Art. 18

segnalato da Barbara G.

Tutte le strettoie per ammettere il quesito sull’art. 18

di Andrea Pertici – huffingtonpost.it, 09/01/2017

È noto che fare previsioni su un giudizio di ammissibilità di un referendum abrogativo non è semplice. Nell’esercizio di questa competenza, la Corte costituzionale giudica, infatti, sulla base di parametri elaborati quasi esclusivamente attraverso la propria giurisprudenza, a partire dalla sentenza n. 16 del 1978, con un orientamento che nel complesso è divenuto progressivamente restrittivo, pur con significative oscillazioni, soprattutto in relazione alle modalità di formulazione del quesito.

Quest’ultimo, infatti, deve essere “chiaro e semplice” e per questo omogeneo: non si può chiedere agli elettori di abrogare, per esempio, il reato di istigazione a disobbedire le leggi e quello di atti contrari alla pubblica decenza, perché questi potrebbero voler rispondere a favore dell’abrogazione dell’uno ma non dell’altro.

Ciò non significa, che non possa essere chiesta l’abrogazione di più norme o anche di più istituti, purché abbiano una “matrice razionalmente unitaria”, individuata dalla Corte, la quale, fissandola a maglie più o meno larghe, può favorire l’ammissibilità di un quesito o al contrario determinare la sua inammissibilità. L’incertezza è accresciuta dal fatto che – sempre secondo la giurisprudenza costituzionale – un quesito deve non solo essere omogeneo (e quindi evitare di contenere qualcosa di troppo) ma anche completo e coerente, con la conseguente necessaria inclusione di tutte le norme connesse a quella matrice razionalmente unitaria, la dimenticanza di alcune delle quali ha determinato in più occasioni una pronuncia di inammissibilità.

Ma le strettoie dell’ammissibilità referendaria non finiscono qui. Sempre dal punto di vista della sola formulazione del quesito, la Corte – soprattutto dal 1997 – ha precisato che i quesiti non debbano essere “manipolativi”, e cioè tali da trasformare il referendum da abrogativo a “surrettiziamente propositivo”.

Pure in questo caso si tratta di un criterio non semplice da definire in concreto, anche considerato che la Consulta non considera manipolativo (o comunque inammissibilmente manipolativo) qualunque ritaglio di parole, ma soltanto quello che realizza una “saldatura di frammenti lessicali eterogenei”, sostituendo una previsione di legge con un’altra che “figura in tutt’altro contesto normativo”.

È quanto avveniva nel caso della sentenza n. 36 del 1997, relativa al limite di trasmissione dei messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica, fissato nel 4% dell’orario settimanale (e nel 12% di ogni ora), che – attraverso un ritaglio di alcune frasi – si mirava a far scendere al 2% che era, invece, il limite dell’eventuale eccedenza oraria da recuperare nell’ora antecedente o successiva.

Diversamente, però, altri ritagli di norme sono stati dichiarati ammissibili, pur determinando la sostituzione di una determinata disciplina con un’altra ,che, tuttavia, non risultava “assolutamente diversa ed estranea al contesto normativo”, ma al contrario determinava l’estensione di un criterio già esistente come residuale, facendolo diventare quello normalmente applicabile. È quanto la Corte costituzionale disse con la sentenza n. 13 del 1999, a proposito di un referendum sul Mattarellum dal quale sarebbe risultata la sostituzione delle particolari modalità di attribuzione dei seggi previste per la Camera con altre (previste dalla legge solo come residuali).

Ecco, questi aspetti diventano oggi importanti alla vigilia del pronunciamento della Corte costituzionale su tre quesiti proposti dalla CGIL, relativi, rispettivamente, alla disciplina sui licenziamenti illegittimi, alla responsabilità solidale in materia di appalti e ai voucher.

Alcune criticità potrebbe presentare proprio il primo quesito. Questo, infatti, elimina il decreto legislativo sui licenziamenti approvato sulla base di una delega contenuta nel jobs act, proprio come faceva il quesito già proposto da Possibile nel 2015, ma aggiunge poi l’abrogazione di alcune parti dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come successivamente modificato (soprattutto dalla legge Fornero).

