo stabilimento.

QUI l’intero documento.

Raimondo e gli occhiali usati

Raimondo, che regala occhiali usati a chi ne ha bisogno

di Tamara Ferrari (blog malanova) – vanityfair.it, 12 marzo 2015

Avete cambiato gli occhiali? Non buttate quelli vecchi, potrebbero servire a qualcuno che non può permetterseli.

L’appello arriva da L’Aquila. Raimondo Dionisio è un diacono della Chiesa aquilana e un funzionario della Prefettura, che da tanti anni cerca di aiutare i più poveri e i più sfortunati. Dal 2008 è impegnato in una curiosa attività: la raccolta di occhiali usati.

«Lo faccio in partnership con i Lions, una associazione che ha basi in tutto il mondo e un grande centro internazionale a Torino. Chiedo a tutti i cittadini, da tutta Italia, di spedirmi i loro occhiali usati. Poi qui facciamo una prima cernita: quelli che possono essere aggiustati e riutilizzati li diamo ai poveri o li spediamo in Africa, dove ci sono delle persone specializzate proprio nel recupero degli occhiali vecchi. Se la montatura è rotta, recuperano le lenti e le montano su un’altra, e così via».

Il primo anno Raimondo Dionisio ha raccolto più di cinquemila occhiali. «Dopo la crisi, ne arrivano sempre meno. Gli ottici ci dicono che la gente cerca di evitare di cambiare montatura, è più attenta, ha meno soldi da spendere. Ma io sono convinto che nelle case degli italiani ci siano tantissimi occhiali non usati, abbandonati magari nelle soffitte, nei cassetti, in qualche scatola. Dimenticati. Ecco, quegli occhiali potrebbero far felici tante persone nei Paesi più poveri del mondo o anche qui in Italia dove, ormai, c’è tanta gente che non può più comprarli».

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L’indirizzo dove spedirli:

Raimondo Dionisio,

via Colombo Ardeassi 8,

67100 L’Aquila.

Tel. 346/0826570

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In alternativa, si possono consegnare al Centro italiano Lions: a questo link tutti gli indirizzi, città per città.

 

Un libro per uno sconosciuto

segnalato da barbarasiberiana

Il 29 Marzo 2015, REGALA UN LIBRO AD UNO SCONOSCIUTO!

Alcuni anni fa, Alberto Schiariti, sul portale web “Leggere, leggere, leggere”, ha proposto, come momento di breve ma intenso INCONTRO TRA DUE PERSONE, una giornata all’anno in cui singole persone regalano un libro ad uno sconosciuto.

L’iniziativa è terminata diversi anni fa e non è stata più riproposta, ma ritenendola un’idea davvero geniale, perché consente a tutti, in qualunque luogo si trovino, di vivere la bellezza dello scambio umano con l’altro e di far circolare i libri e tutto ciò che essi portano con sé, un gruppo di semplici utenti del web ha deciso di riproporla e promuoverla quanto più possibile.

La DINAMICA è semplicissima: domenica 29 marzo 2015, esci di casa portando con te un libro ed un sorriso, regalali ad uno sconosciuto e …sorprendi l’altro con questo gesto inaspettato e sorprenditi per la sua reazione!

Scegli un libro, nuovo o usato non fa differenza. Potresti persino personalizzarlo (con una frase, impacchettandolo etc.).

Lo spirito è quello di vivere un momento più divertente possibile, in modo simpatico e creativo: compiendo lo stesso gesto (regalare un libro ad uno sconosciuto), farà vivere ad ognuno una personale avventura.

È un evento di massa. Coinvolgiamo quante più persone possibile!!!

L’evento “feisbuc” QUI.

Farenheit 451 a Milano

segnalato da crvenazvezda76

Forza Nuova ha organizzato per oggi pomeriggio a Milano un “presidio informativo” per segnalare libri e case editrici da boicottare perché “propagandano teorie omosessualiste e gender”. Ecco uno stralcio del loro comunicato stampa, che potete leggere QUI.

(…) Grazie alle numerose segnalazioni che sono giunte al nostro “numero verde per la difesa della famiglia”, è stato possibile stilare un primo elenco di case editrici e di titoli di promozione delle teorie omosessualiste e gender, diffusi e distribuiti nelle scuole elementari, medie ed anche materne del nostro paese.

