Referendum, che confusione su ambiente e cultura

segnalato da Barbara G.

di Tomaso Montanari – libertaegiustizia.it, 30/10/2016

Con il referendum d’autunno saremo chiamati a decidere anche del futuro dell’ambiente e del patrimonio culturale della nazione. Non molti lo sanno, perché il dibattito sulla riforma costituzionale non ha finora lasciato spazio all’analisi dell’impatto che essa avrà su quest’ambito cruciale. Eppure i cambiamenti del riparto delle competenze tra Stato e Regioni introdotti dal nuovo articolo 117 comportano conseguenze rilevanti.

Come è ben noto, l’assetto attuale di quell’articolo è frutto della riforma del titolo V della Carta promossa nel 2001 da un Centrosinistra sotto la pressione dell’assedio secessionista della Lega. Schizofrenicamente, esso mantiene allo Stato la «legislazione esclusiva» in fatto di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», ma assegna alla legislazione concorrente delle Regioni la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali». Una mediazione che ha funzionato solo sulla carta: perché i confini tra la tutela e la valorizzazione sono impossibili da fissare in teoria, e a maggior ragione in pratica. Infatti l’unico risultato di quella riforma è stato un enorme contenzioso tra Stato e Regioni, che ha intasato per anni la Corte Costituzionale e ha finito per intralciare pesantemente il governo del patrimonio culturale.

Una riforma di quella riforma era dunque auspicabile: purché riuscisse a risolverne i guasti optando con decisione per una soluzione (statalista o regionalista), o almeno dividendo le competenze con chiarezza.

Non è questo, purtroppo, l’esito della riforma su cui siamo chiamati a votare. Perché, se da una parte l’articolo 117 ricompone l’unità naturale assegnando (condivisibilmente) allo Stato la legislazione esclusiva su «tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici», dall’altra lo stesso articolo assegna, contraddittoriamente, alle Regioni la potestà legislativa «in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici». Esattamente come nel caso, ben più noto, dell’iter legislativo tra Camera e nuovo Senato, anche in questo settore la riforma crea più incertezza e confusione di quante non riesca a eliminarne. Sia che le intendiamo (come dovremmo) in senso culturale, sia che le intendiamo (come accade normalmente) in senso commerciale nessuno è infatti in grado di spiegare quali siano le differenze tra la «valorizzazione» (su cui potrà legiferare solo lo Stato) e la «promozione» (su cui lo potranno fare anche le Regioni): ed è facile prevedere che, ove la riforma fosse approvata, si aprirebbe una nuova stagione di feroce contenzioso.

Ma cosa ha in mente il riformatore che prova a introdurre in Costituzione la nozione di promozione? Un’analisi del lessico attuale della politica mostra che siamo assai lontani da quel «promuove lo sviluppo della cultura» che, d’altra parte, i principi fondamentali (all’articolo 9) assegnano esclusivamente alla Repubblica (intesa come Stato centrale, come chiarisce la lettura del dibattito in Costituente). Tutto il discorso pubblico del governo Renzi dimostra che «promozione» va, invece, intesa in senso pubblicitario, come sinonimo di marketing. E anzi, i documenti ufficiali del Mibact arrivano a dire apertamente (cito un comunicato del 2 maggio) che il patrimonio stesso è «uno strumento di promozione dell’immagine dell’Italia nel mondo».

Se, dunque, la promozione è questa, è difficile capire perché, in uno dei pochi interventi del governo su questo punto della riforma (il discorso del ministro Dario Franceschini all’assemblea di Confindustria), si sia affermato che la riforma diminuirebbe la spesa, per esempio impedendo alle Regioni di aprire uffici promozionali all’estero: quando, al contrario, l’invenzione di una competenza regionale proprio in fatto di promozione apre le porte a una stagione di spesa incontrollata.

La grave approssimazione con cui il riformatore si è occupato di patrimonio culturale risalta particolarmente quando si consideri la determinazione e la coerenza con cui egli ha, invece, affrontato il nodo delle competenze – strettamente collegate – in materia di governo del territorio e dell’ambiente: competenze da cui vengono rigidamente escluse le Regioni, cui pure è affidata la redazione e l’attuazione dei piani paesaggistici.

