Month: febbraio 2014

Ora e sempre resistenza

di Lame

Io tiro di qua. Tu tiri di là. Il primo che molla ha perso. Questo sembra essere al momento il gioco più in voga dentro il Pd.
Da una parte Civati che evoca una scissione (senza mai nominarla) a sinistra. Gli eventi – leggi caos a cinque stelle – consentono a tutti di fare della sana fantapolitica, quella praticata a piene mani dai nostri media che altro non sanno fare. E quindi si fanno i conti di un ipotetico gruppo parlamentare tra ex cinque stelle, Sel e cosiddetti civatiani. Pare che i senatori espulsi vogliano dare le dimissioni dal palazzo. Quindi di che stiamo parlando?
Dall’altra Letta che mette insieme i suoi e minaccia, alla sua democristianissima maniera – oggi si chiama essere zen, a quanto pare – starò qui finché l’accordo di governo sarà con Alfano. Se si va a sinistra me ne vado.
In gioco, come sempre, l’eredità del nonno. Ovvero quel patrimonio, vero, di gente e di attività sul territorio che il Pd ha ancora, una rete che nessuna consultazione online può eguagliare.
Vince chi resiste un secondo di più della parte avversa e può tenersi l’eredità.
P.s. Matteo Renzi, in questo gioco, fa solo la parte della corda. Posizione scomoda, a dirla tutta. E aspetta le europee per vedere che aria tira. Il ragazzo è un mago per fiutare l’aria.

Stelle cadenti

di Lame

Uno vale uno. Era il migliore programma politico che avessi mai visto in Italia.
Un programma che prometteva a ciascuno la capacità di esistere e il senso di decidere della propria esistenza e del futuro. Era l’uscita dal tunnel italiano: un’infanzia politica sempiterna che da secoli costringe a scegliere dei capi e darsi a loro in modo fideistico, era l’assunzione in proprio della responsabilità e allo stesso tempo del potere.
Era l’uscita dalla condizione dell’orfano, che chiede sempre qualcuno che gli risolva i problemi per arrivare finalmente a una maturità sociale e politica in cui i cittadini scelgono con scienza e coscienza.
Purtroppo non era vero. La grande prova che gli dei hanno messo davanti ai nuovi cittadini, un padre padrone che sembra tratto da tutte le mitologie del mondo, non è stata superata.
Non è Grillo il responsabile dell’attuale caos nel movimento cinque stelle. Sono i cittadini online che hanno scelto di restare pervicacemente nella condizione di orfani che cercano e vogliono disperatamente un padre che gli salvi la vita.
Davanti ad un problema senz’altro difficile come quello di reggere il confronto con la realtà (la necessità di trovare una sintesi tra posizioni diverse, ma non antitetiche e quindi componibili civilmente) hanno scelto di rifugiarsi nel sogno. Hanno scelto di non rischiare la “sporca” vita e cullarsi nel sogno. Il sogno che esista il paradiso del tutti d’accordo, sempre e comunque. Il paradiso di una purezza che abbiamo perso – per chi ci crede – con Adamo ed Eva.
Se non ci sarà una reazione immunitaria, che ancora nonostante tutto mi auguro che possa venire, il movimento si cannibalizzerà. In una spirale di successive epurazioni, ogni volta meno sensate e ogni volta alla ricerca della perfezione e del paradiso perduto. Il sogno diventa un incubo.

P.s. La malattia affligge in egual modo tutti gli elettori italiani. Chi adora berlusconi senza se e senza ma, e anche chi crede davvero (?!?!) che un ragazzo di 38 anni possa con le sue sole forze tirarci fuori da guai secolari.

Metti in circolo il pittore – Si parte

di barbarasiberiana

Un fatto: la riforma Gelmini ha ridotto le ore di insegnamento della storia dell’arte nelle scuole italiane.

Una proposta: ospitare lezioni di storia dell’arte nei circoli PD.

L’iniziativa “Metti in circolo il pittore” sta diventando realtà.

arte

Ogni Circolo PD d’Italia aderente all’iniziativa ospiterà nel proprio Circolo lezioni di Arte tenute da Insegnanti, Insegnanti precari, Artisti e qualsiasi altra figura professionale in grado di rendere più comprensibile e apprezzabile il nostro patrimonio artistico.

Il Direttivo nazionale dell’ANISA, ass. Nazionale insegnanti storia dell’arte, ha deciso di collaborare all’iniziativa.
Su www.anisa.it troverete una mappa con i diversi referenti provinciali Anisa. Contattate quello più vicino al vostro circolo.