Dietro colorate copertine, simpatici personaggi e divertenti disegni, si nasconde l’orribile strategia che vuole malignamente insinuare nelle menti dei bimbi più piccoli la presunta normalità di ogni sovversione dell’ordine naturale, fino all’autodeterminazione del proprio genere.

Libretti fatti entrare in maniera strisciante e subdola nelle nostre scuole, spesso e volentieri a supporto di programmi ed attività finanziati pubblicamente e mascherati da non meglio precisati obiettivi contro bullismo e razzismo.

Daremo a tutti i genitori che passeranno al nostro gazebo l’elenco dei libri da cui guardarsi e l’elenco delle case editrici verso le quali stare attenti.

Distribuiremo il testo della lettera da inviare ai presidi delle scuole dei propri figli per chiedere formalmente d’essere informati :

  • di ogni ogni lezione, progetto, attività didattica riguardante questioni fisiche e morali connesse con la sfera affettiva e sessuale dei bimbi/ragazzi
  • – di tutte le campagne previste contro il bullismo o le discriminazioni o il razzismo o la parità di genere.

Non sarà popolare, ma l’unico utilizzo che ci viene in mente per alcuni testi che abbiamo sfogliato … è quello di accendere il fuoco nel caminetto o nella stufa di casa.

Sabato denunceremo anche le aziende che stanno finanziando e supportando le associazioni e le lobby omosessualiste.

Lanceremo la campagna di boicottaggio di noti marchi industriali e bancari che pubblicamente o nell’ombra, sono contigui se non attivi promotori della lobby omosessualista. (…)

I “Sentinelli di Milano” (che già hanno organizzato il presidio fuori dalla sede del convegno su famiglia tradizionale organizzato alcune settimane fa a Milano) si sono organizzati per un “contropresidio”, i dettagli li trovate qui sotto. Chi può pertecipi! Diffondiamo!

COMUNICATO STAMPA

Milano, 27 marzo 2015.

Abbiamo appena appreso che domani (oggi, n.d.r.28 marzo 2015, alle ore 15 in piazza Oberdan a Milano (Città Medaglia d’oro della Resistenza), un gruppetto di militanti di Forza Nuova sarà presente per distribuire un “elenco di libri da cui guardarsi e l’elenco delle case editrici verso le quali stare attenti”, perché -citiamo le parole di Roberto Fiore, leader di Forza Nuova- “Dietro le colorate copertine, simpatici personaggi e divertenti disegni, si nasconde l’orribile strategia che vuole malignamente insinuare nelle menti dei bimbi la presunta normalità di ogni sovversione dell’ordine naturale, fino all’autodeterminazione del proprio genere”.

La proposta di Forza Nuova è quella di “utilizzare i libri in questione per accendere il caminetto o la stufa di casa.”.

Posto che in Lombardia è vietato l’utilizzo di caminetti e stufe a legna, e considerando inoltre che non risultano essere presenti in numero significativo caminetti e stufe negli appartamenti di città, i Sentinelli di Milano tengono a precisare che iniziative di questo tenore ricordano fin troppo bene i Bücherverbrennungen, ossia i roghi di libri organizzati dai nazisti in Germania nel 1933.

Milano è una città democratica, antifascista e rifiuta con decisione che accadano simili provocazioni. Siamo nel settantesimo anniversario della Liberazione, chiediamo a gran voce che Prefetto e Questore di Milano impediscano questo presidio.

In caso la manifestazione avvenisse ugualmente, invitiamo i cittadini milanesi a venire in Piazza Oberdan con in mano uno dei libri contenuti nella lista in questione, o libri simili, e a leggerli insieme a noi.

I Sentinelli di Milano

Info facebook QUI

Le rivalità inter-capitaliste

di Jack Rasmus – 10 marzo 2015

Stralci estratti da nammgiuseppe

Traduzione integrale http://znetitaly.altervista.org/art/17078

Il capitalismo, per sua natura, è basato su una competizione intensa e spesso distruttiva. Non solo tra capitale e lavoro, ma tra gli stessi capitalisti.