L’articolo 117, infatti, riserva senza equivoci allo Stato la legislazione in fatto di «produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia e di infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale». Tutte materie, queste, che l’articolo 116 esclude esplicitamente da quelle su cui le Regioni potrebbero in futuro godere di «particolare autonomia»: laddove lo stesso articolo continua, invece, ad ammettere che essa possa investire i beni culturali e il paesaggio.

La ratio di queste norme era stata anticipata dallo Sblocca Italia del governo Renzi, che la Corte ha giudicato incostituzionale proprio dove ha estromesso la voce delle Regioni da materie sensibili per la salute dei cittadini come gli inceneritori, o le trivellazioni: uno degli obiettivi della nuova Costituzione è evidentemente proprio quello di impedire, in futuro, referendum come quello sulle trivelle. E non è dunque un caso che la campagna del Sì si apra riesumando la più insostenibile delle Grandi Opere: il Ponte sullo Stretto di berlusconiana memoria.

Insomma: se si tratta di decidere come consumare il suolo, le Regioni vengono escluse. Ma vengono invece riammesse al banchetto della mercificazione del patrimonio culturale. C’è evidentemente del metodo in questa, pur confusa, revisione costituzionale: ma è un metodo che rafforza le ragioni di chi si appresta a votare No.

50 comments

  1. Ora basta
    Le ultime volte che sono intervenuto è stato per scrivere cazzate. Stupidaggini senza senso.
    Ma ora la situazione è davvero insostenibile.
    Credo sia doveroso fare qualcosa, qualsiasi cosa, per porre fine a questo scempio

    Inizio dal terremoto
    Vi sembra normale che il governo abbia intimato al centro nazionale di vulcanologia di correggere ,a prima dichiarazione sull’intensità del sisma da 7.1 a 6.5?
    Il motivo? Ridurre gli aiuti per la ricostruzione! È lampante!
    Ma ancora più lampante è la diatriba con Bruxelles sull’entità degli stanziamenti e su come spenderli.
    Tra quanto chiesto dal governo, circa 4 miliardi credo, e quanto stanziato, non si trovano qualcosa come 2, 5 miliardi!
    L’Europa vuole sapere dove sono! La risposta dei cinque stelle : “se li sono già arrubbati! ”

    Poi c’è il referendum. Questa campagna per il sì è un oltraggio
    Ok quel coglione di Benigni, ma che anche quello stronzo di Umberto Eco si metta a fare propaganda per a Renzi è troppo!
    Boicottiamolo! Non Comprate i Suoi Libri!

    In ultimo la morte di Tina Anselmi.
    Cazzo. La morte della prima ministro donna, partigiana , quella che pur non volendo la firmo in barba alle pressioni del suo partito e della chiesa la legge sull’aborto, quella che indagò sulla P2, candidata alla Presidenza della Repubblica (beh, da Cuore….), liquidata in un tweet come “morta Tina Anselmi, cattolica”

    Mi viene in mente quello scozzese che, deceduta la moglie, chiama il giornale per un necrologio.
    “Morta Marta ” detta al redattore che, impettit , risponde “eih, sino a cinque parole paga comunque 5 sterline!”. “Ah….” risponde quello, “allora scriva: morta Marta. Vendo mini blu “

      1. Sorry….ma solo una cosa li dentro è farina del mio sacco, quindi una cazzate autoprodotta!
        Tutto il resto lo riporto !
        E ti risparmio quella dei cani che prevedono i terremoti o quella che le trivellazioni marine possano innescare i terremoti. ….

        Comunque ora vi lascio
        c’è Scarlett Johansson nuda sul divano che mi aspetta……

        (Vale la regola di sopra. Solo una delle cose scritte è cazzate Self made. …)

        1. scarlett è bravissima a monopoli. se fossi in te non mi lascerei sfuggire l’occasione di una partitina. poi, tutti i gusti son gusti.