Si parte il 2 marzo, nei circoli aderenti.

Al momento  i numeri sono questi:
16 regioni Italiane.
Oltre 100 circoli aderenti.
Berlino, Londra, New York.
Oltre 1500 adesioni.

#artenelpd: si può.

Per informazioni segnaliamo:

La pagina del blog di Antonio Sicilia (ideatore dell’iniziativa), con rifermenti e informazioni.

Pagina facebook: Metti in circolo il pittore.

metti in circolo ilpittore2

Entrando nel merito…..

di Roberto CA.

La discussione sulla cronaca non mi entusiasma, o forse è quanto la cronaca ci fornisce a non entusiasmarmi. Ma qualche volta ci sono spunti che mi interessa approfondire. Nella discussione sulla finta telefonata Vendola-Barca, un commento diceva che “come tutti sanno, i concorsi universitari in Italia sono una farsa e vige la cooptazione”. E qui i tutti sono supposti assentire tristemente. Ma è vero che tutti sanno di cosa si parla? Vediamo un po’, anche se ne ho già accennato un’altra volta.

Cooptazione, cosa si intende? Certamente, da sempre e in tutto il mondo, i futuri accademici sono scelti dagli accademici stessi, è una forma di cooptazione tra professionisti. Ed è evidente che non può che essere così, non si vede chi altro possa scegliere (non c’è una meta-università che forma i professori universitari e così via). Però è vero che in Italia c’è una mobilità tra sedi molto limitata. Spesso per motivi esterni all’università, per una difficoltà di mobilità generale, ed anche per stipendi di ingresso che non invogliano a muoversi. Qui certamente c’è da migliorare.

Ma è sui concorsi farsa che è importante concentrarsi. E’ vero, i concorsi sono delle farse, ma non per il motivo che s’immagina. Mi è capitato di recente di essere commissario in un concorso per ricercatore in una nobile università italiana. Ed ho trovato delle regole, messe evidentemente per evitare “abusi”, che sono surreali. La valutazione va fatta in maniera fredda, sui titoli (pubblicazioni) e curriculum (responsabilità, partecipazioni a conferenze), con criteri rigidamente predeterminati. Nel colloquio non c’è possibilità di fare domande per valutare la preparazione in generale, e non si capisce cosa serva se non forse a valutare quanto presentato nel curriculum sia veritiero. Ma soprattutto, la valutazione va fatta su criteri generali all’interno dell’ampio “settore scientifico disciplinare”, senza poter tener conto dello specifico ruolo che il prescelto dovrà avere.  Naturalmente, pena ricorsi. I risultati potrebbero essere surreali. Come se, per fare un esempio, alla Ferrari avessero bisogno di un nuovo ingegnere per ottimizzare la termodinamica dei motori. Fanno un concorso, e vince un ingegnere bravissimo. A costruire ponti in calcestruzzo. Esagero un po’, ma se racconto i colleghi stranieri queste cose, o non ci credono, o mi guardano con compatimento.

Notate che noi facciamo concorsi per tutto, dalla scelta dei dottorandi a quella di professori ordinari. Allora, come fanno all’estero? Ad esempio, per i dottorandi. Quando lavoravo in Germania, uno studente appena laureato andava a parlare con il locale professore chiedendogli “hai un posto per un dottorato?” Quello ci faceva una chiacchierata assieme agli altri colleghi, magari gli chiedeva un curriculum se non lo conosceva già, se credeva faceva una telefonata al professore con cui si era laureato. E poi gli diceva “ok, presentati domani”. Andiamo all’altro estremo. Come viene selezionato un “full professor” negli Stati Uniti? Se c’è un posto da riempire (un vecchio professore si ritira, o si intende espandere un’area), i docenti della facoltà decidono il profilo che serve (che ne so, un neurochirurgo cranico specialista in tecniche mini-invasive), e fanno una chiamata su riviste specialistiche. Una volta ricevute le risposte, le valutano e fanno una “short list” che sottomettono per approvazione al rettore. Un aiuto importante alla valutazione sono le “reference letters” chieste a colleghi che hanno lavorato in passato con i candidati. Poi chiamano tutti i candidati della short list, e un comitato interno li ascolta, fa fare loro seminari, colloqui e alla fine decide. E lo stesso, con piccole variazioni, ovunque. Per esempio in Germania la facoltà chiama a fare parte del comitato interno di valutazione alcuni colleghi stranieri, ma le procedure sono comparabili. Quindi, nessun concorso, nessuna regola formale da soddisfare, nessuna possibilità di fare ricorso a una qualche magistratura se non si è scelti. Semplicemente, valutano e decidono, come farebbe uno studio di professionisti nello scegliere un nuovo collaboratore.