Ora, questo potrebbe determinare alcune difficoltà nella individuazione di una matrice razionalmente unitaria sufficientemente definita e quindi quell’omogeneità del quesito necessaria per renderlo ammissibile. Potrebbe infatti volersi votare a favore di una modifica delle conseguenze del licenziamento ingiustificato ma non della estensione di queste anche alle imprese con un più limitato numero di dipendenti (da quindici a cinque)?

La risposta sul punto finirà per dipendere proprio dalla individuazione che la Consulta farà della “matrice razionalmente unitaria”, perché se questa fosse fissata a maglie molto larghe (per esempio, nel “rafforzamento delle tutele rispetto ai licenziamenti illegittimi”) il quesito potrebbe risultare ammissibile, ma in caso diverso no.

Tuttavia, l’inammissibilità del quesito è stata sostenuta da più parti, nelle ultime settimane, sulla base della “manipolatività”, in quanto questo quesito – attraverso il ritaglio di alcune parole e frasi – non determinerebbe una semplice abrogazione ma sarebbe propositivo di una nuova disciplina. La questione si pone, in particolare, per l’ottavo comma dell’articolo 18, relativo alla dimensione dell’impresa alla quale si applicano le tutele previste rispetto al licenziamento illegittimo. Infatti, attraverso la cancellazione di alcune parole, si intende sostituire, ai limiti attualmente previsti, calcolati sulla singola impresa o sulle diverse imprese del medesimo imprenditore nell’ambito del Comune (con una disciplina specifica per le imprese agricole), un unico limite, oggi previsto per le sole aziende agricole, dato dalla presenza di almeno cinque dipendenti.

Ora, come abbiamo detto, non qualunque ritaglio che porti a un cambiamento della disciplina vigente è inammissibilmente manipolativo, ma soltanto quello che, saldando frammenti lessicali eterogenei, relativi a “tutt’altro contesto normativo” produca un effetto surrettiziamente propositivo. Se, invece, il ritaglio porta all’espansione di un criterio già presente, senza operare una sostituzione con un’altra disciplina “assolutamente diversa ed estranea al contesto normativo (…), ma utilizza un criterio specificamente esistente”, il referendum è ammissibile.

La domanda, quindi, è se la soglia dei cinque dipendenti, prevista oggi per l’applicabilità dell’articolo 18 alle sole aziende agricole, divenendo valida per tutte le aziende (per le quali attualmente è di quindici dipendenti), determini una semplice espansione di una disciplina prevista e non estranea al contesto normativo o no. E da questo potrebbe dipendere l’ammissibilità del quesito o la sua inammissibilità.

E problemi simili potrebbero forse esservi anche per un’altra disposizione oggetto di abrogazione e in particolare per quella relativa alla determinazione dell’indennità risarcitoria per il licenziamento dichiarato inefficace per difetto di motivazione, per la quale, attraverso una serie di ritagli, si applica uno dei criteri (quello della reintegrazione con pagamento di indennità) previsti per il licenziamento ingiustificato.

Di fronte a un esito incerto, soprattutto quando i quesiti sono particolarmente complessi e articolati, rimane da sottolineare la necessità di fornire il giudizio di ammissibilità di parametri meglio definiti e soprattutto l’importanza che la Corte costituzionale arrivi a pronunce quanto più possibile solide, chiare e trasparenti, nel presupposto che, a norma della Costituzione, per il referendum abrogativo l’ammissibilità è la regola e l’inammissibilità l’eccezione.

I criteri che determinano quest’ultima, quindi, ferma restando la necessità di garantire un’autentica libertà di voto, non dovrebbero essere oggetto di un’interpretazione estensiva (rispetto alla quale talvolta la Corte ha ecceduto, come sottolineato anche dall’autore della sentenza n. 16 del 1978, Livio Paladin, in un seminario svoltosi proprio alla Consulta nel 1996).

