Salvini

È possibile… che funzioni?

Quella di Civati non sarà una “Cosa rossa”, per questo funzionerà

di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – huffingtonpost.it, 26 maggio 2015

C’è spazio nell’Europa di oggi, lacerata tra la persistenza di politiche dell’austerità fine a se stessa e l’avanzata di populismi e neo-nazionalismi; c’è spazio in questa Europa incerta, spaventata, spesso rassegnata, per un’alternativa di progresso che rilanci, ma su basi contemporanee, il progetto solidale e federalista da cui è nata l’Unione? E c’è spazio per un’alternativa così in Italia, per quella nuova “cosa politica” preannunciata in questi giorni, in queste ore, da Civati?

Per noi lo spazio c’è, ma non è quello di una piccola o grande “cosa rossa”, della sinistra tradizionale e novecentesca che conosciamo. Del resto basta leggere con un po’ di attenzione i risultati di molte delle ultime tornate elettorali in giro per l’Unione europea. Dalla Spagna con “Podemos” all’Europa del nord con i Verdi, ad affermare nelle urne la possibilità di una “terza via” tra larghe intese conservatrici e derive populiste non è la vecchia sinistra, ma è l’idea di un cambiamento tanto radicale nella visione quanto estraneo alle gabbie ideologiche della sinistra d’antan.

È l’idea di un nuovo patto sociale incardinato su te grandi pilastri: statuto di cittadinanza, che significa lavoro ma anche molto di più dai diritti civili al reddito minimo per giovani e disoccupati; e poi “green new deal” per uno sviluppo economicamente solido ed ecologicamente sostenibile, e lotta senza quartiere alla selva di privilegi e rendite di posizione, troppo spesso contrabbandati per diritti acquisiti, che paralizzano sia l’ascensore sociale sia quello generazionale.

Di un’alternativa così c’è tanto più bisogno in Italia, dove la società è più ingessata e ingiusta che altrove e dove la politica, pure rinnovatissima nell’anagrafe dei suoi leader massimi Renzi e Salvini, si mostra incapace di ogni vero, sostanziale ritorno al futuro. Per capirci, ecco un unico esempio, più illuminante di mille Jobs act: mentre in Europa e nel mondo si lavora per accelerare la transizione energetica verso un sistema fondato su efficienza e fonti rinnovabili, mentre anche in Italia la parte più dinamica del sistema produttivo scommette sull’innovazione green, invece il governo Renzi insegue da mesi un incredibile programma di perforazioni petrolifere in mare e a terra, che anche lasciando da parte le controindicazioni ambientali è nel tempo presente un totale, irrevocabile non-senso, e ora addirittura con un suo decreto si prepara a colpire al cuore migliaia di imprese impegnate nella generazione distribuita di energia pulita.

Ecco, per noi la “cosa” di Civati potrà essere vincente se saprà nutrire questa ambizione: accompagnare la politica italiana negli anni 2000, lontano da improbabili pozzi di petrolio è vicino alle sfide – sociali, economiche, ambientali – che stanno disegnando il futuro del mondo e anche il nostro di europei e di italiani.

Pietà l’è morta

segnalato da barbarasiberiana

Premessa. Ieri mattina, a commento del post con cui l’assessore Majorino chiedeva l’assunzione di responsabilità politica ai massimi livelli, un tale ha scritto: “Ma che cazzo stai dicendo razza di decerebrato? è grazie alla vostra politica sinistrorsa che accadono queste cose, tranquillo, noi della riva destra le uniche lacrime che piangiamo sono quelle per il ridere a crepapelle, sia per l’accaduto sia per vedere il vostro fallimento diventare sempre più grosso! By by perdenti!” 

Al simpatico personaggio che ha scritto ciò, e a tutti gli altri che hanno fatto sparate simili, auguro di provare, anche solo per qualche minuto, quello che provano questi disperati. E di pensare che in fondo, una volta, i disperati eravamo noi.

L’articolo che segue è stato scritto dopo una delle tante stragi di questo inverno. Da inizio anno sono morte più di mille persone.