E allora, perché all’estero funziona, non chiamano l’amante del figlio o il figlio dell’amante nonostante la completa libertà di scelta, mentre in Italia nonostante concorsi con regole draconiane, succedono (a volte) le peggiori porcherie? C’è qualche difetto genetico degli italiani, o l’aria mediterranea porta alla disonestà? Certo che no. Molto più semplicemente, c’è un interesse forte ad assumere le persone migliori (più adatte a ricoprire quel particolare ruolo), perché poi gli sviluppi (i finanziamenti per la ricerca, i successivi posti) dipendono dalla qualità del lavoro fatto. E quindi c’è l’interesse di tutti a fare si che si lavori al meglio. E c’è un controllo tra pari: se un collega volesse fare una porcheria, tu ti opporresti perché danneggia anche te, i finanziamenti e i posti al tuo dipartimento, alla tua facoltà. E quindi il collega nemmeno ci prova.

Ora, bisogna anche dire che i concorsi universitari in Italia non sono per nulla tutti cooptazione farsesca, e nemmeno la maggioranza. Altrimenti, non si capirebbe come l’università possa produrre tutti questi cervelli, ahimè, in fuga. Tutti questi giovani che riescono a competere ottimamente per preparazione e competenze nello scenario internazionale. Il fatto è che in molti settori, almeno in quelli che conosco, propriamente scientifici o tecnici e ingegneristici, la ricerca si fa in contesti internazionali, in  cooperazione e concorrenza con  partner stranieri e c’è necessità di eccellenza per combattere alla pari, o meglio. E quindi ci sono “economic drivers” simili a quelli citati per le realtà straniere. E si cerca di assumere persone valide, quando ci sono posti, e nonostante le difficoltà economiche, e nonostante i concorsi. Ma sta diventando sempre più difficile.

Ecco, se guardate la proposta di Civati per le primarie, nella parte per l’università questo c’era scritto, e vi assicuro che non è così comune trovarlo.

(Disclaimer, io lavoro nell’università. Ma non sono affatto “figlio di”. Anzi, prendendo a prestito le parole del poeta di Pavana, “son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato”)

Caro Pippo ti scrivo….

Pippo oggi ha “ricevuto” molte lettere dai suoi sostenitori, da chi ha fatto la campagna per le Primarie accanto a lui.

Ferragina ci è andato giù proprio pesante.

Odio gli indifferenti, perché non serve a nulla alzare l’indice in segno di protesta, se poi nei passaggi decisivi si china il capo. Odio gli indifferenti, perché criticare, significa avere il coraggio di coniugare teoria e prassi battendo una strada diversa. Una strada isolata e senza posti al sole, ma la strada che la coerenza ci detta.

Giulio Laforenza nel suo blog è stato (un po’) più soft

La domanda allora è: quanto può penalizzarti la tua mancanza di coerenza?In generale la risposta è: dipende. Se tu hai costruito tutto il tuo successo politico e la tua credibilità sulla coerenza potrebbe pesare molto. Ed è certamente questo il caso di Civati. Certo, l’effetto di questa scelta viene in parte mitigato dall’esito del sondaggio tra i suoi sostenitori (a cui hanno/abbiamo aderito in più di 20.000) che ha indicato come maggioritaria l’ipotesi del “SI alla fiducia”. Bella mossa. Rimane il fatto che non ritengo accettabile che un leader politico deleghi scelte così delicate ai suoi sostenitori e che poi dica “Io avrei fatto diversamente, ma sai la Rete mi ha indicato di votare in questo modo”.

Ma noi che siamo un po’ cazzeggianti la sintetizziamo come Snoopy.

Nella Disponibilita’ del Popolo Pisano

di Antonio “Boka”

Come e’ logico ed inevitabile che sia se la politica italiana e’ un deserto (altro che palude) possiamo solo cercare delle oasi. Soste di speranza che ci ricordano l’ esistenza di una terra dove andare. Da tempo seguo le attivita’ sparse e frammentarie dei movimenti che in qualche modo o piu’ direttamente si legano alla logica dei “commons” o “beni comuni”. Non e’ questo il luogo ma sottolineo brevemente come il primo passo del “Capitale” sia stata la creazione di “Enclosures” (per chi avesse voglia ricercare sotto la voce “accumulazione originaria”, quella delle lettere di sangue e fuoco”. A Pisa il “Municipio dei Beni Comuni” e’ una di queste oasi. Riporto l’articolo sul loro ultimo tentativo di sottrarre spazio al deserto ed il link al loro documento “Riconversoni Urbane” da leggere e rileggere attentamente con un occhio al “Job Act” ed alla logica della riconversione delle aree demaniali. C’e’ chi pensa ed agisce oltre. Dedichiamogli un po’ di attenzione.