234 comments

  1. Restando nel campo delle distorsioni della lingua, che sono una pratica corrente anche, e più gravemente, nella legislazione, un articolo che sto traducendo mi ha ricordato l’espressione statunitense “right to work” (diritto a lavorare).
    Attualmente significa diritto ad accettare un lavoro dipendente senza iscriversi al sindacato , Piuttosto interessante, anche se specifico della situazione del mondo del lavoro negli USA: Ci vedo qualche parallelo con il nostro “Jobs Act”: legge sul lavoro, nel senso di lavoro non tutelato.

  2. >l fallimento completo dell’esperienza politica da cui provieni e’ determinato principalmente dal completo infantilismo delle analisi che fate, tagliate con l’accetta e basate su slogan invece che su dati.
    Se Antonio basasse le sue analisi sui dati invece che sul rum, arriverebbe alle stesse conclusioni del M5S da un lato (metodologia di rappresentanza politica, strumenti di democrazia diretta) e di Bagnai e altri piu’ avveduti di lui in campo economico.

    Solo sul metodo, il continuo reiterato (direi maltentato) attacco personale per sminuire le analisi puzza di stantio e lascia indifferente chi ha superato il mezzo secolo da un bel pò.
    Il fatto è che dai tempi di Civati ho sempre inondato il blog di dati (no a casi il riferimento a Negri che nella sua vita non ha mai e dico mai citato od usato un solo dato è oltremodo volgare e puerile) e di analis basate sulla conoscenza reale dei metodi e dei dati usati nell’analisi economica. Ciò che mi irrita oltremodo (e non di certo i tentativi, come detto, di ridicolizzare la “persona” che rappresentano la stortura maggiore esistente nella rete come più e più volte ripetuto non citerò mai titoli, esperienze, strette di mano ed onorificenze per avvalorare ciò che scrivo),
    Un banale esempio sono le “sentenze” riportate sopra, senza sostanza, senza fatti, senza dati ed illogiche (come ad esempio l’uso di Bagnai che non c’entra una beata mazza con la totalità di ciò che penso ed ho scritto sinora). Di fatto sono io che mi prendo in giro per evitare di diventare pedante (tranne qualche caso) e fornisco le armi per non prendermi troppo sul serio.
    Non continuo perchè sono cosciente del fatto che sia una impresa del tutto inutile in quanto il tuo è uno dei tanti “rant” che circolano in rete e che sono permessi dalla “struttura aperta” in cui le discussioni si svolgono. Una dimostrazione tipica (che mi ha fatto sorridere non poco) poichè il diavolo si nasconde nei dettagli è stata l’espressione “scala eptatonica minore” a proposito della ragazza che eseguiva Bach. Nessno capace di “fare” musica userebbe quell’espressione ma un supplente alle prime armi desideroso di guadagnare un pò di rispetto in una classe di scalmanati lo farebbe (esponendosi solo alla ferocia malvagità del tizio che siede nell’ultimo banco nell’angolo. E, putroppo per te, non ho mai cambiato posto da allora.

    1. Hahahahaha grazie per avermi fatto capire chr la tua percezione della realta’ vale meno di zero… visto che suono da diciamo 40 anni, certo per divertimento ma credo di conoscere qualcosa in tema e non ho certo bisogno du dimostrare nulla, mi basta che quello che compongo abbia riscontro in quelli che ascoltano.
      Comunque la conclusione la dai da solo: non hai dati, non sai cosa e da quanto suono, dive ho fatto concerti, con chi studio. Ma la tua sentenza arriva su una rifrazione terminologica abbastanza casuale. E cosi’ tutte le altre tue analisi basate sul nulla eterno.
      Buona vita …
      Hahaha 🤣 grazie you made my day

        1. Vedi che sono buono con te? Lasciamo stare Bach, Grieg e compagnia e torniamo ai nostri vecchi amori di gioventu’…

          Qualche mese fa, invitato a parlare ad una riunione a Stanford, al ritorno per SF sono passato vicino al ranch di Neil Young e sono stato tentato di prendere la stradina che arriva e suonare il campanello. Ma poi ho pensato – perche’? E’ gia’ come se lo conoscessi, attraverso la sua musica, i suoi concerti. E lo stesso vale per te – mi basta vedere quello che (non) scrivi per capire che non suonero’ mai neanche il tuo campanello (l’unico strumento che suonerei per te).