I governi hanno sempre svolto un ruolo chiave nella partita della competizione inter-capitalista. Ma le forme di assistenza che il governo attua a sostegno della partita competitiva cambiano anch’esse con il tempo. Con la transizione dai tempi ‘buoni’ a tempi ‘cattivi’ nei decenni recenti, e specialmente dal 2008, le regole della partita competitiva sono andate cambiando, non solo riguardo al ‘prelevamento’ del reddito dai lavoratori e dai consumatori, ma anche al conseguire reddito a spese di concorrenti capitalisti stranieri.

Quando le regole della partita competitiva tra capitalisti finiscono interamente infrante, la conseguenza è la guerra, cioè la forma finale della competizione inter-capitalista.

Ovviamente la competizione inter-capitalista mediante conflitti militari tra le economie avanzate (USA, Europa, Giappone) non è oggi all’ordine del giorno globale. Non vi è nemmeno prossima. E’ riservata ai quei paesi e a quelle economie esterne all’orbita delle economie avanzate. Ma le regole del gioco competitivo all’interno del capitalismo e tra capitalisti nelle economie avanzate, regole in vigore in anni precedenti, appaiono anch’esse in evanescenza.

Stanno emergendo regole nuove. Più accuratamente, si stanno disintegrando le vecchie regole a proposito di ciò che è “interdetto” in termini di forme accettabili di competizione inter-capitalista all’interno delle, e tra le, economie avanzate. Le economie capitaliste avanzate stanno così entrando in una fase nuova – una specie di ‘terra di nessuno’ competitiva – in cui stanno emergendo forme nuove e più aggressive di competizione tra loro.

Dalle elezioni nazionali statunitensi del 2012 il governo Obama ha guidato la carica per conto degli interessi delle maggiori banche commerciali statunitensi contro, in particolare, le banche dell’eurozona. Multe per aver violato norme statunitensi sono state imposte pesantemente a controparti bancarie europee, specialmente Svizzera, Francia e persino banche del Regno Unito, più notevolmente e recentemente contro la gigantesca holding bancaria britannica HSBC.

In tale sforzo gli USA hanno anche mobilitato la propria banca centrale, la Federal Reserve. La Fed sta per impiegare tattiche sinora senza precedenti di assoggettamento delle banche euro a ‘verifiche di tenuta’ [stress tests] statunitensi, per costringere le banche europee ad accantonare più capitale. Questo è formalmente per garantire da future crisi finanziarie. Ma si tratta solo della copertura. Costringere le banche euro ad accantonare più capitale significa prestiti meno competitivi a banche USA. Ci si aspetta che due delle maggiori banche euro – Deutsche Bank e Banco Santander, la maggiore banca euro in termini di attivi – non superino le imminenti verifiche di tenuta della Fed. In precedenza gli Stati Uniti avevano consentito all’Europa di condurre le proprie verifiche di tenuta, che essi accettavano. E sia la Deutsche Bank sia il Santander hanno superato le verifiche europee di tenuta l’anno scorso. Ma probabilmente non supereranno quelle della Fed.

Per non essere surclassati gli europei hanno lanciato una propria offensiva contro imprese tecnologiche statunitensi. Il principale bersaglio è Google. L’Europa considera Google non solo un ostacolo alla costruzione della propria industria tecnologica, ma una minaccia a varie industrie europee nel futuro, visto che Google progetta di espandersi in nuovi mercati. Google minaccia anche le industrie pubblicitarie ed editoriali europee. Anche il fatto che la società manipoli le norme fiscali europee per eludere miliardi di pagamenti di imposte irrita l’Europa, per non citare il suo ruolo centrale nella sorveglianza diretta statunitense della popolazione europea e persino dei suoi governi. A novembre 2014 il Parlamento Europeo ha espresso il voto senza precedenti di scorporare la società in Europa.

Altre società tecnologiche statunitensi, come Apple, Facebook, Amazon e Uber sono anch’esse nel mirino, considerati i loro ben noti schemi di elusione fiscale. Il Regno Unito ha persino annunciato che stava per introdurre la propria “imposta google”. Non solo le imprese tecnologiche statunitensi, ma anche giganti industriali statunitensi come GE e Exxon, e molte imprese farmaceutiche statunitensi, manipolano regolarmente le norme fiscali per evitare di pagare sia ai governi statunitensi sia a quelli europei centinaia di miliardi di dollari ogni anno.