Municipio dei Beni Comuni: “Riapriamo l’ex distretto di leva Curtatone e Montanara “.
Si chiama ‘Distretto 42’ il nuovo spazio sociale aperto a tutta la cittadinanza.

Questa mattina Pisa si è risvegliata con uno spazio liberato in più. Le attiviste e gli attivisti del Municipio dei Beni Comuni hanno infatti riaperto gli spazi dell’ex distretto di leva Curtatone e Montanara , uno dei luoghi che meglio di altri rappresentano le troppe contraddizioni di una politica urbanistica che esclude i cittadini, ammettendo invece opache logiche di speculazione e profitto.

“Alzi la mano – spiegano dal Municipio dei Beni Comuni – chi sapeva dell’esistenza di un parco di quasi ottomila metri nel bel mezzo della città, nel cuore del quartiere S. Martino. Uno spazio a verde recluso addirittura alla vista dei cittadini pisani, fino a ieri luogo di degrado e ventennale abbandono, da questa mattina spazio di socialità e cultura alla cui costruzione tutti sono chiamati a partecipare”.

La storia del distretto è la stessa di molti altri luoghi in città. Compreso in un faraonico progetto ormai defunto per le violente sferzate della crisi generale, lo spazio di via Giordano Bruno si candida a diventare un simbolo cittadino e nazionale insieme, inserendosi a pieno titolo in un percorso che sta interessando da vicino numerose realtà italiane. “Il recente tira e molla tra Demanio e Amministrazioni locali – spiegano dal Municipio – e le dinamiche che hanno caratterizzate le progettualità che pesano su aree simili, sono il segno ulteriore di una politica che ha dimenticato, se non addirittura rimosso, la partecipazione come strumento id democrazia. Noi abbiamo le idee chiare su quale debba essere il destino del distretto militare: uso sociale e progettualità condivisa all’insegna di una riqualificazione degli spazi degradati che sia prima di tutto un presidio di democrazia”.

“La vicenda della Caserma Curtatone e Montanara è stata ampiamente ricostruita nel dossier “Riconversioni Urbane”, un lavoro collettivo che ha visto la partecipazione di urbanisti, giuristi, giornalisti e di quella ampia fetta di associazionismo sensibile al dibattito esistente sulla riqualificazione quale argine politico efficace contro le tentazioni speculative. Un lavoro rivolto e dedicato alla città di Pisa, attraverso il quale vorremmo lanciare un messaggio che riguarda prima di tutto il metodo della nostra azione: studiare, indagare, ricostruire e raccontare”.

“Sin da ora – ricordano dal Municipio dei Beni Comuni – invitiamo la cittadinanza a partecipare alla presentazione del dossier che si terrà domenica 16 febbraio presso lo spazio ribattezzato “Distretto 42”, alla quale saranno presente gli autori dei contributi che lo compongono. Un primo passo verso uno studio collettivo che porti consapevolezza sulle potenzialità inespresse di simili luoghi”.

Sin dalle prime ore della riapertura di questo spazio, dal Municipio dei Beni Comuni sono partiti inviti e dichiarazioni di intenti per i prossimi giorni: “Viviamo una fase concitata per molti degli spazi di socialità italiani, segno che sono la risposta giusta a una crisi ordita da pochi a danno di molti. Per tale ragione invitiamo da subito l’amministrazione comunale a prendere una posizione netta sulla nostra esperienza, visto che – con buona probabilità – sarà presto uno degli attori in campo per la scelta di quale funzione affidare al Distretto 42”. Per questo riteniamo fondamentale il ruolo della cittadinanza nella riqualificazione di questo luogo e convochiamo per oggi pomeriggio alle ore 17 un’assemblea cittadina dove avviare un percorso partecipato per una riconversione ad uso sociale.

“È nostra intenzione – chiudono dal Municipio – incontrare da subito il quartiere. L’emersione di un simile spazio spalanca possibilità di confronto all’interno di S. Martino, crocevia strategico di innumerevoli istanze cittadine. La nostra storia è una storia di apertura e di condivisione. Questo ulteriore passaggio rappresenterà per noi l’apice di una simile attitudine”.

Municipio dei Beni Comuni

Link al documento “Riconversioni Urbane