          E adesso dacci dentro col rum ragazzo – qual’era quell’etichetta che consigliavi?

            1. Lei non faccia il tunnel… Lei mi sta scavando sotto e mi toglie la panna: la castagna, da sola sopra, non ha senso! Il Mont-Blanc non è come un cannolo alla siciliana, che c’è tutto dentro, è come uno zaino: lei se lo porta appresso per un mese e sta sicuro! Il Mont-Blanc si regge su un equilibrio delicato, non è come la Sacher Torte… La Sacher Torte… Cioè, lei praticamente non ha mai assaggiato la Sacher Torte?!
              Va be’, continuiamo così, facciamoci del male!

              1. Ma la matematica ti piace?

                – E… mi piace la chiarezza… la logica… si… un numero o è positivo o negativo… a me non piacciono le vie di mezzo… a me…

  3. @Lame la censora

    il gatto attaccato ai maroni ha scritto “coglione”

    come la mettiamo?
    Lo censuriamo oppure rientra in quelli che no…?

    Per quel che mi riguarda la TdC può scrivere quello che crede, ma mi pareva che ti fossi espressa in modo ben preciso al riguardo…
    😉

  4. Flessibilità

    Affermo con un vigore appassionato il mio assoluto favore per la flessibilità.

    Se l’innovazione tecnologica consente a una collettività di produrre con una quantità inferiore di lavoro umano la stessa, o maggiore, quantità/qualità di beni e servizi che produceva con una quantità di lavoro umano superiore, i membri di quella collettività, se sono uguali nei diritti e doveri, devono rassegnarsi a lavorare di meno e ad abbuffarsi di più, imponendosi tuttavia la disciplina di evitare le indigestioni.

    (Mi sa che questa accezione del termine “flessibilità” è vietata da qualche volere divino)

  5. “il branco con la bavetta alla bocca”
    no, no continuate a perder tempo con il (beeeeep…, Lame) modello formigoni, fiumi di parole con il radical chic de noartri.
    la cosa che mi fa più incazzare è che dopo averci convissuto per decenni, con questi personaggi, continuate a dargli spago
    se proprio dovete dategli corda, e un incudine

    1. vedi, a parte l’argomento specifico (se va al bar a dire queste cose lo menano), m2c incarna il tipico borghese che una volta (forse) era di csx e ora si è appiattito su posizioni da democristo perché almeno si vince. E perché ha il culo al caldo.

      E’ utile. Perché ti alleni sul virtuale per le discussioni con le persone reali. Una specie di “simulatore di discussione da apericena” (perché se penso al bar del mio paese mi vien da pensare ad un covo di leghisti)

      1. marco dirà che sono paranoico, ma di “sinistri” come 2 lire ne conosco a bizzeffe, ci sono praticamente cresciuto in mezzo.
        È il modello capalbio che disprezza i leghisti, ma appena gli mettono 2 immigrati nel giardino fanno le barricate e si tappano il naso.

          1. lo so…

            ma faccio una considerazione

            non è che in rete, volontariamente o no, facciamo una “selezione contatti” circondandoci di persone che la pensano in modo simile a noi? e gli algoritmi social questa cosa la accentuano