LAMPEDUSA, PIETA’ L’E’ MORTA

di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it, 13/02/2015

Da come si comportano e da ciò che dicono, abbiamo l’impressione che Matteo Renzi, Angelino Alfano, Matteo Salvini (e molti altri ancora) non abbiano ben chiaro cosa è accaduto e cosa purtroppo ancora accadrà sui gommoni alla deriva nel Canale di Sicilia.

A parte i pochissimi sopravvissuti, i più fortunati sono morti per annegamento. Un’onda più alta li ha trascinati nell’acqua gelata: ma se hanno avuto la forza di lasciarsi andare, per loro è sopraggiunta quasi subito l’asfissia. È andata peggio a chi cercava di resistere. Aggrappato ai bordi dell’imbarcazione o rannicchiato sul fondo. L’ipotermia è un processo lungo che sale uno a uno tutti i gradini della sofferenza prima di concludersi con la liberazione finale. Sferzata dal vento gelido e senza adeguato riparo, la pelle comincia a ulcerarsi mentre il corpo è scosso dai brividi. I movimenti si fanno lenti e affannosi, il viso è sempre più pallido mentre labbra, orecchie, mani e piedi diventano blu. Chi tenta di parlare lo fa con crescente difficoltà, le dita s’irrigidiscono, la pelle si gonfia, la mente si annebbia, sopraggiunge l’affanno mentre aumenta la frequenza cardiaca. Infine, a causa della ridotta attività cellulare, il corpo richiederà più tempo per subire la morte cerebrale.

I più giovani avranno il tempo di ricordare i momenti felici, i genitori, gli amori, tutto forse in quell’attimo racchiuso nel tasto del cellulare che non avranno più la forza di premere. Quanti, per non provare più quel rimpianto infinito, avranno implorato la fine? Ora, se Renzi, Alfano e Salvini fossero capaci di moltiplicare questa sofferenza per le 300 vittime di mercoledì e poi per le stragi infinite che hanno trasformato il Mediterraneo nella tomba gigantesca che sappiamo, si renderebbero conto di come le loro reazioni siano, oltreché politicamente inadeguate, “umanamente” insopportabili.

Grida vendetta la fine di “Mare Nostrum” dettata da ragioni biecamente economiche come se le vite di migliaia di persone, salvate grazie al prodigarsi degli uomini della Marina Militare, avessero un prezzo (vero Alfano?). E che dire di chi ha trasformato una grande tragedia umanitaria in uno slogan da stampare sulle felpe (“Basta clandestini”) per fare il pieno dei voti nel becero qualunquismo imperante (vero Salvini?). Lascia infine basiti il tweet di Renzi: il solito cinico scaricabarile questa volta “sul caos in Libia”, un modo per lavarsene le mani indegno di un capo di governo.

Di sceneggiate ne abbiamo viste abbastanza. Silvio Berlusconi che, nel 1997, a Brindisi piange sulla strage del barcone speronato dalla corvetta “Sibilla”, salvo poi – ritornato al governo – varare leggi ancora più disumane. Ed Enrico Letta che oggi s’indigna, ma che nell’ottobre 2013, a Lampedusa, s’inginocchiò davanti a centinaia di bare scusandosi per le “inadempienze” insieme all’allora presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e all’immancabile Alfano.

Verrebbe da chiedere cosa abbiano realmente cambiato quelle lacrime. Possibile che questa classe politica, eternamente inadempiente, non riesca a elaborare concetti che vadano oltre i 140 caratteri? Possibile che sulle lapidi di quei ragazzi morti di freddo non siano capaci di scrivere una parola di pietà, ma solo gli scarabocchi delle loro piccole, squallide beghe?