Ancora un altro evento considerevole che rappresenta un disprezzo delle ‘regole competitive del gioco’ precedenti è l’eruzione dell’intenso conflitto economico dell’anno scorso ma i maggiori stati produttori di petrolio dell’OPEC, specialmente l’Arabia Saudita e i suoi emirati vicini, da un lato, e i nuovi interessi, in rapida crescita, del gas e del petrolio da scisto negli Stati Uniti. In passato i sauditi e altri protagonisti dell’OPEC non avrebbero rischiato un crollo del mercato globale del petrolio, che è potenziale, al fine di contrastare la minaccia competitiva strategica posta dalla rivoluzione dello scisto, che è centrata in larga misura nell’America del nord. I sauditi stanno consapevolmente abbassando il prezzo del petrolio nel breve termine nella speranza di costringere le imprese dello scisto alla bancarotta. La reazione estrema dei sauditi e dell’OPEC alla competizione dello scisto non minaccia soltanto i prezzi globali del petrolio e di altre materie prime, ma anche i mercati finanziari globali dei titoli industriali spazzatura.

Il ricorso a forme estreme di alleggerimento quantitativo da parte delle banche centrali di Giappone e dell’eurozona segna un’altra forma di competizione. Dato che sia il Giappone sia l’eurozona sono fortemente dipendenti dalla produzione per l’esportazione per rigenerare le loro economie interne e il mercato azionario e obbligazionario, hanno introdotto entrambi massicce iniezioni di liquidità della banca centrale sotto forma di programmi di QE del valore di molti trilioni di dollari. Gli obiettivi sono numerosi. Ma l’obiettivo principale è far scendere il valore delle loro monete, euro e yen, al fine di ‘svalutare di fatto’ mediante la politica monetaria. Si spera che la svalutazione determini esportazioni più a buon prezzo, crescita delle esportazioni e una ripresa economica generata dalle esportazioni.

Ma ciò che significano fondamentalmente le loro disperate iniziative di QE è che Giappone ed Europa si sono impegnati in programmi assistiti dal governo, mirati a ‘rubare’ quote del mercato globale delle esportazioni ad altre economie capitaliste, sia nel settore economico avanzato, sia dalla Cina, dai BRIC e dai mercati emergenti in generale. I loro programmi di QE costituiscono una mossa competitiva disperata, dopo che i cinque anni delle politiche precedenti si sono dimostrati dei fallimenti penosi, visto che le loro economie precipitano ulteriormente nella stagnazione o peggio. Se non fosse per la disperazione economica che oggi ingolfa queste due ali importanti della regione delle economie avanzate dell’economia globale, non avrebbe luogo la loro svolta alla ‘competizione mediante svalutazione competitiva’, uno sviluppo che non si vedeva dagli anni ’30.

Un’area finale delle nuove regole emergenti della competizione inter-capitalista è l’emergere di un maggiore ricorso all’introduzione di sanzioni economiche come misure competitive. Il caso migliore è oggi la Russia e le sanzioni guidate dagli Stati Uniti. Non dovremmo fraintendere: le sanzioni contro la Russia sono in ultima analisi una misura economica competitiva, non un’iniziativa motivata politicamente. Dietro le sanzioni c’è l’obiettivo statunitense di far uscire la Russia dall’economia europea. Strategicamente, il colpo di stato fatto precipitare dagli USA in Ucraina può essere visto, pertanto, come un mezzo per provocare l’intervento militare russo, cioè un evento necessario per aggravare ed ampliare le sanzioni economiche che, alla fine, tagliano i crescenti legami economici a lungo termine tra Europa e Russia. Tale troncamento a sua volta avrebbe garantito non solo che gli interessi economici statunitensi restassero dominanti in Europa, ma avrebbe anche aperto nuove opportunità di profitto per gli interessi statunitensi in Europa e anche in Ucraina.