  2. Certo che questa storia che vogliono rimandare il referendum perchè il SI’ è in vantaggio e il governo rischia la sconfitta non riesco neanche a concepirla.Non so se ridere o incazzarmi a manetta.Per il momento mi fermo e chiedo lumi. 1) E’ vera ? 2) Possono farlo? 3) Nel caso con quale motivazione tecnico-giuridica?

  3. Per un attimo quando ho letto “rinvio” ed “Alfano” ho pensato che finalmente fosse arrivato il rinvio a giudizio per una delle sue imprese. Invece tocchera’ aspettare il 4 dicembre per mandarli a casa questi cialtroni.

    1. parlavano di un decreto….
      pura follia….stanno cercando di prendere il fronte del No per sfinimento

      e poi vorrei sapere, visto che sono già scaduti i termini per fare domanda per affissioni e alcuni comuni hanno già fatto delibera di giunta per assegnazione spazi…caspita vogliono fare, ricominciare tutto da capo?

  4. L’articolo 117, infatti, riserva senza equivoci allo Stato la legislazione in fatto di «produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia e di infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale». Tutte materie, queste, che l’articolo 116 esclude esplicitamente da quelle su cui le Regioni potrebbero in futuro godere di «particolare autonomia»: laddove lo stesso articolo continua, invece, ad ammettere che essa possa investire i beni culturali e il paesaggio.

    Quindi se ho capito bene se passa il si……in futuro lo stato potrebbe vendere a industrie straniere pezzi di infrastrutture strategiche.

      1. Qui Intendevo facilitare la vendita. Non avere altre strutture tipo regioni che possono ostacolare il percorso.
        Comunque ci sono molti aspetti di questo refendum che sono poco chiari, nel senso che toccano questioni di cui si parla poco.

        1. in effetti non conoscevo questa questione:
          3) Riforma Titolo V e caos competenze
          La riforma Titolo V è sicuramente uno degli aspetti più dibattuti e difficili da comprendere per chi non ha nozioni di diritto costituzionale. Vengono ridefinite diverse competenze prima esclusive delle Regione che, post-riforma, tornerebbero in mano allo Stato. In particolare:

          • Viene cancellata la definizione di “competenza concorrente” fra Stato e Regione, con le diverse materie ridistribuite fra le due istituzioni.
          • Viene introdotta la nuova “clausola di supremazia”, che permette allo Stato di intervenire sulle questioni di competenza non “esclusiva” delle Regioni nei casi in cui è necessario un intervento per l’unità giuridica/economica dello Stato, o di più generico “interesse nazionale”.
          • Viene introdotto anche il cosiddetto “regionalismo differenziato”, grazie al quale alle Regioni non a Statuto Speciale possono essere attribuite particolari forme di autonomia, a condizione che presentino un bilancio in equilibrio. L’attribuzione del regionalismo differenziato dev’essere approvata da Camera e Senato ed è inoltre richiesto un dialogo tra Stato e Regione interessata.

          In linea generale vi è quindi un forte accentramento di potere nelle mani dello Stato. Scenario decisamente opposto rispetto alla situazione attuale. In una lettera aperta al governo inviata lo scorso aprile, 56 costituzionalisti hanno anche evidenziato la possibilità che si verifichi un forte rischio di confusione legislativa: con questa revisione del Titolo V, la procedura legislativa andrà a complicarsi in quanto prevederà “leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta”. Un caos di leggi decisamente in controtendenza con le aspettative di semplificazione e velocizzazione degli iter legislativi.

          1. prova a guardare come vengono rimodulate le competenze su sanità
            non è vero che andrà tutto allo stato, sarà sempre parte allo stato e parte alle Regioni, ma cambiano i criteri
            e quindi si ripartirà da capo con i conflitti attribuzione e i ricorsi vari

          2. tanto per dirti, i giuristi hanno rinominao la clausola di supremazia come “clausola vampiro” (nel senso che servirà a succhiare il sangue dalle regioni ogni volta che il governo ne avrà bisogno.

Scrivi una risposta a Lame Cancella risposta