I frutti velenosi di Salvini

segnalato da crvenazvezda76

Migranti. L’attuale maggioranza, che ha imbarcato un bel pezzo del vecchio centro-destra, sembra minimamente preoccupata da questa destra spregiudicata e movimentista.

da ilmanifesto.info (12/11/2014) – di Alessandro Dal Lago

Da quando Massimo D’Alema se ne uscì con la famosa trovata della «costola della classe operaia», il fenomeno Lega è stato per lo più sottovalutato. Blandito e vezzeggiato a destra e sinistra, e anche temuto quando era al governo e sembrava sul punto di prendere il potere, il partito di Bossi non è stato compreso dai più nella sua natura profondamente fascista. E quindi non solo truce nelle parole d’ordine anti-meridionali, xenofobe, secessioniste e anti-europee, ma anche profondamente opportunista, capace di mutare obiettivi e alleanze, pur mantenendo la sua natura reazionaria. Prendiamo il giovane Salvini. Nel momento in cui la Lega di Bossi si è rivelata come un partito arraffone, corrotto come qualsiasi altro, Salvini ha dato una sterzata proponendosi come alternativa «giovanile», radicale e scapestrata. Quindi, niente più elmi con le corna, frescacce celtiche e tutto il folclore che copriva gli inciuci con Formigoni e Berlusconi, ma una politica di movimento e, soprattutto, una dimensione nazionale in cui far confluire la destra estrema e iper-nazionale che non può identificarsi con il secessionismo. Ecco, allora, l’alleanza con in Europa con Marine Le Pen e poi, da noi, con Casa Pound, imbarcata in un progetto che vede la Lega come partito leader della destra italiana post-berlusconiana. Altro che Alfano, borghese democristiano e doroteo fino al midollo. Ma per realizzare questo progetto, che sembra finora coronato da un certo successo, anche se limitato, a Salvini non bastano l’anti-europeismo e il populismo, un terreno politico-elettorale su cui Grillo, anche se in declino, ha piazzato la sua ipoteca. Il leader della Lega ha bisogno di far crescere la tensione, di scaldare gli animi, di mobilitare, se non altro nell’opinione pubblica, quell’ampio pezzo di società (un tempo si sarebbe detto la «maggioranza silenziosa») che la pensa come lui in tema di tasse, Europa e immigrati, anche se magari non si dichiara ideologicamente fascista o leghista. E niente di meglio, in questo senso, che andare a provocare nomadi e stranieri, che da quasi trent’anni fanno da parafulmine per tutti i mal di pancia nazionali. Ed ecco allora la provocazione di Bologna contro i Sinti, cittadini italiani in tutto e per tutto che hanno il torto di non vivere come i buoni leghisti del varesotto e della bergamasca. Ecco gli striscioni «No all’invasione» davanti ai ricoveri di rifugiati e richiedenti asilo, gente che non è venuta lì in macchina o in Suv, come i coraggiosi leghisti, ma ha attraversato mezzo mondo a piedi ed è scampata ai naufragi. Ed ecco ora l’oscena idea di andare a Tor Sapienza, a Roma, a gettare benzina sul fuoco acceso da estremisti di destra e, sembra, dai pusher che non vogliono centri per stranieri. Provocazioni fredde, calcolate e mirate, appunto, al ventre di quella società che mai andrebbe a tirare pietre contro gli stranieri, ma si rallegra profondamente quando qualcuno lo fa al posto suo. Verrebbe voglia di archiviare tutto questo come il solito fascismo della solita Italia, ma sarebbe un errore. Perché oggi gli anticorpi sono deboli e frammentari. Né l’attuale maggioranza, che ha imbarcato un bel pezzo del vecchio centro-destra, sembra minimamente preoccupata da questa destra spregiudicata e movimentista. E basta dare un’occhiata ai commenti e ai blog dei quotidiani nazionali per capire quanto sia ampio il sostegno ai Salvini di turno. D’altra parte, è sempre la vecchia storia. Quanto più le prospettive sono incerte, il futuro opaco, il lavoro mancante, il degrado della vita pubblica in aumento, tanto più è facile scaricare la frustrazione sugli alieni a portata di mano. E anche questo è un frutto avvelenato di qual thatcherismo appena imbellettato che passa sotto il nome di renzismo.