In sintesi le offensive economiche degli USA e dell’Europa che hanno un impatto su intere industrie, non solo singole imprese, rappresentano una nuova fase della competizione globale inter-capitalista all’interno delle economie avanzate e tra di esse. Questo occhio per occhio tra industrie è qualcosa di nuovo in termini di competizione inter-capitalista all’interno delle economie avanzate. La lotta per la quota globale del mercato energetico tra i partner OPEC un tempo affidabili delle economie avanzate segnala un altro importante cambiamento qualitativo nel comportamento concorrenziale capitalista globale. Rappresenta non solo un nuovo tipo di scontro qualitativo nei mercati energetici, ma anche uno scontro che fa sorgere il rischio di molteplici minacce ai mercati finanziari globali in generale. La valutazione delle divise mossa dalla politica monetaria e la competizione all’esportazione mediante la manipolare dei tassi di cambio riflettono anch’esse un ricorso disperato a nuove strategie competitive all’interno delle economie avanzate che non si vedeva dalla depressione degli anni ’30, una strategia fallita nel primo periodo e che probabilmente ha esteso la durata della depressione e una strategia che probabilmente avrà oggi effetti simili sull’economia globale.

I capitalisti hanno cominciato a combattersi per una torta economica all’esportazione più piccola. Tale lotta ha messo in moto guerre globali delle monete e anche un crollo dei tassi d’interesse a livello negativo, le cui conseguenze possono dimostrarsi molto rischiose e ancora ignote. Infine il ricorso a sanzioni economiche come misura competitiva inter-capitalista, anche se assumono l’aspetto di un evento politico, di fatto rappresentano anche una svolta a una forma più rischiosa a lungo termine di competizione inter-capitalista tra intere macro-regioni dell’economia capitalista globale.

UNIONS!

Unions!

 Manifestazione nazionale Fiom-Cgil

 Diritti, Democrazia, Lavoro, Giustizia sociale, Legalità, Reddito, Europa.

 Roma, 28 marzo 2015

Piazza Esedra ore 14  | Piazza del Popolo ore 16

EVENTO FACEBOOK

Info: Percorso e Pullman

La conferenza stampa

Testa del corteo e oratori

Sul palco si alterneranno le voci dei lavoratori e la musica de “Il Muro del canto” fino ad arrivare all’intervento conclusivo di Maurizio Landini. A seguire ancora musica per chiudere la manifestazione.

Un’ipoteca sul futuro?

Segnalato da barbarasiberiana

EXPO 2015: UN’IPOTECA SUL FUTURO?

Sabato 28 marzo – ore 10.30, presso la Sala conferenze – Libreria Claudiana, in Via Francesco Sforza 12/a a Milano, l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni promuove un incontro dal titolo EXPO 2015: un’ipoteca sul futuro?

L’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni è nato dall’esigenza di approfondire e conoscere le dinamiche vive che si costruiscono nel tessuto sociale del nostro paese, di indagarne sia le distorsioni sia le potenzialità tanto a livello locale quanto a livello sovralocale.

In questa fase, in Italia, chiunque voglia riflettere sui processi che attraversano i territori deve necessariamente confrontarsi con l’ormai prossima inaugurazione di Expo 2015, di un evento globale che ha già avuto e avrà un enorme impatto sull’area metrolombarda, offrendosi a paradigma di un modello di sviluppo tutt’altro che innovativo benché rilanciato nel discorso pubblico e nell’azione di governo.

Malgrado il rilievo e la gravità del tema prescelto, quel Nutrire il mondo che evoca la necessità di «garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri» – come recita il sito ufficiale della manifestazione – Expo 2015 rappresenta infatti il simbolo di un modo di intendere la messa in valore di un territorio che procede in direzione opposta a quella promozione e riappropriazione delle risorse locali, ambientali sociali e culturali, che pure dice di voler favorire.

È il modello dei “grandi eventi” e delle “grandi opere” su cui dobbiamo tornare a confrontarci a dispetto della retorica della “straordinaria opportunità” che derubrica ogni dissenso, ogni argomento critico, a “sterile disfattismo” o “cieco conservatorismo”. Una retorica pubblica, peraltro, divenuta a tratti imbarazzante alla luce dell’ondata di arresti delle massime dirigenze della manifestazione e della pubblicazione dei dati reali sugli investimenti e sul lavoro.

A partire da questa serie di contraddizioni, l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni ha quindi deciso di promuovere un incontro pubblico a Milano capace di contribuire a una più estesa e approfondita riflessione sull’impatto immediato e futuro di Expo 2015 nel nostro paese.

Partecipano:

Stefano Boeri (architetto)

Alberto Di Monte (Lab.Offtopic_aderente rete NoExpo)

Luca Martinelli (AltrEconomia)

Emilio Molinari