            1. Gli algortimi social si limitano ad amplificare quello che già c’è.
              Non è in rete che facciamo selezione contatti.
              Ricordi quando Berlusconi vinceva le elezioni? E tutti a dirsi: “ma chi c… l’ha votato che nessuno di quelli con cui ho parlato (!!!!) l’avrebbe mai votato?”
              Dopodichè i social invece secondo me consentono – causa ampiezza – anche i contatti extraterritoriali. Purtroppo la natura della comunicazione in rete spinge allo scontro/lite/insulto. Perchè se non ti vedi in faccia molti fermi di sicurezza non ci sono.
              Ad esempio: se non ti vedo in faccia non posso pensare che stai dicendo stronzate ma siccome hai una faccia carina mi trattengo; oppure: se non ti vedo in faccia non mi viene il dubbio che tu sia un manesco e quindi è meglio non esagerare.
              Soprattutto: se non ti vedo in faccia non mi vergogno di niente perchè non vedrò, appunto, la tua faccia quando dico cose indicibili, non sarò costretto a “sentire” il tuo sentimento-di-ritorno. Mi basta spegnere il computer per spegnere il feedback indesiderato. Pericoloso.

              1. mah, secondo me dipenda da dove si vive. In una grande città il filtro “di persona” è sicuramente maggiore. Se vivi in una piccola località il discorso è moooolto diverso…

                  1. tu dici che questo meccanismo esiste anche nella “vita reale”.
                    mi riferivo a quello

                    quanto all’identità in rete “nota”, mi hai fatto venire in mente una cosa che ho letto un paio di giorni fa.
                    un tizio (chiaiamolo “A”) si lamentava di uno (chiamiamolo “B”) che andava sulla sua bacheca a scassare la minchia.
                    B insulta, spara ad minchiam, insiste allo sfinimento…e quando si accorge che non riesce a spuntarla..blocca A. Il bello è che si conoscono di persona…

          1. Lo facciamo tutti… talvolta ci scappa.
            Dire “lo fai anche tu” non è molto elegante.
            Si chiede scusa, si accettano le scuse.

            1. Si chiede scusa ? Ma de che ?
              Qui ognuno si “racconta”, il “personaggio” che viene fuori non lo crea “l’etichetta” che gli viene apposta, ma la somma dei suoi messaggi.
              Si sbaglia molto di più a giudicare nel rapporto diretto, fuorviati dall’aspetto e dai modi. Qui si giudicano solo i pensieri (o la loro assenza)

              1. “tu sei il tipo che…” equivale a “tu dici così perché sei ricchione”.
                Faccio fatica a giudicarli come ‘pensieri’.

                    1. > Qui si giudicano solo i pensieri (o la loro assenza)

                      Certo che puoi darmi del razzista.
                      Non puoi dire “tu sei il tipo che nella vita darebbe fuoco a un negro”.

                  1. è un gioco dato che di fatto non siamo ne pisani e ne livornesi…
                    può avvicinarsi luogo/etnico ma è come commentare il palio senza essere di Siena

                    1. sul fatto specifico comprendo i tuoi appunti anche se un po’ sa pelo nell’uovo… infatti i miei appunti si m2c sono solo su cosa scrive e comporta sul blog… il resto sono cazzi sua

                    2. non volevo personalizzare l’argomento… riflettevo solo (sulle scuse che ho chiesto o non ho chiesto in passato).
                      Non è questione di ‘etichette’, ma di giudizi (giusti, sbagliati, divertenti o stupidi siano) e/o pregiudizi.

                    3. pregiudizi… ci sono, ne abbiamo tutti… direi che è la parte non razionale e chi più chi meno ne ha…
                      giudizi sono già più elaborati ma non ne siamo immuni, anzi in contrapposizioni di un certo tipo sono il finale più scontato…
                      le scuse sono/sarebbero un modo molto importante per alimentare una discussione più interessante, dato che colpiscono il nostro “ego” e portano a riflessioni più “contaminate”…
                      come sempre per le scuse si deve essere in due o più…

                    4. un giudizio resta comunque sul piano del dialogo, il pregiudizio no. E’ già la proiezione di una condanna.
                      Comunista o ‘sinistrato’ è un giudizio, “comunista con il Rolex” è un pregiudizio.
                      E’ difficile dimostrare di non possedere un Rolex… è scorretto.

              1. vabbé, ho solo detto che lo facciamo un po’ tutti.
                Non volevo scatenare una polemica.
                Quando me ne accorgo, chiedo scusa… poi ognuno fa quel che gli pare.

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